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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

ALL’ISLANDA HA GIOVATO L’AUSTERITÀ

Come ha sottolineato Umberto Eco effettivamente l’emergere dei Social Network e dell’informazione sul web ha portato a mettere sullo stesso piano l’opinione di tutti, anche dei più incompetenti, e un effetto collaterale vistosissimo è la diffusione di bufale, tormentoni, luoghi comuni non verificati.
Il caso dell’Islanda, della sua crisi e della sua ripresa, paragonata con la crisi greca, così come quella italiana, è esemplare. Si è ormai diffusa la convinzione tra la gente comune che l’Islanda ha rifiutato di restituire il proprio debito, e soprattutto di fare quell’austerità toccata ad altri.
La famigerata pagina Informarexresistere ne è un esempio: «Rinascita dell’Islanda: pil +2,6%, esportazioni +11,8%. Senza euro si cresce» Gli anti-euro ci si buttano a capofitto su questi ragionamenti a capocchia.
Anche il Fatto Quotidiano ha aderito alla narrazione, che naturalmente attira tutti gli ingredienti che movimenti di estrema sinistra o populisti di tutta Europa amano: la ribellione verso il sistema, in primis le banche, la tecnologia usata in modo anarchico e comunitario (la «Costituzione scritta dalla rete»), il rifiuto dell’austerità
In realtà mancato pagamento del debito in Islanda, riguarda solo il debito di banche private verso dei privati, non certo di quello pubblico, che è il problema italiano e greco, (e non sappiamo come reagirebbero molti, in Italia, se la propria banca non garantisse i loro depositi), ma soprattutto paradossali sono le credenze sull’austerità.
Peccato che sia tutto falso! Perché l’austerità in Islanda c’è stata. Ed è stata la seconda più grande dopo la Grecia.
L’Islanda infatti ha intrapreso una serie di misure tra il 2009 e il 2012 che non potremmo definire in altro modo se non di austerità. E si può verificare tutto dai report del Fmi o dell’Ocse. L’insieme dei provvedimenti intrapresi è stato impressionante. Un repor del ministero delle Finanze islandese presso l’Ocse del 2012 riassume le misure dal lato delle entrate nel corso di 4 anni. Nella sostanza:
– l’Iva (Vat) è stata alzata al 25%, la più alta del mondo
– L’aliquota più alta sul reddito (Tip, Top Income Tax) è salita dal 35,7% al 46,2%
– La tassa sui redditi da capitale (Cit) è salita dal 10% al 20%
– La tassa sui redditi d’impresa è andata dal 10% al 15%
– Aumentati anche i contributi per la previdenza, dal 5,34% al 8,65%, e le tasse sulla pesca
– Introdotte nuove tasse, come una patrimoniale, tasse sulle attività finanziarie, tassa di successione, ecc.
Queste misure riguardavano solo le entrate, ma pesanti sono stati i tagli delle uscite.
Di seguito, dallo stesso report vediamo i tagli in percentuale delle entrate del 2012 nei vari anni. In totale, è stato tagliato il 12,7% della spesa primaria reale. Come se in Italia si fosse tagliato più di 80 miliardi di euro.
Non sono è stato risparmiato alcun capitolo di spesa dal welfare, alla spesa dei ministeri, all’istruzione. I salari pubblici e i benefit sono stati congelati per quattro anni in un periodo in cui l’inflazione è stata particolarmente alta a causa della svalutazione del 50% della corona. Vediamo di seguito la percentuale cumulativa dei tagli alla spesa e degli aumenti delle tasse. Rispetto al Pil l’aumento delle tasse in Islanda è stato infine del 6% e il taglio delle spese dell’8%
Nel complesso si può misurare quello che è stato l’aggiustamento del budget primario, ovvero senza contare le spese per interessi, corretto per gli effetti del ciclo, ovvero al netto degli effetti della congiuntura economica negativa, che poi è il criterio usato anche dalla Commissione Europea.
Da questo reporto di desume che solo la Grecia ha avuto una aggiustamento maggiore, del 18%. L’Islanda viene subito dopo con il 13%.
Si noti invece come l’Italia abbia avuto un aggiustamento solo del 3,3%, addirittura inferiore di quello medio dell’Eurozona, questo per chi pensa che l’Italia abbia subito una pesante austerità.
Quindi cosa cambia? Perché l’economia islandese è cresciuta del 2,1% nel 2011, del 1,1% nel 2012, del 3,3% nel 2013 e del 1,9% nel 2014, mentre in questo periodo l’Italia è stata in recessione e la Grecia in una profondissima depressione?
Qualcuno dirà che la cura ha funzionato grazie al blocco dei capitali e per la svalutazione della moneta, che la Grecia invece non può mettere in atto.
Tuttavia non sono state certo misure indolori per l’Islanda. L’inflazione, dopo la svalutazione, ha toccato il 18%, e, come abbiamo detto i salari, sono rimasti fermi, svalutandosi in un modo che in Italia non abbiamo mai sperimentato, visto che anche ai tempi di alta inflazione c’era la famosa scala mobile.
Quindi non esistono ricette indolori: Inoltre ci sono Paesi, come l’Islanda o i Paesi Baltici, in cui anche una pesante austerità non ha poi impedito, e per qualcuno ha favorito, la ripresa successiva, i miti e i luoghi comuni che girano per la rete non aiutano certo a capire che evidentemente è la capacità produttiva e la competitività intrinseca dei prodotti delle imprese di un paese a contare più di ogni altra cosa. E l’Islanda, già da tempo, aveva cominciato a diversificarsi, non solo pesca, ma anche produzione di software, biotecnologie, turismo, produzione di alluminio. I frutti di questa tendenza si sono visti dopo la crisi economica.
Termometro politico, ItaliaOggi 1/7/2015