Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 25/6/2015, 25 giugno 2015
ENTRAMMO NELL’EURO PER L’OPERA CONGIUNTA DI 3 DILETTANTI (CIAMPI, PRODI, AZNAR) CHE GIOCAVANO A CHI L’AVREBBE FATTA, PER PRIMO, FUORI DAL VASO
Come dice l’amico Alberto, citando Monsignor Della Casa, «le beffe si fanno per sollazzo». Questa è stata la conclusione del caso Grecia, con la vittoria (imprevista) del debitore (due furbastri) sul creditore (tre banditi), del leader eletto sull’euro-burocrate. Dovrei esserne felice, avendo ipotizzato questa soluzione (miserabile) fin dall’inizio, invece non ci riesco.
All’inizio degli anni ’90 lavoravo a Londra, sentivo la nostalgia dell’Italia, mi sarebbe piaciuto che i miei nipoti (non ancora nati) diventassero cittadini di un continente unito, per cui fui affascinato dall’idea europea. Per una decina d’anni ebbi altro da fare, non me ne occupai, fino a quando non entrammo nell’Europa dell’euro, per l’opera congiunta di tre dilettanti (Ciampi, Prodi, Aznar), che curiosamente giocavano a chi l’avrebbe fatta, per primo, fuori dal vaso.
L’euro nacque attraverso una serie di imbrogli, e imbroglio dopo imbroglio è campato, fino a ora. Essendo stato concepito da inetti malfidenti, ha una governance complicatissima. L’ho studiata secondo i principi dell’organizzazione classica, mi sono convinto che il suo processo decisionale possa avvenire solo con modalità «fuori sacco». Cinque-sei capi di gabinetto, con riunioni informali giornaliere, decidono tutto, a certe scadenze Commissari, Ministri, Premier, si incontrano, e bovinamente firmano ciò che la «struttura» sottopone loro, scambiandosi battute fesse, in un inglese incomprensibile agli inglesi.
In questi anni ho letto moltissimo sull’Europa dell’euro, analizzato le idee, i giudizi (e i pregiudizi) di politici, economisti, intellettuali, ho cercato di assorbire tutto l’assorbibile, di metabolizzare tutto il metabolizzabile. Sono giunto a una conclusione sconclusionata: per quel che vale (nulla) ho pochi dubbi che l’euro possa sopravvivere nella sua attuale configurazione, al contempo auspico che ce la faccia. Mi è piaciuta l’idea dell’economista tedesco Hans-Werner Sinn: «Fermarsi, tornare indietro, fino all’ultimo bivio che abbiamo incontrato, e prendere l’altra strada». Immagino, senza sapere se sarà quella giusta. Almeno è diversa da questa, che di certo è quella sbagliata. Oltretutto, se fossimo seri, per costruire veramente l’Europa dovremmo darci come orizzonte un paio di secoli. E leggerci il Patto di Svitto del 1291, dal quale, dopo 700 anni, si configurò la Svizzera.
Nessuna organizzazione umana può crescere e imporsi se, al suo interno, ci sono due filosofie opposte, com’è in questo caso. Una è convinta che, alla lunga, la «visione tedesca» possa prevalere e imporsi ed è terrorizzata, l’altra che prima o dopo dovrà «farsi carico dei debiti» dei primi, e non intende farlo. E non possiamo liquidare il problema parlando, da un lato di sentimenti anti tedeschi, dall’altro di pregiudizi anti-mediterranei, di atti attesi di generosità degli uni, di impegni disattesi degli altri. Tutti questi argomenti le élite europee avrebbero dovuto affrontarli e risolverli prima di imbarcarsi nella folle avventura della moneta unica. Purtroppo, non è stato fatto, banalmente per la pochezza intellettuale di costoro.
Ormai, il problema non è più il passato, ma il futuro, come si può pensare di andare avanti con, al vertice, la stessa Classe Dominante che ci ha portato alla crisi del 2008, e che, senza un minimo di pudore, ha preteso, e ottenuto, di gestire l’uscita dalla crisi? Ebbene sì, lo confesso, sono filo tedesco, meglio filo bavarese, e ho un forte timore, che la Germania possa essere irrimediabilmente contagiata dai vizi del sud (celati dalla politica di Draghi) e, di rimessa, dai maneggi degli anglosassoni. Questa scelta di non arrivare allo showdown, è stato un atto di drammatica debolezza dell’establishment tedesco. Peccato.
Che fare? Ai tempi della DC la soluzione c’era: non fare. Si diceva, siamo a giugno? Un bel governo balneare nullafacente, tutti in spiaggia, poi in autunno, quando le scuole riaprono, ci penseremo. Lo potremmo fare anche ora, tanto non succede nulla, e poi c’è Draghi che, credendo di essere Dio, continua a stampare carta straccia, convinto che valga come l’euro.
Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 25/6/2015