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 2015  giugno 25 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SUI MIGRANTI


REPUBBLICA.IT
BRUXELLES - "Non c’è consenso tra gli Stati membri per quote obbligatorie" di richiedenti asilo da accogliere per allentare la pressione su Italia e Grecia. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, aprendo i lavori del vertice di Bruxelles che sarà dedicato soprattutto all’emergenza migranti e alla crisi greca. Tusk ha sostenuto l’idea di un meccanismo basato sulla volontarietà, che però "non potrà essere credibile se gli Stati membri non prenderanno degli impegni credibili e rilevanti da qui alla fine del mese di giugno". "Un meccanismo di volontarietà - ha sottolineato - non può essere una scusa per non fare nulla. La solidarietà senza sacrifici è ipocrisia".
Da parte sua, arrivando al vertice, il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è detto "molto ottimista che l’Italia possa far sentire insieme la propria voce". "Vediamo come sarà concluso l’accordo. Finora c’è stato un buon lavoro. Questo è quello che abbiamo cercato di fare anche oggi, riunendo sindaci e presidenti delle Regioni. Non è più un tema dell’Italia o del Mediterraneo, ma di tutta l’Europa", ha aggiunto. E ancora: "Ci sono tante possibilità in questa discussione. Qualcuno pensa che si possa fare costantemente campagna elettorale. A me interessa difendere l’Italia e gli italiani e questo deve essere l’obiettivo indipendentemente dal colore politico".
Tusk ha ammesso che "ci vorrà molto tempo per costruire un nuovo consenso sull’immigrazione". Quindi è tornato a ripetere che "la nostra priorità dovrebbe essere quella di contenere l’immigrazione illegale". "Oggi mi aspetto che il Consiglio europeo mandi un messaggio forte" su questo punto, ha detto l’ex primo ministro polacco, "tutti quelli che non hanno il diritto di chiedere asilo, non avranno la garanzia di restare in Europa: solo con questo messaggio, possiamo fare progressi reali sulla redistribuzione dall’Italia e dalla Grecia" dei migranti.


Profughi, marcia indietro dell’Ungheria sul tema degli immigrati. Ue: "Non passeranno le quote obbligatorie"
Redazione, L’Huffington Post
Marcia indietro dell’Ungheria sul tema dei richiedenti asilo, questione che sta facendo litigare l’intera Unione europea. Dopo aver annunciato che avrebbe sospeso l’accoglienza delle domande di asilo, il ministro degli Esteri magiaro, Peter Szijjarto, ha affermato testualmente che "l’Ungheria non sospenderà l’applicazione di alcuna norma comunitaria" riferendosi al regolamento di Dublino secondo il quale ciascun Paese è obbligato a processare le richieste di asilo politico.
L’Ungheria negli ultimi mesi è diventata una delle porte d’Europa per le masse di richiedenti asilo provenienti dalla Serbia ma anche dall’Afghanistan e dalla Siria. Nel 2014 è risultato il nono Paese al mondo con maggior numero di richieste d’asilo: cifre che spaventano il governo di Budapest.
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Pugno di ferro con i migranti e "mini-prigioni" in Italia. Le bozze del piano europeo anticipate dal Guardian
Il Consiglio europeo richiamerà giovedì 25 giugno gli Stati al rispetto delle regole comuni in tema di immigrazione: è quanto riferisce una fonte diplomatica alla vigilia del vertice che sarà in gran parte dedicato al tema dell’immigrazione. Fonti della Unione europea hanno anticipato che il sistema delle quote obbligatorie proposto dalla Commissione non passerà: gli Stati membri si oppongono infatti alla riallocazione obbligatoria di 40mila profughi arrivati in Italia e in Grecia.
"Il dibattito in corso in Italia mostra che è necessaria una risposta europea più solida", ha detto, riferendosi alle dichiarazioni del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui, se l’Europa non interviene, l’Italia affronterà la questione da sola.
"Non possiamo rischiare che vengano decise altre misure unilaterali come quelle che in questi giorni ha annunciato l’Ungheria", ha aggiunto la fonte. Per questo, è probabile che le conclusioni del Consiglio includano un richiamo al rispetto del regolamento di Dublino e di quello di Schengen. "Il rischio è che, dopo aver messo in discussione Dublino, si passi a Schengen e questo è un problema per il complessivo impianto di integrazione europea".

