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 2015  giugno 27 Sabato calendario

CLINICA MOBILE. LE CURE A ROSSI

& CO. TRA RITI E CABALA – 
La porta si apre quando l’orologio non ha ancora scandito le otto. Matteo Ferrari precede di qualche minuto il compagno Stefano Manzi per il massaggio di preparazione alle libere della Moto3. Poi arriva il «lungagnone» della MotoGP Loris Baz, che ha avuto problemi di stomaco nella notte e vuole fare un piccolo tagliando. Poi gli «aficionados» Yonny Hernandez e Nicky Hayden. Quindi perfino Lin Jarvis, grande capo della Yamaha, che qualche tempo fa ha avuto un imprevisto motociclistico e sta facendo un po’ di terapia. Avanti così, per tutto il giorno, fino a sera, probabilmente con il massaggio nel suo motorhome a Valentino Rossi, che «prende in prestito» un fisioterapista: i suoi impegni e i ritmi di vita spostano tutto in avanti. Benvenuti nella Clinica Mobile, la casa di chi non sta bene nel paddock. Piloti ma non solo.
Suona strano parlarne proprio in Olanda se solo si pensa alle peripezie del suo fondatore, Claudio Costa, l’angelo custode dei motociclisti, per portare avanti qui la sua utopia. Una volta per un medico straniero era impossibile praticare la propria professione da queste parti e bisognava operare quasi da carbonari. Mai come quando, nel 1993, il dottore imolese venne qui con un aereo privato e letteralmente rapì Mick Doohan, cui all’ospedale di Groningen volevano amputare la gamba destra, dopo l’incidente in prova.
Preistoria, viene da pensare guardando che cosa è oggi la Clinica: un ospedale viaggiante – in Europa in camion, nelle extra-continentali in casse di alluminio e fibra – che sforna numeri da vera struttura sanitaria. Al Mugello è partito un programma di monitoraggio degli interventi e i numeri sono da capogiro: in due gare e mezzo oltre 400 interventi medici e circa 700 di fisioterapia. Per fare un paragone, in una notte al pronto soccorso del Rizzoli di Bologna, il dottore Matteo Commessatti, ortopedico in servizio qui, fa circa 50 visite.
Michele Zasa, 36enne anestesista-rianimatore di Parma, è il nuovo timoniere della Clinica. Il cambio della guardia, non senza qualche trauma, all’inizio dell’anno scorso, quando è subentrato a Costa (con cui aveva collaborato dal 2010), rilevando il marchio insieme alla struttura sanitaria parmense Poliambulatorio Della Rosa Prati. Un cambio «forzato» anche dalla Dorna, per cui Costa era diventato troppo ingombrante e un po’ superato dai tempi. «Ci stiamo modernizzando – dice Zasa –. Riusciamo a comunicare meglio con i piloti perché tutti parliamo le lingue, per esempio. Ma anche aggiornando la struttura. Abbiamo comprato un’apparecchiatura digitale per l’esame delle radiografie, che costa oltre 100mila euro. Ma abbiamo cambiato anche i lettini per la fisioterapia, più evoluti».
Ma lo spirito di Costa è presente. «In mille particolari. Guardi le etichette: come faceva Claudio qui il 13 non esiste, è 12+1 (lo fa anche il mito Angel Nieto, per i suoi 13 titoli mondiali, ndr). E i piloti, sul lettino della fisio, non possono indossare il cappellino: a Imola il cappello sul letto si metteva soltanto ai morti. La tradizione va avanti». Il medico imolese non è un corpo estraneo alla sua Clinica. «Quando viene è uno di noi. Anche fuori dalla zona medica. Nella tenda che fa da cucina-sala da pranzo, quando porta i prodotti che macella lui (Costa è un grande norcino, ndr), è battaglia tra il salame imolese e il nostro parmense…».
Come potete intuire, stiamo parlando di un ospedale speciale, che non finisce nei circa 60 metri quadrati attrezzati della Clinica 5 (varata a Jerez nel 2002 per sostituire la 4, oggi alla Superbike sempre con il dottore Claudio Corbascio). Se si guarda la piantina, c’è una piccola anticamera con divani, la grande sala centrale, sei lettini per la fisioterapia, la stanza destinata alla medicina e la piccola zona per le radiografie. Questa è zona franca, dove spesso si sono risolte anche le beghe personali tra piloti che hanno avuto da ridire in pista: qui più di una volta sono state siglate tregue apparentemente impossibili.
I numeri sono imponenti. In totale intorno alla Clinica, a cui gli organizzatori danno un contributo di circa 400 mila euro, ruotano complessivamente circa 45 persone. In MotoGP, per le gare europee, si muovono a rotazione 6 fisioterapisti, 3 medici, un radiologo, 1-2 camionisti. Oltreoceano vanno 7 fisioterapisti e 2 medici. «Si inizia a lavorare alle 7.30 – dice Zasa – e si va avanti fino alle 20.30. Ma se ci chiamano a mezzanotte, noi ci siamo». E si guarda anche al futuro. «Vorremmo creare una nuova Clinica e curare aspetti che oggi vengono lasciati all’iniziativa del pilota o della squadra. Penso a un sistema di monitoraggio per i piloti all’inizio dell’anno e poi durante la stagione, per controllare il loro stato di forma. Ancora, mi piacerebbe avere un nutrizionista per curare le abitudini alimentari dei piloti, che in alcuni casi sono addirittura deleterie».
Il tutto fatto sempre con una mano sul cuore. Zasa ha quasi pudore a raccontare quello che è successo negli ultimi giorni. «La settimana scorsa, facendo una corsa contro il tempo, sono andato a Barcellona per assistere Tony Arborino (il pilotino della Squadra Corse Sic 58, ndr) che rientrava nel Cev. L’avevo conosciuto a Le Mans, quando aveva fatto quella caduta terrificante. L’avevo intubato e seguito in ospedale. Ci siamo rivisti al Mugello e mi ha abbracciato in un modo che non dimenticherò mai. Sentivo che avermi vicino, quando tornava in pista, gli avrebbe fatto bene e sono andato». L’impronta di Costa è sempre qui.