Claudia Cervini, MilanoFinanza 27/6/2015, 27 giugno 2015
UNA LANTERNA A PETROLIO
Non è un caso che Gabriele Volpi, nuovo azionista di Banca Carige con una partecipazione intorno al 5,5%, abbia intenzione di costituire una holding di diritto italiano dove far confluire gli investimenti strategici nel Paese. La mossa attesta l’interesse dell’imprenditore (nato a Recco 72 anni fa) a operare con maggior decisione e trasparenza nella penisola e soprattutto in Liguria. Questo dopo aver costruito una fortuna in Nigeria: uno dei Paesi più popolosi d’Africa, con un’economia basata sul petrolio, che pesa per circa il 20% del pil. Ed è proprio l’oro nero che ha condotto Volpi ad Abuja dove la sua Intels, attiva nella logistica per il settore petrolifero, fattura circa 2 miliardi di dollari dando lavoro a quasi 4.500 dipendenti. Volpi è sbarcato nel Paese africano nella seconda metà degli anni Settanta e ha cavalcato il boom petrolifero verificatosi in quel periodo. I successi nel settore logistico sono giunti, però, soltanto all’inizio degli anni Ottanta quando l’imprenditore riuscì finalmente ad aggiudicarsi alcune concessioni per svolgere attività di supporto alle perforazioni petrolifere offshore. Bel salto, dopo un passato come operaio presso le Industrie Meccaniche Liguri e, in seguito, alla Carlo Erba. Nonostante la fortuna dell’imprenditore ligure sia oggi in gran parte concentrata nel continente nero, Volpi ha avviato attività anche in Italia. Qui ha seguito, più che altro, le sue passioni. Lo sport innanzitutto. È infatti il patron dello Spezia Calcio e della ProRecco, celebre team di pallanuoto (passione che condivide con i figli). Oltre allo sport l’imprenditore è interessato al food di qualità: attraverso la holding panamense Compania Financiera Lonestar, ha acquisito una partecipazione in Eataly, il marchio gourmet che fa capo alla famiglia Farinetti e, insieme a un pool di azionisti, si sta preparando allo sbarco in borsa della società. Volpi non ha trascurato nemmeno il settore immobiliare e le infrastrutture, dalla realizzazione del nuovo porticciolo di Santa Margherita (opera che ha recentemente ottenuto i necessari via libera e che lo rende fiero, sebbene i maligni sostengano che il suo yacht da 70 metri faccia fatica a sostarvi) fino ad alcune operazioni di real estate avviate alla Spezia, come la riqualificazione dell’area ex Industria Meccanica Ligure, dove sorgeranno 120 appartamenti, un albergo con 100 camere, una foresteria, un palazzetto dello sport, 6 mila metri quadrati di parcheggi, oltre a una piccola area retail. Progetto immobiliare che, insieme a quello in fase di sviluppo a Santa Margherita Ligure tramite la società Santa Benessere & Social spa e agli investimenti nello sport faranno sborsare a Volpi circa 350 milioni di euro.
L’operazione Carige, però, ha un sapore diverso. In Italia, come ricordato, l’imprenditore italo-nigeriano (ha ottenuto la cittadinanza del Paese africano) si era finora concentrato su quelli che potrebbero essere definiti serissimi passatempi, sfizi, diversivi (lo sport, il cibo, il mare, l’ospitalità). La finanza, all’interno di questo schema, rappresenta invece una assoluta novità. In Banca Carige Volpi ha cominciato a rastrellare azioni alcuni mesi fa investendo attraverso il veicolo inglese The Summer Trust (che fa capo alla società di diritto panamense) e arrivando a detenere una quota del 2%. L’imprenditore aveva dichiarato di voler crescere ancora nell’azionariato dell’istituto e così ha fatto, arrivando a detenere una quota del 5% in fase pre-aumento, salita intorno al 5,5% dopo la chiusura dell’operazione. Una quota che ha richiesto un investimento nella banca di circa 46,7 milioni di euro. Oggi sono in molti a scommettere che l’oligarca bianco (così è stato definito dalla stampa) cercherà un canale di comunicazione con il primo azionista Vittorio Malacalza, attualmente al 17% di Carige. I due si conoscono da una decina d’anni, benché non abbiano mai fatto affari insieme. D’altronde Malacalza, sin dal principio, ha dichiarato di essere aperto al dialogo e di avere un approccio «inclusivo» (sono parole sue). Volpi non ha ancora alzato il velo sulle sue ambizioni rispetto a Carige. La sua potrebbe essere soltanto una mossa speculativa? Sono in molti a credere di no, visto che Genova, per Volpi, è la sua (seconda?) casa. E un imprenditore di solito non specula a casa sua.
Ciò non toglie che la figura di Volpi sia circondata da un alone di mistero. Forse perché, in questi anni, non si è raccontato facilmente (non ha risposto alle ripetute richieste di intervista di MF-Milano Finanza). E forse anche perché l’attività nigeriana, oltre ad avere un appeal esotico, ha luogo in un Paese complicato. Anni fa la commissione d’inchiesta del Senato americano aveva ricostruito così il suo avvio di carriera: «Negli anni 80, Atiku Abubakar (ex vicedirettore generale del servizio doganale nigeriano, divenuto poi vice-presidente ndr) è entrato in società con Gabriele Volpi attraverso una società creata per fornire servizi di supporto portuale all’industria del petrolio e del gas. Il nome originale della società era Nigeria Container Services, o Nicotes (...). Il signor Volpi ha spiegato (...) di aver costituito questa azienda di logistica petrolifera nei primi anni 80 e di aver invitato Abubakar a esserne consigliere e azionista nel 1989». Il 1989 è l’anno in cui Abubakar aveva deciso di lasciare le dogane.
Al di là del passato e dei presunti rapporti con Atiku Abubakar il presente di Volpi ora sembra essere orientato al rilancio di un pezzetto di Nordovest d’Italia. Infatti sta investendo per riqualificare l’area dove sorgeva l’azienda in cui, da ragazzo, faceva l’operaio.
Claudia Cervini, MilanoFinanza 27/6/2015