Mario Ajello, Il Messaggero 29/6/2015, 29 giugno 2015
ALEXIS NON È PIÙ IL “GRANDE” E GIÀ RICOMPARE LA DRACMA
ATENE Le dracme sono già ricomparse. Non le prendono ancora nei negozi del centro ma girano nelle botteghe dei quartieri popolari di Atene. Come quello, ex operaio, dove abita Alexis Tsipras, Kipseli, e nella piazzetta rionale prima erano tutti per lui e adesso lo sono di meno. Un souvlaki una dracma? Le vecchie monete sono state tirate fuori dai materassi, dove invece sono finiti in questi giorni gli ottocento milioni di euro che i greci hanno prelevato di corsa nei bancomat perché non si sa mai. E gli stranieri vengono così accolti dagli ateniesi all’aeroporto, negli alberghi e nei bar: «Siete venuti a vedere lo spettacolo della catastrofe?».
LA PIAZZAIeri sera, appena è arrivata la notizia della chiusura delle banche da stamane, si assiste a piazza Syntagma a una scena così. C’è una manifestazione di sostegno all’esecutivo con bandiere rosse e canti alla cilena «El pueblo unido jamás será vencido» (ma per fortuna Tsipras non farà la fine Allende) e chi ha appena lanciato un grido militante si precipita in extremis al bancomat più vicino, si mette in fila, preleva e torna a manifestare. E così fanno in tanti. Ma per poco. I soldi, dove ancora c’erano, finiscono in un istante e davanti al bancomat vedi la ragazza tsiparita rimasta a secco che scoppia a piangere, il compagno che sacramenta («Merkel sanguisuga e bastarda») e la donna che arrotola lo striscione e non ha più la voglia di gridare «Forza Tsipras» perché la situazione è quella che è. I greci si sentono sull’orlo della tanathos. E «non è più niente chi muore», come dice Alcesti e ripetono tutti qui ad Atene, pur non conoscendo a memoria la tragedia di Euripide. Come accade in quel capolavoro, anche nella realtà il lieto fine è possibile? Sui greci stanno arrivando i messaggi distensivi della Commissione europea e da qui a domenica prossima, giorno del referendum sul salvataggi, saranno di questo tipo: non vi vogliamo affamare, ma votate per il sì, senza inseguire più il velleitarismo di Tsipras e di Varoufakis. Riuscirà l’euro-campagna di propaganda a sfondare quaggiù? Un tassista, Dimitrios Gogoulidis, che ha fatto il tipografo della Bild in Germania per vent’anni, la racconta cosi: «Qui non è più una divisione tra destra e sinistra. Siamo tutti greci e venderemo cara la pelle a chi ci vuole umiliare. Siamo un popolo duro. I tedeschi ci battono solo nel calcio, nelle guerre vinciamo noi». Il populismo nazionalista di Tspiras fa leva su questi sentimenti per la vittoria referendaria. Ma gli stessi manifestanti di piazza Syntagma non sono affatto convinti che prevarrà il no. I greci sono un popolo più abituato a dire no che sì, sono abituati non da oggi ma da secoli a stare sull’orlo del default, e Tsipras rimane popolare. Lo sostiene ancora la speranza («i elpida», parola d’ordine della campagna elettorale). Ma di fronte al dilettantismo, alle furberie e a quello che diceva Lenin («L’estremismo è la malattia infantile del comunismo») nella condotta della trattativa di questi mesi la sfiducia verso Alexis il Grande e la sua cerchia va montando. Il tempo dell’epica è in via di esaurimento. E valgono quel che valgono (pilotati dalla propaganda europea?) ma girano sondaggi come questo dell’Instituto Alco: il 57% dei greci è pronto a dire sí alle condizioni poste dai creditori internazionali. O questo, a cura di Kapa Research: il 47,7% dei greci è favorevole all’accordo. Proprio nella piazzetta di Kipseli, alla base della ripidissima via Armonia dove vive Tsipras e dove sono comparse pochi giorni fa le torrette blindate, un anziano che si chiama Panos se ne esce di colpo così mentre gli amici tra un bicchiere e l’altro vogliono rompere le reni all’Europa: «Vuole sapere la verità? L’ex governo conservatore di Samaras, accusato di ogni nefandezza filo Troika, stava lentamente e dolorosamente migliorando la situazione. Ma poi è partito, da dentro e da fuori della Grecia, il tormentone mediatico sulla bellezza della rivoluzione di Tsipras. Ed eccoci qua. Lo vede come siamo ridotti?». E un altro: «In certi quartieri, siamo arrivati al punto in cui la gente guarda il vicino che cerca qualcosa di commestibile nei cassonetti della spazzatura e pensa: c’é chi sta peggio di me».
L’ABISSOE comunque, guardando l’abisso di Atene, non si può non rivedere mentalmente il film che sembra antico ma non lo è della costruzione della moneta unica. Con le sue scelte ideologiche, avventate e tutte in favore della Germania e con comportamenti che hanno piegato alla politica e alle contingenze del momento decisioni che dovevano essere prese nell’interesse dei popoli. Quella storia parla di questa storia e non solo della Grecia, perché della Grecia il grande Winston Churchill diceva: «Gli spasmi di questa nazione possono sembrare minuscoli, ma i greci sono il centro nevralgico del potere, della legge e della libertà nel mondo occidentale». Al «sopravviveremo!» gridato da Tsipras contro i creditori stranieri, molti ad Atene rispondono: «Il peggio deve ancora venire». Prima non si fidavano dei leader europei e avevano trovato Zorba il vendicatore, ora hanno cominciato a dubitare anche del proprio governo che tira troppo la corda. E il risultato di domenica appare tutt’altro che scontato. Perciò Tsipras sta mobilitando la piazza in suo favore. Un tempo si diceva che non sono i greci a battersi come eroi ma sono gli eroi a battersi come i greci. Adesso però la stanchezza è arrivata anche qui.