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 2015  giugno 27 Sabato calendario

VALENTINO L’INCREDIBILE “LA MIA SFIDA AI SUPERATLETI MAI SENTITO COSÌ GIOVANE”

ASSEN
«Sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato un sogno». Valentino per raccontarsi prende in prestito le parole dell’amico Jovanotti. Sorride di una felicità leggera, imperturbabile. «Non ho mai dovuto rinunciare a nulla per essere quello che sono» racconta. «Ho sempre fatto ciò che mi piaceva: mettendo insieme sport, passioni, divertimento, amicizie». Forse il segreto è proprio nella disarmante semplicità di uno che continua a considerarsi «un ragazzo normale, o quasi». Uno che alla vigilia dell’ottava corsa della stagione firma la pole e sgrana gli occhioni per l’emozione: «Ho visto il mio nome sul maxi-schermo: primo, che bello!». Come se non fosse mai accaduto. Qui poi, dove ha vinto otto volte. Oggi nella Cattedrale della MotoGp parte davanti, favorito per il successo e la conquista del titolo. Il decimo.
Nessuno mai come Valentino.
Nemmeno Agostini.
«Piano con i paragoni. Io sto correndo, quindi ancora non si può fare una vera classifica. Giacomo ha vinto tanto. Ci tiene molto ai suoi titoli, ai numeri. Ed è giusto che il primo posto sia il suo».
Però quello era un altro motociclismo.
«In 20 anni di carriera anche il mio motociclismo è cambiato. I piloti sono diventati atleti incredibili. Mica come quando potevi fare tardi la sera e berti qualche birra, ma vincevi lo stesso. Le gare le gestivi, lottavi solo alla fine. Oggi si fanno tempi da record al primo giro e serve un passo pazzesco. Se sbagli la partenza o trovi traffico, quello davanti non lo prendi più».
Piloti come robot.
«Devi allenarti tanto per mantenere certi ritmi. E poi la concentrazione. Negli ultimi tempi ho dovuto cambiare qualche abitudine. Molta palestra, poi in pista al Ranch coi ragazzi dell’Academy. Non è stato faticoso, fare sport e stare in moto è la mia vita, non chiedo altro».
Una volta Valentino usciva di casa, e sfidava il primo motociclista che gli capitava a tiro.
«È stato tanto tempo fa. Ora a Tavullia giro col mio T-Max nero, tranquillo. Anche se qualche “traverso” alle rotonde mi scappa sempre. È più forte di me».
Adesso, a 36 anni suonati, quando ride escono tante piccole rughe intorno agli occhi.
«Davvero? Non me ne sono mai accorto. Vivo bene le stagioni senza pensare al tempo che passa. Anzi: credo di non essermi mai sentito così giovane e in forma».
Da ottobre abita in una villa un po’ fuori Tavullia. Due piani, grande piscina, una stanza-museo per trofei e memorabilia (la collezione di caschi). Accanto ha fatto costruire la casa di mamma Stefania.
«L’ultima domenica in villa l’ho trascorsa guardando in tv le gare dei miei ragazzi, impegnati nel campionato spagnolo. Dai box ci messaggiavamo con whatsapp. È andato tutto benissimo, Luca ha “fatto” secondo».
Luca Marini, il fratellastro.
«Col passare del tempo siamo sempre più vicini. Mi piace occuparmi di lui. Ha talento, non deve avere fretta. In poco tempo è molto cresciuto di statura, per questo gli ho consigliato di passare alla Moto2».
In un paese privo di cultura sportiva, servirebbero buoni esempi. O un ministro come Valentino.
«Quel che posso fare per lo sport italiano, lo sto facendo con la VR46 Racing Academy. Il progetto è giovane, ma i risultati si stanno già vedendo. Ci alleniamo insieme, li consiglio per la preparazione e l’approccio alle gare. Ci vuole passione, sacrificio, metodo. Semplicità».
E talento. Se non fosse salito in moto, Valentino sarebbe stato comunque un campione. O no?
«Mi sarebbe piaciuto essere un grande sportivo. Invidio un po’ i rallisti. Un calciatore? Sono sempre stato un fan di Maradona. Altrimenti, mi affascina molto chi fa musica. Però lì c’è già un grande Rossi: Vasco».
Biaggi, Stoner o Marquez: l’avversario più “rognoso”?
«Lorenzo. Nessuno mi ha mai creato problemi: né a livello mentale, né tecnico. Ma Jorge è davvero “rognoso” quando è in forma».
Il contratto con la Yamaha scade fra un anno. Cosa farà domani Valentino?
«Penso solo ad oggi: ad Assen, a questa stagione incredibile. E dopo il 2016, si vedrà. Non chiedetemi della fidanzata, di matrimonio o di un figlio: quando ho risposto che succederà tra 10 anni, subito ci hanno fatto i titoloni e invece io volevo solo dire che non ci sono progetti. Dopo la gara c’è l’invito di Lord March – il figlio del decimo Duca di Richmond, presidente dell’Automobile Racing Club britannico – a Goodwood, in Inghilterra. Una serata elegante, poi correrò con la M1 al Festival of Speed. E magari anche con qualche auto d’epoca».
Che ragazzo fortunato.
«Mi hanno regalato un sogno, è vero. Ma da condividere con gli amici veri. E ad un amico non rinuncerei mai, per nulla al mondo. Neppure per una vittoria».
Massimo Calandri, la Repubblica 27/6/2015