Giuliano Castagneto e Matteo Radaelli, MilanoFinanza 27/6/2015, 27 giugno 2015
ITALIA BATTE GERMANIA
A Piazza Affari si ricorderà a lungo il primo semestre del 2015 che si sta per concludere. Da tempo infatti la borsa italiana non risultava di gran lunga la migliore tra le piazze europee. Basta dare un’occhiata alle performance da inizio anno delle borse continentali per rendersene conto. Da inizio anno Piazza Affari ha guadagnato il 24,4%, contro il 18,5% del Dax di Francoforte, il 16% del Cac di Parigi e il 10% di Madrid.
Mentre a Wall Street il Dow Jones nello stesso periodo è rimasto invariato (+0,5%). In ogni caso le performance delle altre borse continentali non sono da disprezzare, considerando che le azioni quotate in questi mercati sono comunque di aziende attive in un’economia, quella dell’Eurozona, ancora nel limbo di una crescita economica «zero virgola». Certo, tutta l’Eurozona sta beneficiando dell’indebolimento della moneta unica nei confronti del dollaro, favorito dal Quantitative easing della Bce e dalla ripresa negli Stati Uniti, che favorisce l’export verso gli Usa.
Ma l’Italia nella prima metà dell’anno si è dimostrata un caso a parte. Per molti motivi, tutti di carattere strutturale e che vanno al di là della discesa del prezzo del petrolio, che pure sta dando un sostegno importante alla redditività delle imprese italiane. Prima di tutto, gli investitori esteri sono tornati a mostrare interesse nei confronti delle aziende quotate sul listino italiano.
La loro presenza è evidenziata dalla performance di un settore ben conosciuto all’estero, soprattutto in ambito anglosassone, ma che in Italia è ancora una primizia: le torri di trasmissione. La prima società di questo tipo apparsa a Piazza Affari, a inizio 2012, è stata Ei Towers, la società delle torri tv controllata da Mediaset: nella prima metà di quest’anno ha guadagnato il 36,2%. Ancora meglio ha fatto Rai Way, la rete di trasmissione dell’emittente di Stato, che è quotata dal 20 novembre 2014 che dall’inizio di quest’anno anno si è apprezzata del 37,6%. Il trend è confermato dal brillante esordio in borsa di Inwit, la rete di torri di trasmissione di Telecom Italia, che si è quotata nei giorni scorsi e nella seduta d’esordio ha guadagnato l’11%. «Gli italiani conoscono ancora poco il business delle torri di trasmissione», spiega Fabio Deotto, responsabile dell’area sales e trading di Equita sim. «Sono delle vere e proprie utility, che offrono flussi di cassa stabili e quindi presentano un favorevole profilo di rischio. Cosa che all’estero è ben nota, tanto che i fondi internazionali ne hanno approfittato» .
Gli investitori stranieri si sono comunque avvicinati a Piazza Affari attirati ovviamente non solo dal business delle torri di trasmissione.
Un altro tema che ha tenuto banco negli ultimi mesi (e dovrebbe continuare a farlo nei prossimi) è rappresentato dai titoli finanziari. «Solo un’azione del settore bancario, cioè Intesa Sanpaolo, ha rivisto una capitalizzazione di mercato superiore ai mezzi propri, mentre tutti gli altri sono ancora sotto la parità», sottolinea Mario Spreafico, capo del private banking italiano di Schroders. Proprio di Intesa Sanpaolo nelle ultime settimane la Bank of China ha acquisito una quota superiore al 2%, che va ad affiancarsi alle partecipazioni detenute dall’istituzione asiatica in altre imprese italiane strategiche, come Saipem. Il tutto a ulteriore conferma che oltreconfine le azioni italiane sono tornate a fare gola. Un elemento di attrazione è sicuramente la bassa valutazione delle banche italiane, dovuta soprattutto alle ricapitalizzazioni necessarie ad adeguarsi agli standard richiesti dalla Vigilanza Unica della Bce. In più, va segnalato che altri istituti, cioè le popolari, le quali oggi non presentano particolari problemi sul versante del patrimonio, si stanno preparando a una fase di consolidamento indotta dal decreto Renzi-Padoan, che impone loro di trasformarsi in spa. Il che inevitabilmente le renderà più contendibili per via dell’abolizione del voto capitario. La febbre da «risiko popolare» si riflette puntualmente nella performance dei titoli del comparto. Bpm ha guadagnato da inizio anno il 76%, il Credito Valtellinese il 61%, il Banco Popolare il 53%, la Banca Popolare di Sondrio il 48%. Insomma, hanno messo a segno un gran recupero, che dovrebbe essere ulteriormente alimentato da almeno tre fattori: la ripresa della domanda di credito; la riforma del diritto fallimentare appena varata, che consentirà un notevole accorciamento dei tempi di realizzo dei beni a garanzia dei prestiti; la riduzione a un anno del periodo di deducibilità delle perdite su crediti.
