Marco Imarisio, Corriere della Sera 28/6/2015, 28 giugno 2015
LA VITA SEMPLICE IN UNA CASA POPOLARE, L’IMPEGNO PER IL QUARTIERE. IL SINDACO: ERA COME NOI
Il primo uomo a essere decapitato in Europa per motivi religiosi negli ultimi due secoli era un pericoloso eversivo che protestava contro la chiusura dell’ufficio postale del suo quartiere. I complici erano donne di una certa età con i tubi del respiratore nel naso che adesso avanzano nell’afa trascinando la bombola ad ossigeno, e attempati signori con i quali il condannato stava tramando per organizzare una battuta di pesca sulla riva della Saona.
Avrà anche ragione il primo ministro francese Manuel Valls, bisogna ormai convivere con la minaccia costante di altri attentati fatti da singoli individui. È solo che a guardare la situazione dal quartiere Marronniers di Fontaines-Sur-Saone, un paesino di campagna a sud di Lione, tutto sembra ancora più assurdo. Oggi sarebbe stato il 54esimo compleanno di Hervé Cornara. Aveva deciso di festeggiare con un pomeriggio insieme agli amici tra ami e lenze e subito dopo il barbecue nel cortile, invito allargato a tutti, da buon presidente del comitato abitanti della zona. Invece ora c’è una folla muta davanti al civico 10 di rue Curie, una delle tante scale di un palazzone di edilizia popolare tappezzato di pannelli prefabbricati che ha preso il nome dai castagni ai lati del viale sottostante. La gente si ritrae quando avanza una anziana donna sostenuta da due volontari che la trascinano per le braccia. «C’est fou, c’est fou» dice la donna tra i singhiozzi. È una follia. Ha 92 anni. Si chiama Thèrese, è la madre di Hervè.
«Hanno ammazzato in un modo che non possiamo neppure descrivere il nostro vicino di casa». Il sindaco Thierry Pouzol cerca riparo dal sole sotto un albero e un fazzoletto di carta per asciugarsi le lacrime. «Uno come noi, uno come tanti». Le persone in ascolto davanti a lui annuiscono incredule, guardando ogni tanto in alto, verso le finestre del quinto e ultimo piano dietro alle quali c’è una moglie che piange il marito sposato da giovane e un figlio di vent’anni, Kevin. Il fanatismo religioso, lo scontro di civiltà, appaiono così lontani da questo condominio di paese dove tutti conoscono tutti, che potrebbe essere scambiato con qualunque decente sobborgo di ogni grande città d’Europa.
Il padre lavorava come operaio in una grande azienda tessile chiusa ormai da molto tempo, la madre faceva la casalinga. Hervè Corvara non era direttore commerciale di niente, non era un manager, i dirigenti d’azienda non vivono nelle case popolari. A vent’anni era emigrato nelle Isole Reunion, per lavorare in una ditta di import-export. Era tornato dopo 20 mesi, gli mancavano Fontaine-sur-Saone e la fidanzata, che avrebbe poi sposato nella chiesa dove domani si terranno i suoi funerali. Con i soldi guadagnati oltremare aveva comprato un furgone e un camion che teneva in un garage dietro casa. Lui al volante, la moglie a tenere i conti. Viaggiava in Italia e in Inghilterra, faceva consegne. Aveva l’abbonamento alle partite dell’Olympique Lyonnais. Votava per i Repubblicani di Nicolas Sarkozy, il partito di maggioranza in questa zona.
Nel 2010 era diventato presidente del comitato di quartiere. Aveva perso la battaglia per la salvaguardia dell’ufficio postale, stava vincendo quella per il rinnovo delle aree verdi intorno al condominio. Sognava di trasformare Les Marroniers in un modello di residenza ecologica. Fernand Rodriguez, il suo amico di una vita, è sceso in strada vestito con scarpe da jogging nere, tuta e maglietta nera, in segno di lutto. «Organizzavamo insieme le cene sociali all’aperto. Gli piaceva darsi da fare. Aveva imparato a fare il capo».
Gli affari andavano bene. L’anno scorso aveva rilevato i locali di una società di Chassieu che trasportava bombole di gas. Aveva detto che avrebbe avuto sempre meno tempo per il quartiere. La nuova attività esigeva un maggior numero di conducenti. Aveva tirato dentro Kevin. Alla fine di marzo aveva cominciato a far lavorare Yassin Salhi, il suo assassino, che talvolta lo riaccompagnava a casa. Siccome siamo abituati a trovare sempre una ragione per tutto, con discrezione i giornalisti cercano tra le persone che lo hanno visto crescere tracce di qualche screzio, meglio se a sfondo razziale. Niente. «Escludo che vi fossero rancori o tensioni tra loro» ha raccontato il figlio. «A me Salhi è sempre parso una persona educata». Hervé era una «grande gueule» , uno che ogni tanto si arrabbiava e non le mandava a dire, ma chi non lo fa. Ha ragione il sindaco. Hanno tagliato la testa al vicino di casa. È toccato a lui, poteva succedere a chiunque.