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 2015  giugno 28 Domenica calendario

DA RE ENRICO VIII ALLE VOLÉE DI DJOKOVIC, LA MAGIA WIMBLEDON

Chi avrebbe detto che il matrimonio di Marie de Couci, la figlia di Enguerrand di Piccardia, con il Re di Scozia Alessandro III, avrebbe consentito agli indigeni di rendersi conto che nel continente esisteva un bel gioco chiamato in Francia Paume, e nei Ducati italiani Giuoco di Rachetta.
Simile divertimento si sviluppò, dall’originario 1300, tanto che anche Shakespeare gli dedicò un bel dialogo dell’Enrico V, e Enrico VIII vi si distinse, tanto da giocare un bel match sul campo di Hampton Court contro Carlo V, match interrotto alla pari perché il mio amico Van Alen non aveva ancora inventato il tie-break.
Il gioco continuò a essere regale – stavo erroneamente scrivendo popolare – sinché in Gran Bretagna non venne importata la gomma, e la pallina, che sin lì era stata di cuoio, complementare a lastricati in pietra, quasi sempre coperti, iniziò a saltellare sui prati adiacenti a case spesso borghesi.
Accadde che il Direttore del Field (il Country Gentlemen Newspaper), J. H. Walsh, facesse in modo che un suo redattore, Henry Jones, si desse daffare per l’acquisto di un terreno di quattro acri, in Worple Road, a Wimbledon. Qui sorse nel 1870 l’All England and Croquet Club, e cinque anni dopo vi venne ospitato anche un Court di tennis, tanto che la denominazione venne mutata in All England Tennis and Croquet Club. Si erano intanto sviluppate le regole, nipotine di quelle rinascimentali e, a partire dal 9 Luglio 1877, venne organizzato un torneo, con la tassa d’iscrizione di una sterlina e uno scellino, che terminò il giovedì 19, con la vittoria di Spencer W. Gore. Non ci si chiedeva ancora, come facciamo noi, se l’edizione del 2015 sarebbe stata vinta da Djokovic o, chissà, da Wawrinka. Intanto il circolo si era spostato in un posto un po’ più grande, a Church road, proprio sotto il campanile del paese, ed erano ancora accadute un po’ di cose.
Nel 1884 erano state ammesse ufficialmente anche le donne, dopo che un gruppo di femministe, allora chiamate suffragette, tentò di dar fuoco alle tribune. Nel 1905 avrebbe addirittura vinto un’americana, May Sutton.
Nel 1907 il futuro Re Giorgio accettava la Presidenza Onoraria, apponendo la definitiva impronta di nobiltà al torneo. Gli Championships di Wimbledon erano divenuti noti in tutto il mondo, nel 1907 si sarebbe assistito alla prima vittoria di uno straniero, l’australiano Norman Brookes, e nel 1911 a quella di due continentali, i francesi Gobert e Decugis nel doppio.
Accadde poi, se siete riusciti a seguire sin qui simile bigino di 500 Anni di Tennis, che sino al 1922 il vincitore dell’anno precedente attendesse il challenger, e cioè lo sfidante, a sua volta vincitore del torneo dell’anno in corso, per una finale detta Challenge Round.
Secondo questa struttura, tipica dei tornei cavallereschi, Novak Djokovic passerebbe quindici giorni di riposo, o di allenamento, per affrontare il vincitore, quello capace di battere sette avversari. Sarà costretto invece a rivincere il torneo, dopo che, ricordo addirittura io, noto per la mia Smemoria, assistemmo l’anno passato ad una finale vinta due volte, contro un Federer già piuttosto noto come giardiniere, ma che molti ritenevano pensionato.
In quell’ultimo match degli Championships, Djokovic era stato tanto avanti nel quarto (due set a uno e 5-2) che, dalla tribuna stampa, i tre quarti dei cronisti già si erano precipitati a sollecitare telefonini e altri strumenti che, almeno sul campo (deo gratias), sono proibiti. Restavano quelli abilissimi nel prendere nota delle affannate dichiarazioni al microfono dei finalisti, e qualcuno – come lo scriba- affascinato dalla cerimonia della premiazione, sempre pittoresca , ancorché la Regina l’abbia onorate solo due volte, considerata la sua predilezione per i quadrupedi.
Restava, forse, un indovino, ma di quelli illuminati, consapevole che il vecchio sarebbe risalito e addirittura avrebbe vinto il quarto set, mentre Nole addirittura si bloccava su uno dei suoi polpacci sciistici che, sin lì, gli avevano consentito derapate alla Becker.
Ma, all’avvicinarsi di quattro ore di corse e scivolate, il tennista di sei anni più giovane avrebbe finito col prevalere sul prossimo pensionato. Il quale sembra non aver nessuna intenzione di smetterla, e si sta ripresentando, dopo aver vinto il solito torneo di allenamento a Halle, come il secondo favorito, o il terzo per i bookmakers che gli previlegiano Murray (a 3 e mezzo) sul quale sperano convergano somme di patriottiche sterline.
Il quarto, tra cotanto senno, è Wawrinka, un Wawrinka quotato oltre il 10, da profeti che certo non hanno assistito alla finale del Roland Garros o che ricordano i suoi squilibri, non solo quelli sentimentali che l’hanno condotto a scambi di pubbliche accuse con una moglie all’apparenza tradita.
Vengono poi alcuni altri, il gruppo che molti specialisti afflitti da miopia aveva già previsto succedere ai Fab Four, e cioè Bum Bum Cilic, il mutuato Raonic, il seduttore Dimitrov, il giapponese Nishikori, il new australian Kyrgios. Chissà se davvero riusciranno a non contraddire chi li aveva, forse un po’ affrettatamente, promossi successori, o rimarranno un altro po’ in attesa.
Gianni Clerici, la Repubblica 28/6/2015