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 2015  giugno 27 Sabato calendario

LA GRANDE OFFENSIVA DELL’ISIS TRASFORMARE IL RAMADAN “NELL’INFERNO DEGLI INFEDELI”

Attacchi, terrore e kamikaze dal Maghreb al Corno d’Africa, dal Golfo all’Europa: inizia Ramadan e la galassia jihadista mantiene la promessa di trasformarlo in una «calamità per gli infedeli» come il portavoce del Califfo aveva preannunciato 96 ore fa.
Piano di battaglia
«Mi appello ai musulmani affinché trasformino il mese sacro di Ramadan in una devastazione per infedeli, sciiti e apostati». È Abu Muhammad al-Adnani, portavoce del Califfo dello Stato Islamico (Isis) Abu Bakr al-Baghdadi, a diffondere online nella giornata di martedì un audio di 28 minuti con l’invito a lanciare attacchi. Il linguaggio di al-Adnani somma riferimenti coranici e un’impostazione militare che disegna il campo di battaglia. «I musulmani devono essere pronti a conquistare ed a scegliere il martirio» afferma il fedelissimo del Califfo, rivolgendosi ai «sunniti in Giordania, Libano ed Arabia Saudita affinché si sollevino contro i tiranni» e «combattano contro gli oppressori sciiti in Iraq e Siria». È una maniera per incitare su due fronti: estensione degli attacchi a nuovi Paesi e maggiori violenze sui fronti già aperti. Per incoraggiare a colpire al-Adnani parla dei «sunniti uniti dietro ai jihadisti» e, in uno sfoggio di forza, minaccia il presidente Usa Obama: «Non temiamo né lui né la coalizione, se ci attaccherà gli risponderemo».
Il mese delle stragi
Il messaggio di Isis evoca il discorso di guerra sul Ramadan 2005 di Abu Musab Al-Zarqawi, allora leader di Al Qaeda in Iraq, l’ispiratore del Califfo. In quell’occasione l’appello a «uccidere chi crede negli idoli» innescò uno dei mesi più sanguinosi, obbligando l’esercito Usa a prendere sul serio lo scenario della guerra civile. Il nono mese del calendario lunare islamico - durante il quale i musulmani credono che il Corano venne rivelato a Maometto - era stato già sfruttato negli Anni Novanta come «mese della guerra» dai gruppi algerini e indonesiani. Al Qaeda lo aveva usato per attaccare il Parlamento indiano nel 2001, un hotel di turisti israeliani in Kenya nel 2002 e la Croce Rossa a Baghdad nel 2003. Come riassume il «Barnaba Fund» britannico «Ramadan è il periodo in cui i cristiani subiscono un aumento di attacchi nel mondo musulmano» perché gli estremisti lo usano per colpire. Senza contare che lo scorso anno, proprio alla vigilia di Ramadan, al-Baghdadi proclamò dalla moschea di Mosul la nascita del Califfato. È questa lettura violenta di Ramadan che probabilmente ha spinto il salafita francese Yassine Salhi a decapitare il proprio datore di lavoro, nei pressi di Lione, per poi lanciarsi con l’auto su una fabbrica chimica di un’azienda Usa, completando il blitz con l’affissione di due drappi jihadisti sui cancelli.
I nuovi vulcani
Quanto avvenuto sulla spiaggia tunisina di Sousse e nella moschea kuwaitiana di Imam Sadiq Mosque lascia intendere che i due «nuovi fronti» di attacco di Isis sono in questi Paesi. A cento giorni dalla strage al museo Bardo di Tunisi, l’uccisione di almeno 37 turisti nel resort mediterraneo implica un rafforzamento operativo: sparare con i kalashnikov sui bagnanti significa disporre di manovalanza addestrata ma soprattutto di registi intenzionati a demolire il Paese dei Gelsomini dall’interno. «Esplodete come vulcani sotto i nostri nemici» aveva auspicato al-Baghdadi in novembre e in Tunisia eseguire tale ordine significa far franare i due pilastri della nazione: il turismo come fonte di entrate economiche e il governo fra islamici moderati e nazionalisti come modello di coesistenza. Per i jihadisti, già all’offensiva in Libia, significa essere riusciti a creare un network di cellule dalla Cirenaica ad Hammamet. Corre lungo il Mediterraneo come in Mesopotamia lungo i fiumi. Non si può però escludere che la strage di Sousse abbia un coinvolgimento di Al Qaeda in Maghreb, il cui leader Mokhtar Belmokhtar, è di recente sfuggito ad un raid Usa in Libia e cerca una rapida rivincita.
Kuwait, sfida agli sceicchi
In Kuwait si tratta del primo attentato di Isis con un bilancio, ancora parziale, di 25 morti e 202 feriti, ed è avvenuto nei quartieri orientali della capitale con modalità simili ai recenti attacchi in Arabia Saudita: kamikaze contro moschee sciite nell’ora della preghiera. E’ la tattica di Al-Zarqawi contro gli sciiti in Iraq e, come dice il premier kuwaitiano Jaber al-Sabah, «minaccia l’unità nazionale». A rivendicare il blitz sono i jihadisti del «Wilayat Najd», fedeli a Isis e già autori degli attentati sauditi, intenzionati a innescare anche qui la faida tribale sunniti-sciiti per delegittimare monarchi e sceicchi.
Somalia, bliz degli Shabaab
A Leego, a Nord-Ovest di Mogadiscio, gli Al-Shabaab somali mettono a segno un’operazione di tutto rispetto. L’obiettivo è una base della missione dell’Unione Africana gestita da circa 100 soldati del Burundi. I jihadisti si infiltrano nel perimetro e poi fanno fuoco, con mitra e lancia-granate, causando almeno 50 vittime. «È stato un attacco ben organizzato» ammette Mohammed Haji, ufficiale del contingente africano di 20.000 uomini. Il segno della vittoria jihadista è il drappo nero del Califfato - a cui gli Al-Shabaab hanno giurato fedeltà - issato sulla base. «Abbiamo preso tutte le loro armi» fa sapere Mohamed Abu Yahya, comandante Al-Shabaab, ripetendo lo schema di Isis in Iraq e Siria: svaligiare gli arsenali degli avversari per combatterli con le loro stesse armi.
Massacro a Kobane
Ramadan di sangue anche a Kobane, uno dei fronti aperti di guerra. Nel piccolo centro curdo ai confini con la Turchia i miliziani di Isis hanno ucciso 120 civili confermando l’intento di far leva sul terrore per riconquistarlo in fretta.
Maurizio Molinari, La Stampa 27/6/2015