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 2015  giugno 29 Lunedì calendario

GRECIA COSA SUCCEDE SE VINCE IL NO?

Per il presidente Bce, Mario Draghi, una eventuale uscita di Atene dall’euro porterebbe i 19 paesi della moneta unica su terreni sconosciuti. Tecnicamente è possibile che, dopo il “no”, la trattativa Ue-Grecia prosegua. Ma una cosa è già certa: un addio all’euro sarebbe un regalo alle classi sociali greche più agiate i cui patrimoni sono già in parte all’estero. Tornare alla dracma significa una enorme svalutazione. E dunque i greci (o altri) in grado di disporre di euro, in futuro potrebbero comprare imprese o immobili ateniesi a prezzi (in dracma) stracciati, impoverendo ancora i cittadini greci meno fortunati.
COSA SUCCEDE SE VINCE IL SÌ?
Il “si” dei greci al referendum sull’euro cambierebbe lo scenario di quel Paese ma forse, almeno in premessa, anche dell’Europa. Il messaggio del “si” sarebbe chiaro: la società greca, bruciato il velleitarismo di Tsipras, punterebbe ad un nuovo patto con Ue e Fmi e probabilmente, via elezioni anticipate, nascerebbe un nuovo governo. Ma anche Ue e Fmi sarebbero chiamate a cambiare le basi della collaborazione con Atene. Non solo perché tratterebbero con una Grecia “diversa” ma anche perché Atene ha bisogno di tempo e di investimenti per riprendere fiato dopo le tempeste di questi mesi.
COSA CAMBIA PER L’EUROPA?
Il caso greco è la cartina al tornasole della crisi europea. Atene ha torti enormi: ha falsificato i conti pubblici e tiene in piedi privilegi insostenibili. Ma le istituzioni Ue (e il Fondo Monetario) non hanno sciolto i nodi sul tappeto (nel 2013 parte del debito greco è stato cancellato a vuoto) e hanno messo in moto un meccanismo di distruzione della ricchezza che ha ridotto del 27% il Pil greco. Un’Europa senza politica ha creato diffidenza e sfiducia a discapito di una grande visione comune. La lezione è stata capita? Difficile dirlo. Certo, una Banca Centrale Europea senza una politica economica unica non potrà durare a lungo.
QUALI RICADUTE PER L’ITALIA?
Se il referendum greco si fosse svolto nel 2011 l’Italia avrebbe vissuto giornate d’inferno. All’epoca, infatti, si riteneva che l’Italia non avrebbe ripagato il debito pubblico e dunque che il collasso della Grecia avrebbe potuto contagiarci. Quello scenario oggi è lontano. Lo spread (maggiori interessi pagati dai titoli pubblici italiani rispetto a quelli tedeschi) è sceso da 600 punti di inizio 2011 a circa 130. Probabilmente risalirà ma non si intravedono sconvolgimenti. Le banche e le imprese italiane sono poco esposte con Atene. Lo Stato italiano invece, tramite i fondi europei di sostegno, ha prestato circa 37 miliardi alla Grecia (la Germania 60).
C’È DA TEMERE PER I RISPARMI?
In linea di massima la risposta è “no”. Il debito pubblico greco ammonta a 315 miliardi: appena il 5% di quello complessivo di Italia, Francia e Germania. Il fallimento di Atene non creerebbe voragini incolmabili. Le Borse Ue vengono poi da una fase prudente: probabilmente registreranno oscillazioni (specie i titoli bancari) ma senza avvitamenti. La Bce ha fatto sapere di poter controllare lo scacchiere e gli Usa intendono difendere la loro ripresa. E’ possibile che i rendimenti dei Btp risalgano (specie quelli a breve scadenza) ma il Tesoro italiano ha già rinnovato il 42% del debito in scadenza quest’anno. Niente panico.
COME DEVONO COMPORTARSI I TURISTI?
Chi ha prenotato una vacanza in Grecia per ora deve solo stare attento alle notizie che arrivano da Atene. Per i prossimi 15/20 giorni il consiglio migliore è stato offerto ieri dal ministero degli esteri tedesco: chi va a godersi il mare greco porti con sé molto contante. E ad agosto? Tutto dipenderà dall’evoluzione del clima sociale: se scoppieranno scontri di piazza la cosa riguarderà le grandi città, non le isole. Ecco la domanda più insidiosa: in futuro le società dei traghetti greci avranno liquidità bancaria sufficiente per comprare il carburante? Domanda prematura. Ma teniamola a mente.