HUFFINGTON POST DEL 23/6
I leader europei avrebbero deciso di creare un nuovo sistema di messa in quarantena dei migranti nel Sud Italia e in Grecia per consentire – in maniera forzata e veloce – la registrazione, l’identificazione tramite impronte digitali, l’espulsione e – se necessario – la detenzione fino a 18 mesi dei migranti ritenuti illegali giunti dalla Libia attraverso il Mediterraneo. Lo rivela il quotidiano britannico The Guardian, che è entrato in possesso di alcuni documenti preparati in vista del Consiglio Ue del 25 giugno. È altamente improbabile – assicura il Guardian – che la sostanza delle bozze cambi da qui a giovedì.
In sostanza, sul territorio italiano – ma anche greco e maltese – verranno stabilite delle “zone di confine strutturate e degli istituti […] con il supporto di esperti degli Stati membri per assicurare la rapida identificazione tramite impronte digitali e registrazione dei migranti”. Dopo gli “hotspot” di cui avevamo parlato qualche giorno fa – termine edulcorato con cui l’Ue preferisce chiamare i campi profughi – queste “structured border zones and facilities” (letteralmente: “strutture e zone di confine strutturate”) sarebbero a tutti gli effetti dei centri di detenzione, delle prigioni in cui i migranti verrebbero rinchiusi subito dopo gli sbarchi e sottoposti, nel più breve tempo possibile, alle misure di identificazione, registrazione e deportazione di tutti coloro che non hanno i requisiti adatti all’asilo. E per chi "non collabora", avanti con la detenzione fino a 18 mesi, con deroghe significative rispetto alla normativa nazionale.
Con tutta probabilità – scrive il Guardian – i leader dei Paesi membri decideranno di rafforzare i poteri della polizia europea e di Frontex (l’Agenzia europea deputata al controllo delle frontiere esterne dell’Ue) includendo l’uso della forza. L’obiettivo è molto semplice: aumentare in maniera netta il numero dei migranti che vengono rispediti nei loro Paesi. Secondo le proposte della Commissione Ue – delineate in una lettera inviata qualche settimana fa ai ministri degli Interni da Dimitris Avramopoulos, commissario Ue per l’immigrazione – a Frontex verranno dati nuovi poteri per avviare e portare avanti le deportazioni forzate. Ad oggi, queste decisioni e le conseguenti azioni possono essere intraprese soltanto dalle autorità nazionali. “Il sistema europeo per l’espulsione dei migranti irregolari non è sufficientemente veloce ed efficace”, scriveva Avramopoulos. “È necessario aumentare l’efficienza di questo sistema. Sono aperto a esplorare tutte le opzioni”.
Che la strada per la ridistribuzione – obbligatoria o volontaria, ancora non è chiaro – di circa 40mila richiedenti asilo sbarcati in Italia e in Grecia avesse una contropartita, era chiaro fin dall’inizio. La settimana scorsa Francia e Germania avevano delineato le condizioni per un “compromesso” basato sul binomio solidarietà/responsabilità. A spiegare la linea era stato il ministro della Difesa tedesco, Thomas de Maizièr: "Cazeneuve (il suo omologo francese, ndr) e io abbiamo lanciato congiuntamente un’iniziativa che forse può significare un compromesso. E il compromesso è: siamo pronti a mostrare solidarietà verso l’Italia e la Grecia. Siamo disposti ad aiutare lì, in maniera massiccia, su accoglienza e registrazioni. Siamo anche disposti a lavorare per una distribuzione in Europa. Ma questa distribuzione riguarda i richiedenti asilo, coloro che hanno prospettiva di restare, e non i migranti economici, che dovrebbero restare in Italia e Grecia nei cosiddetti hotspot, e da lì essere rinviati ai loro Paesi d’origine, con l’aiuto europeo".
I documenti citati dal Guardian danno un’idea della mole di funzioni a cui questi “hotspot” dovrebbero far fronte. Tra queste funzioni c’è anche la detenzione. “Per fare in modo che i migranti irregolari vengano effettivamente respinti, la detenzione dovrebbe essere applicata, come misura legittima in ultima istanza, dove sia necessario evitare che i migranti irregolari si diano alla latitanza”. La detenzione – si legge – dovrebbe durare fino a sei mesi, ma anche 18 mesi “nei casi di mancata cooperazione”, mentre in situazioni d’emergenza (come quella in corso in Italia, con flussi migratori in aumento) si apre alla possibilità di chiudere un occhio sulle regole relative alla detenzione. Ad esempio, si potrebbe rinunciare al principio di “fornire una sistemazione separata per garantire la privacy delle famiglie”, e si potrebbe consentire il trattenimento di persone anche in luoghi che non siano necessariamente prigioni o strutture detentive. Allo stesso tempo – continua il Guardian - potrebbe cadere il bisogno di una rapida “revisione giudiziale” dei casi.

