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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

GRECIA, IL DEBITORE PRIVILEGIATO

Esiste la categoria dei creditori privilegiati, sono quelli che godono di maggiori diritti, hanno un trattamento preferenziale. Ma esistono anche i debitori privilegiati. A guardare l’entità e alle condizioni degli aiuti finanziari esterni accordati alla Grecia, proprio dai creditori istituzionali, i cosiddetti “official”, si scopre che esiste anche la categoria dei debitori privilegiati. Rispetto soprattutto a Irlanda e Portogallo, gli altri due Paesi dell’Eurozona assistiti dall’Efsf e dall’Fmi, la Grecia ha tutti i numeri per essere considerata un “preferred debtor”.
I prestiti erogati alla Grecia dai partner europei, il Fondo monetario e il Fondo europeo salva-Stati Efsf ammontano a 240 miliardi, pari al 134% del Pil greco. Ma questa percentuale è ancora più eclatante quando a questi aiuti si aggiunge il supporto ricevuto dalla Banca centrale europea (non certamente un aiuto diretto allo Stato) con i 19,8 miliardi di titoli di Stato greci acquistati tramite il Securities markets programme e con i 34 miliardi di liquidità standard trasferita al sistema bancario greco. Il sostegno totale sale così a circa 300 miliardi. A questa somma andrebbe aggiunta la linea di credito di emergenza Ela concessa dalla Banca centrale greca alle banche greche per 90 miliardi circa, perchè si tratta comunque di un’operazione di assistenza straordinaria nell’ambito dell’Eurosistema delle banche centrali nazionali. Il tutto arriva a una cifra da capogiro pari a 380 miliardi, equivalente a oltre il 200% del Pil greco (211%).
Non è solo l’entità dei prestiti alla Grecia a fare la differenza ma anche le condizioni. I prestiti bilaterali degli Stati e dell’Efsf ristrutturati a fine 2012 hanno comportato queste condizioni: un allungamento delle scadenze di 15 anni; un periodo di grazia sugli interessi di 10 anni e un abbassamento dei tassi di interesse di 100 punti base.
L’Efsfs ha anche ristrutturato gli aiuti a Portogallo e Irlanda in due occasioni: a metà del 2011 e poi nel marzo 2013. Per i due Stati, la vita media dei prestiti è passata dagli iniziali 7,5 anni a 15 anni per poi chiudere a 22 anni (sono entrambi ora 20,8 anni). In quanto alle condizioni, l’Irlanda ha visto il suo margine sopra il costo della raccolta dell’Efsf calare dagli iniziali 247 punti base allo 0% mentre quello del Portogallo è sceso da 208 punti base allo 0 per cento.
Irlanda e Portogallo sono stati ai patti: hanno rispettato sempre gli impegni presi con il Protocollo d’Intesa (il famigerato Memorandum of Understanding) e hanno preso in prestito l’intero importo messo a dispozione dall’Efsf (17,7 miliardi l’Irlanda, 26 miliardi il Portogallo). I loro programmi sono stati chiusi rispettivamente nel dicembre 2013 e nel maggio 2014. Hanno ottenuto un trattamento privilegiato in un’occasione, quanto hanno potuto rimborsare anticipatamente i prestiti dell’Fmi (perchè più onerosi) senza che questo facesse scattare le clausole di accelerazione sui prestiti Efsf. Sono stati virtuosi e premiati.
La Grecia ha ottenuto nel 2012 un periodo di grazia sugli interessi di 10 anni e attualmente la vita media del suo prestito con l’Efsf è di 30 anni, molto più lunga di quella di Irlanda e Portogallo. Un finanziamento alla Grecia è stato accordato dal Fondo europeo con una scadenza record al 2054.
Il secondo piano di salvataggio alla Grecia è stato prorogato dal febbraio 2015 al 30 giugno: gli aiuti tramite Efsf si fermano a 130 miliardi (bloccata l’erogazione dell’ultima tranche da 1,8 miliardi per il mancato rispetto del Protocollo e fermi anche 10,9 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche). Il terzo bailout resta in sospeso. L’Italia e più in generale tutti i creditori “official” e privati aspettano l’esito del referendum. L’esposizione dell’Italia verso la Grecia è pari a 35,9 miliardi in termini di aiuti già contabilizzati nel debito pubblico (la somma del prestito bilaterale da 10,2 miliardi e dei 25,7 miliardi pro-quota degli Efsf bond per il piano greco). L’esposizione sale attorno ai 60 miliardi se si tiene anche conto dell’esposizione della Banca d’Italia come azionista della Bce e dell’Italia nella Bei.