Un altro tema che ha polarizzato l’attenzione su Piazza Affari nei primi sei mesi del 2015 è stato il boom, in borsa e nei bilanci, della gestione del risparmio. Titoli come Mediolanum, Banca Generali, Anima e Azimut hanno messo a segno rialzi compresi tra il 40 e il 98%. Merito del crollo dello spread e della discesa dei tassi dei titoli di Stato, che hanno spinto molti investitori ad affidare a mani esperte e professionali la ricerca di rendimenti più corposi. Di conseguenza tutte le sgr quotate hanno ripetutamente aggiornato i record di raccolta netta, con i ricavi da commissioni che si sono mossi di pari passo.
Nel frattempo grandi gruppi quotati, come Fca, Telecom ed Enel, sono stati coinvolti in profondi processi di mutamento e la performance di borsa ha riflesso tali scenari. Il Lingotto dal 2014, anno della fusione con Chrysler, è diventata una vera multinazionale, in grado di approfittare della crescita del mercato statunitense e adesso anche della ripresa delle vendite in Europa, Italia in testa. Risultato: da inizio anno il titolo Fca ha guadagnato più del 45%.
Telecom dal canto suo sta beneficiando, oltre che delle insistenti voci di vendita di Tim Brasil, anche del processo di convergenza fra tlc e media, nel cui ambito si colloca l’ingresso in forze (attualmente con il 14,9%) della francese di Vincent Bolloré nell’azionariato del gruppo italiano guidato da Marco Patuano. Il cui titolo così nella prima metà dell’anno è salito del 35%.
Anche Enel, sotto la guida dell’amministratore delegato Francesco Starace, sta attuando una decisa svolta strategica verso lo sviluppo delle reti intelligenti, oltre che delle energie rinnovabili, nel frattempo cedendo asset non più strategici, come le centrali nucleari in Slovacchia, con conseguenti effetti positivi sul debito. E il titolo si è apprezzato del 18%.
La borsa italiana rispetto ai listini degli altri Paesi sta quindi facendo un salto di qualità. A differenza del passato la performance dei titoli non è più legata solo allo spread o agli stimoli della Bce. Per questo gli operatori si mostrano ottimisti sul prosieguo dei rialzi anche nella seconda metà dell’anno. «Il progresso di Piazza Affari dovrebbe continuare nei prossimi mesi», conferma Spreafico.
Ma che cosa potrebbe mettere a rischio la cavalcata del listino milanese? Paradossalmente, non la Grecia. «I mercati stanno mantenendo le posizioni, scontando il fatto che sulla Grecia si arriverà comunque a una forma di accordo», è convinto Deotto. In realtà, l’andamento dei mercati azionari occidentali nella seconda parte dell’anno dipenderà principalmente dai rendimenti dei titoli governativi. Una prosecuzione del rialzo delle ultime settimane potrebbe pesare sulle borse. In primo luogo perché l’appeal dei governativi aumenterebbe, riducendo la ricerca di maggiori rendimenti sul mercato azionario. In secondo luogo, anche le valutazioni delle aziende ne risentirebbero, poiché i flussi di cassa degli anni futuri sarebbero scontati a tassi superiori. La decisione della Fed sulla tempistica del primo rialzo dei tassi e sulla frequenza dei successivi ritocchi sarà quindi fondamentale per le prospettive sia del mercato obbligazionario sia di quello azionario, dato il ruolo-guida svolto dal mercato statunitense. I mercati si attendono una stretta più contenuta rispetto a quella stimata dai membri del board della Fed: per gli investitori a fine 2016 i tassi sui Fed Fund dovrebbero essere all’1-1,25%, mentre i membri della Fed indicano un 2%, in linea con l’obiettivo di inflazione della banca centrale americana. Sta di fatto che un rialzo del costo del denaro troppo deciso potrebbe spingere al rialzo i rendimenti lungo tutti i tratti della curva, con effetti negativi sulle performance di tutti i portafogli, sia obbligazionari che azionari.
Giuliano Castagneto e Matteo Radaelli, MilanoFinanza 27/6/2015