Danilo Taino, Corriere della Sera 28/6/2015, 28 giugno 2015
LA LUNGA STRADA DA FARE PER AFFRONTARE LE SFIDE
Domanda con risposta scontata: vivete in un Paese pronto al cambiamento, capace di cogliere il positivo e rispondere al negativo? No, per nulla, se vivete in Italia. Lo sapevate. Ma la domanda e la risposta non sono sciocche se servono a ricordare la realtà, molto preoccupante, a un Paese che spesso si addormenta e si illude appena il costo del petrolio scende un po’ e l’euro si svaluta. La società internazionale di consulenza Kpmg ha prodotto, assieme a Oxford Economics, il Change Readiness Index che misura la capacità di un Paese di «anticipare, di prepararsi, di gestire e di rispondere» a una serie di sfide, che siano opportunità o choc negativi. Considera il mondo delle imprese, lo Stato e la società civile.
Il risultato è pessimo, per l’Italia. Su 127 Paesi valutati, finisce alla posizione 66 , appena peggio del Kenya e appena meglio dell’India. La capacità di risposta al cambiamento dell’apparato statale la farebbe risultare anche molto peggio, al posto 87 . Quella delle imprese non molto meglio, al numero 76 . Più apprezzate, invece, le capacità di risposta delle persone e della società civile, per le quali il Paese sarebbe al 38° posto. Per non fare comparazioni improprie, Kpmg divide anche i risultati per gruppi geografici e di reddito. Nell’Europa occidentale, la situazione migliore è quella della Svizzera, seconda nella classifica generale della prontezza di risposta al cambiamento; la situazione peggiore è quella dell’Italia. Nel gruppo dei Paesi ad alto reddito, il risultato migliore è quello di Singapore, che è anche prima assoluta nella classifica dei 127 Paesi considerati, l’Italia è ultima. È un’altra classificazione internazionale che racconta come siamo ormai ai margini della fotografia dei Paesi capaci di stare nel mondo globalizzato.
L’indice – realizzato incrociando domande effettuate a 1.270 esperti con dati di istituzioni internazionali – fa anche altre scoperte interessanti. Ad esempio, i dieci Paesi più pronti al cambiamento sono tutti ad alto reddito – e questo non è strano –, hanno anche meno di dieci milioni di abitanti e sono economie aperte: oltre a Singapore, prima , la Svizzera, seconda , e Hong Kong terza , i quattro nordici europei e poi Nuova Zelanda, Qatar ed Emirati Arabi. È un mondo nuovo al quale l’Italia non era preparata e di fronte alle sfide del quale continua a non essere pronta. La meno pronta, tra i suoi pari.