Sergio Bocconi, Corriere della Sera 2/7/2015, 2 luglio 2015
IL RITORNO DELLO STATO ALLO SPORTELLO –
In ogni caso è un passo storico. Il ritorno dello Stato nel capitale di una banca, pur nel quadro di un’operazione ampiamente prevista, che nulla ha a che fare con una ri-nazionalizzazione, con una quota pari al 4% (piccola ma pur sempre la seconda in ordine di dimensioni) e senza impegni di governance, scrive una pagina significativa nel settore creditizio del nostro Paese. Perché la pagina precedente del libro sul rapporto fra proprietà pubblica e banche risale a oltre 20 anni fa quando il pubblico, che all’inizio degli anni Novanta rappresentava più o meno il 70% del totale del settore, si è ritirato con le privatizzazioni effettuate attraverso il collocamento in Borsa delle ex Bin (Comit, Credit e Banca di Roma) e la legge sulle Fondazioni.
Per Siena la trasformazione risale all’agosto 1995 quando Mps ha conferito il ramo d’azienda relativo all’attività creditizia alla nuova Banca Monte dei Paschi e ha modificato la denominazione in Fondazione Mps. Ente che per lungo tempo è rimasto (pressoché solitario nel panorama delle Fondazioni) azionista di maggioranza assoluta dell’istituto, bruciando a questo scopo miliardi e dovendo alla fine cedere tutto e limitare la presenza all’attuale 1,5%.
Certo, in questo quadro di ritorno dello Stato nella banca più antica vale la pena però di ricordare come in Italia si tratti di un caso isolato. L’ingresso del ministero delle Finanze fa parte di un intervento dello Stato in aiuto alle banche che complessivamente è stato contenuto in circa 5 miliardi, e l’Mps, caso assai peculiare di passata gestione «spericolata», è stato il maggior beneficiario. Gli aiuti governativi alle banche, che dal 2008 hanno comportato anche nazionalizzazioni, negli Usa sono stati pari (al netto dei rimborsi) a 2.043 miliardi di dollari e hanno riguardato 1.402 istituti, mentre in Europa hanno sfiorato i mille miliardi di euro distribuiti su 480 banche.