Tra pochi giorni a Bruxelles i leader dei Paesi europei saranno chiamati a dire una parola chiara su come intendono gestire, insieme, la questione migranti. La strada che si sta delineando è quella di una chiusura, sempre più radicale, dei confini. Insorgono le organizzazioni per la tutela dei diritti umani. “Dove sta andando l’Europa?”, si domanda Tony Bunyan, direttore di Statewatch, ong britannica. “Migranti, tra cui donne incinte e minori, che sono scappati da guerre, persecuzioni e povertà, stanno per essere forzati a dare le impronte digitali, pena la detenzione fino alla resa, o stanno per essere espulsi e banditi dal rientrare”.

Lo spazio per un ammorbidimento, tuttavia, appare sempre più stretto. Come mostra il caso dell’Ungheria, che oggi – dopo la decisione shock di alzare un nuovo muro nel cuore dell’Europa – ha annunciato la sospensione unilaterale di una normativa che regola le richieste di asilo nell’Unione europea, invocando la "protezione degli interessi ungheresi". La "zattera è piena", ha sintetizzato il portavoce del governo, Zoltan Kovacs, in due interviste al giornale austriaco Die Presse e al sito ungherese Index, giustificando la decisione con il fatto che l’Ungheria è vittima di un afflusso eccezionale di migranti dall’inizio dell’anno.

La normativa sospesa a titolo provvisorio da Budapest, denominata "Dublino III", dispone delle richieste d’asilo in Europa e stabilisce che queste debbano essere esaminate nel paese Ue dove per primo arriva il migrante. In seguito alla decisione di oggi, l’Ungheria dunque non accetterà più il rientro nei suoi confini di rifugiati entrati in Ue attraverso il suo territorio e poi diretti verso un altro paese europeo.
Emblematiche anche le immagini che arrivano da Calais, dove centinaia di migranti hanno cercato di entrare nei tir in coda per l’Eurotunnel o per i traghetti, servizi bloccati a causa dello sciopero dei portuali francesi. "Ci sono scontri continui fra i migranti che vogliono posizionarsi sul lato giusto della strada per poter salire sui tir", ha denunciato un dirigente dell’Associazione per l’autotrasporto, Donald Armour, citato dal Guardian esprimendo "grande preoccupazione" per possibili vittime. "Ci sono numerosi migranti irregolari a Calais e nei dintorni che potrebbero cercare di entrare illegalmente in Gran bretagna", ha denunciato il Foreing Office chiedendo agli automobilisti di "tenere chiuse le porte delle auto ferme nel traffico" e di adottare altre precauzioni anche se "i controlli della polizia locale sono stati rinforzati". Oltre tremila migranti vivono in un campo allestito fuori da Calais.