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 2015  giugno 30 Martedì calendario

PERISCOPIO

Magari - La tortura si può anche consentire per far parlare un criminale, o magari per far tacere Salvini. Jena. La Stampa.

Renzi ha incaricato Matteo Orfini di riorganizzare il Pd romano. Ma lo fa meglio la magistratura. Edelman. il Fatto.

«Salvini, deluso dal Pd, se ne va con Civati e Sel». «Così, almeno, cambia delusione». Vignetta di ElleKappa, la Repubblica.

Di genetico c’è soltanto il vizio del frazionismo, una tara che la sinistra si porta addietro da tempo immemorabile. Senza andare tanto indietro negli anni, basta ricordare Lotta comunista, il Partito Comunista d’Italia, Rifondazione Comunista, il Pci Marxista Leninista, la Sinistra Critica, Sel Si tratta solo di scommettere chi, fra Fassina, Civati e Cofferati, dal possibile passerà al probabile. Cioè alla nascita di un nuovo gruppo, a sinistra della sinistra, più puro dei puri. Del resto, la scissione è la ragione sociale della Ditta. Aldo Grasso. Corsera.

Renzi, snobbando la sinistra, sega l’albero su cui siede. E, a forza di evocare gufi, diventiamo struzzi. Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pci. (Giovanna Casadio) la Repubblica.

Commissione d’inchiesta. Fabbrica semiclandestina di scoop giornalistici. Dino Basili, Tagliar corto. Mondadori, 1987.

Incontro l’ex comunista Giulio Seniga per una storia del Pci che devo scrivere con Roberto Gervaso per la Domenica del Corriere. È un uomo piuttosto affascinante, dallo sguardo chiaro, fresco e innocente: lo sguardo del fanatico. Mi ha detto che sua moglie, cresciuta in Russia dove suo padre era un fuoriuscito, e autrice di un interessante libro (I figli del partito), nel partito è rimasta, non ha trovato il coraggio di uscirne, sebbene approvi e condivida la secessione del marito, con cui è sentimentalmente unitissima. Non riesco a capire questa gente. Cioè capisco soltanto ch’è diversa da noi. Non sul piano ideologico, ma su quello umano. Indro Montanelli, I conti con me stesso. Rizzoli, 2009.

L’Ufficio Quadri del Pci, come si chiamava il reparto che si occupava dell’ortodossia ideologica e del comportamento dei militanti, in quegli anni era assai attivo: tutto restava avvolto nel mistero che forse aveva una giustificazione durante il periodo clandestino e la lotta antifascista, ma in quel dopoguerra, benché dilaniato da lotte accanite, quella propensione al sospetto da cui molti erano affetti, diventava ogni giorno più grottesca. Un funzionario del Pci, che ebbe accesso in uno di quegli uffici, nelle note disciplinari di un militante con incarico nel partito trovò scritto, quale segno di comportamento borghese: «Possiede un cane». Ugo Pirro, Osteria dei pittori. Sellerio, 1994.

L’automobile, un’Alfa Romeo di grossa cilindrata, aveva le porte spalancate e la radio a tutto volume inondava la pianura d’una di quelle musichette ballabili che per due o tre mesi si sentono dappertutto e poi non si sentono mai più. Sebastiano Vassalli, L’oro del mondo. Einaudi. 1987.

I tedeschi avevano il comando a Este, i fascisti a Montagnana, i partigiani nei boschi, e i contadini avevano paura di tutti e tre. I tedeschi impiccavano, i fascisti bastonavano, i partigiani sbafavano. I partigiani venivano a mezzanotte e si buttavano a dormire nel nostro fienile, i tedeschi venivano alle sette del mattino a controllare nel fienile per vedere se qualcuno ci aveva dormito, nostro padre si alzava alle sei e se vedeva lo stampo lasciato sul fieno da un corpo umano lo disfaceva col forcone. Ferdinando Camon, La mia stirpe. Garzanti, 2011.

Scriveva tanto, a flussi e ondate, a ritmo sinfonico. Andrea Gentile, Volevo tutto. Rizzoli, 2014.

Qui, in Germania, han preso salda dimora le osterie di vinattieri greci e turchi, dove mangiano e trincano scuri e baffuti immigrati, i cui nipoti e pronipoti, vanificando gli sforzi di Leopoldo e del re polacco Sobieski, che per lui vinse sotto le mura di Vienna, diverranno signori di queste contrade, quando, tra cento e cento anni, se il ritmo attuale continuerà il popolo tedesco sarà estinto. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.

Il personaggio più curioso del treno compare poco dopo. È vestito di bianco, sulla bocca ha una pezzuola pure bianca come se la mette il chirurgo in sala operatoria e nella mano destra uno di quegli ammazzamosche, che sembrano piccoli battipanni. Viene avanti adagio, lungo il corridoio in mezzo ai sedili e si guarda intorno: appena vede una mosca la colpisce con decisione, la raccoglie, la chiude in un cestello che ha nell’altra mano. Sorprende la sua serietà e, ancora di più, sorprende la serietà con cui i viaggiatori lo osservano. Da noi, quell’uomo con un simile incarico farebbe forse ridere; ma qui in Cina, intanto, le mosche sono state sconfitte. Enrico Emanuelli, La Cina è vicina. Mondadori, 1967.

C’erano coppie di parole che facevano presa su alcune, altre su altre: Guerriglia Comunista piaceva alle fuorisede, alle titolari di botteghe equo-solidali, alle laureande in Cooperazione e sviluppo, alle giovani mamme colte, appena dimesse, in depressione post partum; Autonomia Operaia agiva sulle cinquantenni, sulle quarantenni con problemi sentimentali con uomini che avevano fatto parte di Autonomia Operaia, sulle trentenni istruite e amanti del cinema francese, ma non di Truffaut; piaceva pure, persino, a quelle di destra, alle figlie di imprenditori, alle farmaciste. Daniela Raineri, Mille esempi di cani smarriti. Ponte alle Grazie, 2015.

Le mancavano i salmi cantati in russo, i pope barbuti e le icone dei santi. Aveva nostalgia dei campi di girasoli, di patate e di barbabietole nei pressi di Tula, le coltivazioni che si estendevano a perdita d’occhio, finché non cominciavano i boschi di betulle e di abeti. Ma se avesse tentato di ritornare in Russia sarebbe stata arrestata e mandata in qualche gulag, sperduto, pieno di baracche di legno con le finestre rotte, le stufe che non funzionavano e i funzionari svogliati e come persi in un eterno stupore. Carlo Sgorlon, Il regno dell’uomo. Mondadori, 1994.

Adesso Torino è la seconda città meridionale d’Italia. Dopo Napoli viene Torino. Gianni Brera in Gigi Moncalvo, Milano no. Edizioni Elle, 1977.

La memoria è un biscotto che affonda in un latte caldo. Andrea Gentile, Volevo tutto. Rizzoli.

Dietro ogni grande uomo c’è spesso la grande donna di un uomo piccolo. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/6/2015