Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 27 Sabato calendario

PERISCOPIO

Salvini: «Vorrei essere ungherese». Se ne può parlare. Il rompi-spread. MF.

Idea: a chi si prende una quota di migranti gli diamo una quota della Grecia. Altan. la Repubblica.

Brugnaro, nuovo sindaco di Venezia: «Via i libri gender dalle scuole». Già mi sorprende che abbia ammesso tutti gli altri. Spinoza. il Fatto.

Tavecchio: «Centinaia di dirigenti non meritano di stare nel calcio». E poi c’è chi dice che non sa fare autocritica. Milano Finanza.

Ho sempre inseguito più la libertà che il successo. Ho adottato per me questo motto di Bjorn Larsson, scrittore svedese. Giorgio Guazzaloca, ex sindaco di Bologna (Angelo Allegri). Il Giornale.

Walter Veltroni è ormai, come sapete, un uomo di cinema. Voglio consegnarvi quest’immagine cinematografica. Ha organizzato per me una proiezione privata del suo film Quando c’era Berlinguer al cinema Fiamma di Roma. Quando, alla fine, Berlinguer muore, le scene dei funerali... io e Walter ci prendiamo per mano e piangiamo, insieme, nella platea di poltrone rosse vuota, solo noi due. Massimo D’Alema. (Giampiero Calapà). Il Fatto.

Pippo Civati dice di vantare un credito da Matteo Renzi: «Quando mi candidai feci un versamento al Pd che valeva per l’intera legislatura. In teoria, ora che sono uscito, vanterei un credito. Ma glielo lascio volentieri...». Civati è generoso con il suo ex leader: proprio lui e Luca Pastorino che se ne sono andati via dal partito sono stati fra i maggiori donatori di Renzi nel 2014. In quella lista di donatori peraltro c’è un piccolo giallo: non figura il nome di Pier Luigi Bersani. L’ex segretario del Pd però non ha dato buca: ha segretato il suo versamento al partito usando la legge sulla privacy. Che si vergogni di fare sapere che dà i soldi a Renzi? «Questa è una cattiveria», ride Civati, che però non sa fornire una risposta. E scappa via verso altri lidi: «Ho un convegno di una rivista liberale». Liberale? Proprio lei, Civati? «Sì, io sono un sincero liberale», assicura il Pippo in fuga dal Pd. Franco Bechis. Periscope.Libero.it.

In Pier Ferdinando Casini colgo un sereno affidamento al destino, vederlo tranquillo, tranquillizza. Quando tutto sembra perduto e il naufragio evidente, Casini placidamente nuota. La sua capacità di saltare da una deriva all’altra, pur restando sempre al centro, dà sollievo, e promette un’esistenza aliena dalle turpitudini dell’ideologia. Adoro la parola Centro, così come lui in varie occasioni dolcemente la pronuncia. Può significare questo o quello, il centro dell’universo oppure «ho fatto centro!» del bambino con la freccetta. Enigmatica divinità, il Centro è adorabile. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.

Per quasi un secolo a Milano hanno comandato gli industriali, i Pirelli, i Feltrinelli, i Valerio, i Moratti, quelli sorti a cavallo della Belle Epoque e tutti gli altri per i quali l’età dell’oro ha coinciso con la ricostruzione nel secondo Dopoguerra. Poi sono arrivati i re di denari, banchieri e finanzieri, i Mattioli, i Cuccia e i loro figliocci, fino agli yuppies degli anni 80 che hanno sostenuto il boom della moda e aperto il ciclo di Armani, Prada, Trussardi, Dolce & Gabbana. Glamour e pubblicità, pane e companatico per l’editoria rinata dopo la scomparsa dei Rizzoli e dei Mondadori, e per la tv commerciale di Silvio Berlusconi. Finché non hanno preso il potere gli immobiliaristi variante milanese dei palazzinari romani. Stefano Cingolani. Il Foglio.

La gente si aspettava che, con l’ingaggio di Michael Shumacher, tornassimo a vincere subito, ma non fu così. Però non c’erano più scuse: ora avevamo il miglior pilota del mondo. E Schumi, che è molto intelligente, rigoroso e pragmatico, capì che eravamo sulla buona strada per rimettere in piedi Ferrari. Così, quando provarono a farmi fuori, nel giugno ’96, Michael legò il suo futuro al mio, dicendo che se mi avessero mandato a casa se ne sarebbe andato anche lui. Lavoravamo insieme da gennaio, appena cinque mesi. Mi salvò. Jean Todt, ex numero uno della Ferrari, presidente della Fia (Beatrice Borromeo). il Fatto.

Non ho più la superbia o l’ambizione, tipica delle avanguardie storiche, di volere con le arti trasformare il mondo. È la politica che deve dare risposte alle cose, l’arte deve fare domande. Qualcuno ha traviato il contesto e ha utilizzato l’arte come un ascensore sociale. Cosa è rimasto dell’egemonia culturale del vecchio Pci? Macerie. Achille Bonito Oliva, critico d’arte. (Malcom Pagani). il Fatto.

Non apprezzo la presidenza Juncker perché mi pare che la sua Commissione europea aspiri a creare gli Stati Uniti d’Europa. Non c’è nulla di sbagliato, ma credo che i cittadini europei non abbiano la stessa aspirazione. Michael Dobbs, autore di House of cards e già consulente di Margaret Thatcher (Vittorio Zincone). Sette.

Noi amici del cineclub di Savona ci sentivamo un piccolo gruppo di eletti in anticipo sui tempi. Capaci di parlare un linguaggio nuovo. Gente che avrebbe trovato occupazione grazie alla passione o al colpo di culo, ma a spasso non sarebbe rimasta. Erano anni, quelli, in cui le occasioni esistevano veramente. Oggi sgomitano tutti e si rubano l’aria. Allora era più facile e comunque, sentendoci investiti dalla missione, ci impegnavamo. Tatti Sanguineti (Nanni Delbecchi e Malcom Pagani), Il Fatto.

Ditemi che in storia della musica sono un coglione e non muoverò nervo, ma sulla jettatura superiorem non cognosco (formula del Diritto pubblico che, in bocca al Re, vuol dire: «Non riconosco a nessuno l’essermi superiore»): se lo dico io, è così. Paolo Isotta, critico musicale, La virtù dell’elefante. Marsilio.

Non mi sono ancora scritto il necrologio come Indro Montanelli. Però provvedo subito: «Ha creduto di morire dopo aver creduto di vivere». Sono convinto che noi non viviamo: c’illudiamo di vivere. Quindi non moriamo. È solo il sogno che cambia. Mi piacerebbe scriverci un romanzo, se ne fossi capace. Guido Vigna, giornalista (Stefano Lorenzetto), il Giornale.

La natura può diventare cangiante, quasi come le leggi che la riguardano. Con le nuove scoperte scientifiche i problemi saranno risolti una volta per sempre. Massimo Bucchi, scrittore satirico, il venerdì.

Per Luciana gli occhiali sono lo specchio dell’anima. Se ti mostri negligente nello sceglierti una montatura, molto probabilmente hai un’anima trascurata, sciatta, e magari anche lacera. Daniela Ranieri, Mille esempi di cani smarriti. Ponte alle Grazie.

I grandi uomini bisognerebbe sempre vederli a cavallo.

Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 27/6/2015