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 2015  giugno 27 Sabato calendario

VITA DA STAR WARS

«Non c’è nulla di più importante di voi fan, nell’universo di Guerre Stellari». Parola di Kathleen Kennedy, producer e presidente nominata da George Lucas tre anni fa a capo di Lucasfilm. «Vi prendiamo sul serio. Siamo fan anche noi e tutti quelli che lavorano nella produzione e dentro Disney. Tutti hanno una storia su Guerre Stellari e questo è importante per il futuro del film. Ci date energia». Kennedy così parlava a una platea di migliaia di persone collegate in streaming da tutto il mondo, lo scorso aprile alla Star Wars Celebration di Anaheim, California, sul palco accanto a J. J. Abrams, il regista del settimo film della saga (Star Wars: il risveglio della forza nelle sale il prossimo 18 dicembre). E sapeva quello che diceva. Non si conosce il numero totale di chi ha visto almeno un capitolo della serie, ma si sa che dal 1977 sono stati staccati un miliardo e tre milioni di biglietti in tutto il mondo: una cifra da paura, tanti quanti gli abitanti della Cina, senza tenere conto di un altro probabile miliardo (calcolato per difetto) che ha visto Guerre Stellari da casa. Nessuna altra saga ha saturato la cultura contemporanea affascinando con altrettanto successo generazioni, classi, culture diverse (è stata tradotta persino nella lingua dei Navajo). «Una favola per bambini contemporanei con alcuni riferimenti alla guerra del Vietnam seppelliti dentro», la definisce Chris Taylor, autore di How Star Wars Conquered the Universe: The Past, Present and Future of a Multibillion Dollar Franchise, pubblicate l’anno scorso dall’autorevole editore Basic Books. Frasi come «Che la forza sia con te» o «Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...» sono diventate moneta comune. Non c’è Halloween o Carnevale in cui qualche bimbo (e adulto) non si vesta da Jedi o non sfoderi una spada laser. Migliaia di blog, siti, parodie e video di fan affollano il cyberspazio. Persino nelle classi di yoga ti dicono di “respirare come Darth Vader”. E anche chi non ha mai acquistato un biglietto per i cinema in qualche modo “sa” da dove viene la maschera di Darth Vader e forse ha orecchiato pure che è il padre di Luke Skywalker. «Io ho visto Star Wars la prima volta nell’82 alla tv inglese, ma quel mondo mi era già familiare attraverso i fumetti e le scatole di cereali che avevano serializzato la storia», dice Taylor. E questo è il punto del libro: «Guerre Stellari è un fenomeno commerciale transmediatico che trascende i film. L’ho vissuto sulla mia pelle».
Se il marketing ha fornito la grammatica ufficiale, i fan hanno sviluppato una koinè parlata in tutte le parti del globo. Questo esercito di fissati ha creato un universo parallelo con i suoi codici e la sua ideologia. Invece di Wikipedia, il fan tipo consulta Wookiepedia, l’enciclopedia online open source, sui film e l’EU, l’universo espanso: fumetti, libri, videogiochi, giocattoli e altri media ufficiali. Nella vita fa un lavoro qualsiasi, ma non vede l’ora di partecipare a eventi di beneficenza e Convention vestito da Stormtrooper, vedi gli adepti del Fightin’ 501st, una delle più grandi organizzazioni di costumi selfmade nel mondo, spesso ingaggiata da Lucasfilm come servizio d’ordine alle prime.
Un’altra ossessione è l’arte della spada laser. «Se volete un’istantanea del pubblico che guarda Guerre Stellari, andate a San Francisco dove Alain Bloch tiene corsi di quella disciplina, un misto tra scherma, arti marziali e yoga», dice Taylor. Bloch ha avuto in due anni 1000 studenti. In Germania c’è il Saber Project, un gruppo di produttori che ingaggiano battaglie epiche a colpi di laser, a Shanghai una società vende spade che imitano perfettamente quelle del film e nel 2013 alcuni scienziati del Mit e di Harvard hanno sviluppato la tecnologia anticipata dalla finzione.
