Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 30 Martedì calendario

L’OPZIONE GIURIDICA DI GREXIT – 

Da settimane gli esperti di diritto comunitario a Bruxelles si esercitano nell’immaginare la gestione dell’eventuale uscita della Grecia dall’euro. Uno scenario di questo tipo non era previsto alla nascita della moneta unica, concepita come irreversibile e dunque nei trattati non c’è alcuna norma che regola un’ipotesi diventata realistica con il riaccendersi della crisi greca e che - evidentemente - ad alcuni non dispiace affatto. La soluzione giuridica sembra a questo punto individuata e se ne parla come acquisita tra i responsabili giuridici di Commissione europea e Consiglio.
Si tratta dell’articolo 352, una “clausola di flessibilità” introdotta nel 2009 con il Trattato di Lisbona. Prevede che «se un’azione appare necessaria per realizzare obiettivi stabiliti dai Trattati, senza che questi abbiano previsto i poteri d’azione da parte dell’Unione, il Consiglio dei ministri può deliberare all’unanimità, su proposta della Commissione e dopo l’approvazione del Parlamento europeo». In base al principio di sussidiarietà, la Commissione deve «richiamare l’attenzione» anche dei Parlamenti nazionali.
Si tratta evidentemente di un adattamento dell’articolo 352 ad una situazione che non era stata prevista, l’uscita di un paese dall’euro ma non dall’Unione. Un escamotage gradito soprattutto a chi vuole mettere in piedi un meccanismo che pur ridimensionando l’area euro non vuole che si restringa anche il mercato unico.
Ma per queste stesse ragioni l’articolo 352 presenta una serie di difficoltà di applicazione. Ammesso che la Commissione, smentendo se stessa, decida di avanzare la proposta a Parlamento e Consiglio europei, infatti, bisognerà superare lo scoglio del Consiglio dove è necessaria l’unanimità, cosa per niente scontata. Questo significa che servirà anche il voto del Governo greco che finora non ha mai espresso la volontà politica di tornare alla dracma, anche se molte azioni degli ultimi mesi sono andate in questa direzione. Inoltre in Consiglio votano anche paesi che sono fuori dall’area euro. E questa è un’altra forte incongruenza.
A sentire gli esperti di diritto comunitario, infatti, l’articolo in questione sembra essere stato concepito più per gestire l’evoluzione del mercato interno, di cui fanno parte tutti i paesi membri, che una cooperazione rafforzata come si configura la moneta unica.
In ogni caso, ci sarà da verificare anche quale sarà l’atteggiamento italiano nella vicenda. Se “Grexit” si trasformasse da neologismo anglofilo in un fatto concreto, ci troveremmo di fronte ad un pesante precedente da usare in qualsiasi momento contro l’Italia, un paese con 60 milioni di consumatori che nessuno dei partner vuole buttare fuori dal mercato unico.