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 2015  giugno 25 Giovedì calendario

A SECCO


Il mondo ha sempre più sete e le prossime guerre si combatteranno per l’acqua, risorsa resa preziosa da una siccità quasi planetaria. A essere colpite non solo le zone più povere del pianeta, come Africa subsahariana e Corea del Nord (che affronta la peggiore siccità di sempre) ma anche gli Stati Uniti: in California, dove la scarsità di acqua dura da quattro anni, gli abitanti devono ridurne il consumo del 25 per cento (o pagare multe salate); e altri Stati, dal Texas al Montana, rischiano di restare a secco. «Le riserve sono limitate e, complice il riscaldamento globale, se non se ne razionalizzerà l’uso sono destinate a esaurirsi» conferma lo scienziato della Nasa Jay Famiglietti che, foto satellitari alla mano, ha presentato uno studio dimostrando come negli ultimi 10 anni le principali riserve di acqua dolce che oggi garantiscono la sopravvivenza di 2,5 miliardi di esseri umani stanno finendo.
Secondo gli analisti, il pericolo di futuri scontri intorno a falde, fiumi e laghi sarebbe elevato in Sud America, Nord Corea, Africa, Medio oriente e persino Est Europa (dove da sempre è conteso un grande bacino di acqua tra Ungheria e Romania).
Paradossale la situazione del Brasile che, pur potendo contare su oltre 8.300 chilometri cubi di acqua dolce, a causa della peggiore siccità degli ultimi 84 anni ha dovuto imporre pesanti razionamenti idrici alla città di San Paolo (19 milioni di abitanti). Mentre lungo il «canale della siccità» centroamericano, dal sud del Messico sino a Panama, 3 milioni di contadini del Guatemala e dell’Honduras (secondo l’allarme del Programma alimentare Onu) rischiano di perdere il loro raccolto. Stesso pericolo per gli agricoltori d’Australia, dove la mancanza di piogge, senza precedenti, minaccia di desertificare grandi aree oggi destinate alla coltivazione di cereali.
Alla siccità climatica si aggiunge quella prodotta dall’uomo. Un esempio? In Amazzonia, negli ultimi 40 anni, sono stati tagliati 42 miliardi di alberi. Secondo uno studio di Antonio Nobre dell’Istituto brasiliano per la ricerca spaziale, un albero amazzonico può trasportare fino a mille litri al giorno con la sua traspirazione, che raggiunge l’atmosfera e si trasforma in piogge. A causa della riduzione degli alberi, l’aria umida della foresta, che prima si spingeva nel sudest del Brasile, viene a mancare, trasformando quella zona in deserto. (Paolo Manzo)