Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 29 Lunedì calendario

NASCE A NEW YORK LA RETE DEGLI ANTICHI MESTIERI

La notizia, volendo, è presto detta: Ippolita Rostagno, designer di gioielli indossati da tutte le star di Hollywood con boutique affacciata su Madison Avenue, spazi dedicati da Bergdorf Goodman, Neiman Marcus e Nordstrom e un fatturato vicino ai 100 milioni di dollari, qualche mese fa ha nominato un amministratore delegato, un direttore finanziario, si è trasferita a Milano. Non solo: si è presa un anno sabbatico per lanciare, con un investimento di un milione di dollari, il primo portale di e-commerce dedicato a sostenere l’artigianato d’eccellenza italiano. Come hanno tentato di fare per anni le associazioni di categoria senza riuscirvi mai. Il portale di Ippolita - il suo nome di battesimo è il suo marchio anche negli aderenti al CFDA, la Camera della moda americana - si chiama ArteMest, è stato lanciato pochi giorni fa con l’affettuoso sostegno di Katherine Mondadori e di Bianca Arrivabene ma, al di là di tre o quattro nomi e attività vagamente conosciute, come Costanza Paravicini con i piatti in porcellana pelle d’uovo che dipinge fra le antichissime “Cinque vie” di Milano, per esempio, oppure Zazie Gnecchi Ruscone, che a Roma crea e decora tessuti per arredo, gli altri 98 artigiani della prima selezione svolgono mestieri che molti di noi faticano a pronunciare e chi ha meno di trent’anni neanche conosce.
I CAPOLAVORIPer esempio, il battiloro, attività da gilda medievale, o il molatore: eppure, i vasi e i bicchieri molati del fiorentino Locchi, con bottega centenaria a san Frediano, si trovano nei musei e spesso hanno permesso di recuperare preziosi servizi di famiglia, così come gli artisti della Legatoria Artigiana di Napoli, sede in palazzo Marigliano, continuano a usare i punzoni ottocenteschi della famiglia capostipite, gli Eliseo. Comunque vada, e non sarà facile perché questa è l’Italia cristallizzata in gesti che sembrano antichi ma spesso sono solo ripetuti, c’è un lato epico, sognante e molto americano, insomma folle, nel progetto di questa fiorentina che raggiunge il successo mondiale oltreoceano e a cinquant’anni torna in Italia iniziando a setacciarla un chilometro dopo l’altro non solo per scovare, ma soprattutto per convincere gli artigiani a lavorare secondo criteri al tempo stesso commerciali ed elitari. «Mi è capitato di chiedere la revisione di un disegno, o le proporzioni di un oggetto, o ancora di selezionarne solo uno in una produzione sterminata. Convincerli a fidarsi del mio intuito è stato, per molti versi, il lato più duro di questa impresa», sorride Ippolita.
Figlia di uno di quei matrimoni misti su cui E.M. Forster e Henry James costruirono la loro fortuna letteraria, facendo approdare in Italia migliaia di giovanissime a studiare arte e a cercare una “Camera con vista”, Ippolita arriva a Los Angeles all’inizio degli Anni Ottanta fresca di diploma dell’Istituto d’Arte di Firenze, con una specializzazione in scultura. Si laurea in lettere all’Occidental College si trasferisce a New York e inizia a lavorare nell’editoria, alla Harper and Roe, l’attuale Harper and Collins, scoprendo quasi subito che il mestiere non è adatto a lei. Che vuole lavorare con le mani. Nel frattempo si è sposata, ha divorziato, e oscilla fra la danza contemporanea e il boh.
Fino a quando la madre dell’amichetta d’asilo di sua figlia Maya, ora psicologa, le fa scoprire l’esistenza della professione di jewelry designer.