Alessandro Oppes, la Repubblica 29/6/2015, 29 giugno 2015
«VIETATO TOCCARE L’ALEPH». LA CAUSA VINTA DA BORGES –
Quando lo accusarono di essere caduto, in ben 32 occasioni, nell’irresponsabile esercizio del “copia e incolla”, lo scrittore peruviano Alfredo Bryce Echenique fece appello alla memoria del Maestro immortale: «Il plagio, come diceva Borges, in fondo è un omaggio. Borges plagiò mezzo mondo ». Perciò ha sorpreso, creando indignazione negli ambienti culturali argentini, la decisione della vedova dello scrittore, Maria Kodama, di denunciare un giovane e stimato narratore, Pablo Katchadjian, con l’accusa di aver plagiato l’ Aleph , il celebre libro di racconti scritto nel 1949 e riveduto in due occasioni da Jorge Luis Borges fino alla versione definitiva del 1972. Nelle intenzioni di Katchadjian il libricino di 50 pagine El Aleph engordado (l’Aleph ingrossato) pubblicato sei anni fa in appena duecento esemplari presso la piccola editoriale Imprenta Argentina de Poesia, doveva essere nient’altro che un gioco intellettuale consistente nell’aggiungere frasi, termini ed espressioni proprie al testo originale, gonfiato dalle 4000 parole borgesiane alle 5600 della nuova versione. Un esperimento già tentato in precedenza senza alcun problema, con un altro testo sacro della letteratura argentina, il poema epico Martín
Fierro , il capolavoro scritto da José Hernández nel 1872.
Dopo anni di polemiche (Kodama, che sposò Borges pochi mesi prima della morte nel 1987, c’è da dire che in Argentina non ha mai goduto di buona stampa), la corte d’appello di Buenos Aires ha dato ragione alla vedova dello scrittore decretando il pignoramento dei beni di Katchadjian per un valore di 7500 euro. L’autore non ci sta e ha presentato ricorso. Se i giudici gli daranno torto, rischia una condanna a sei mesi di reclusione.