Guerre Stellari, intriso di spiritualità, ha rischiato di dare origine anche a un nuovo culto, basato sulla Forza, «quel campo di energia creato da tutti gli esseri viventi». «Quel concetto si è rivelato importante non solo per la generazione dei 70, innamorata delle spiegazioni metafisiche: ha trasceso i tempi», dice Taylor. «Vediamo la Forza come qualcosa di nobile e di giocoso, si può dire “Che la Forza sia con te” e riderci su pensando ai Jedi e alle spade. È una religione per il mondo laico: vuol dire qualcosa per tutti, non importa cosa. Ognuno aggiunge il proprio strato di significati». Fatto sta che nel 2001 in Nuova Zelanda 53.715 abitanti hanno scritto nel censimento “religione Jedi”. E quell’onda si è propagata anche in Australia, Canada, Croazia. Nel Regno Unito si sono professate “jediste” ben 400mila persone. Certo, si può pensare a un gigantesco scherzo nato nelle aule universitarie eppure... persino su Facebook esiste Jedichurch.org, una chiesa-ombrello che conta 6.300 membri.
Infine c’è il merchandising, oggetti che affollano il pianeta per 32 miliardi di dollari, a cui si aggiungeranno quelli di Walt Disney legati al settimo episodio, distribuiti già dal prossimo 4 settembre, il Force Friday, il “venerdì della Forza”. Prima di Guerre Stellari nessuno aveva guadagnato un dollaro dai giocattoli associati a un film. Nel ’79 le vendite di statuette, navicelle spaziali e scatole da gioco avevano raggiunto i 200 milioni di dollari: in pratica milioni di bambini intorno al mondo giocando nella loro stanza stavano contribuendo a finanziare le future avventure di Luke Skywalker, in un gigantesco crowdfunding. Persino Taylor non aveva mai collezionato nulla fino ad allora: lo considerava «un hobby da pellegrino a Lourdes. Poi ho iniziato, nell’80, ai tempi dell’Impero colpisce ancora, quando le statuette erano piuttosto generiche. Erano un modo per nutrire la mia immaginazione nell’attesa tra un film e l’altro». Quando la tecnologia è migliorata Hasbro ha prodotto versioni sempre più accurate dello stesso personaggio: tra il 1995 e il 2012, 57 versioni di Vader e 44 della principessa Leila. Dal 2013 la società collabora con quella di videogame Rovio: in un mese ha venduto un milione di “telepods”, statuette che interagiscono con l’app. Oggi lavora a quelle per il nuovo film. E il bello è che i fan non le collezionano come oggetti da tenere nella plastica e poi magari rivendere sul mercato di seconda mano, le raccolgono per passione. Oggi numerose società approfittano delle convention per presentare nuovi prodotti. Alla più recente in California la All Nippon Airways ha svelato che il suo ultimo modello di ereo prenderà i colori di R2D2 (il robot di Luke Skywalker), mentre il gigante dei videogiochi EA ha presentato la sua ultima creatura, Battlefront. Anche la moda non si è fatta sfuggire l’occasione: alle ultime sfilate Rick Owens, Preen e Rodarte hanno fatto sfilare pepli e camicioni con le effigi dei personaggi di Star Wars.
Nel frattempo Lucas è andato in pensione, passando la staffetta a Disney per 4 miliardi di dollari. «Non ha alcun controllo su Lucasfilm o sul nuovo film: il suo script è stato rifiutato. Ironicamente, essendo il secondo maggiore azionista, ha più controllo su Disney», dice Taylor. Nessuno sa se Abrams racconterà la migliore storia possibile. Quel che è certo è che Guerre Stellari non si fermerà con lui. Disney ha già una stretta tabella di marcia: un film ogni due anni. Quella storia ambientata tanto tempo fa in una galassia lontana lontana continuerà a mettere in coda future generazioni davanti al cinema. E, col suo marketing, a colonizzare l’universo.