Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport 24/6/2015, 24 giugno 2015
«IO, HIGUITA, E LA PARATA DELLA STORIA»
René Higuita non è cambiato granché. Fisicamente, con i suoi riccioli neri che superano di slancio le spalle e il sorriso contagioso, e dialetticamente, fedele difensore della libertà di parola. Anche per questo la Casa America di Santiago, trasformata in Casa Adidas, è piena. Il portiere colombiano è ancora una celebrità.
Ieri ricorrevano 25 anni da Colombia-Camerun: dribbling fallito di Higuita a Milla e addio Mondiale.
«Non ho nulla di cui pentirmi. Nella mia vita sono successe cose molto positive e altre meno, va bene così. Io in campo ho dribblato tanta gente, quel giorno persi la palla ma tante altre volte avevo saltato l’uomo. Chiaro che lo rifarei».
Altri ricordi: l’Escorpion a Wembley, la parata con i piedi, a testa in giù.
«Nulla di casuale ma frutto di un gran lavoro. Da 5 anni lo provavo in allenamento. Quella sera finalmente vidi arrivare la palla che aspettavo da sempre. Non ebbi alcun dubbio e mi buttai, senza pensare che ero a Wembley. Fu la miglior parata nella storia del calcio».
Oggi non si vedono più calciatori che provano giocate come le sue.
«Uno c’è, Neymar. Il problema è che quando lo fa lo criticano. Mentre trovo quasi normale che gli avversari lo picchino: succedeva anche a me. Se facevo qualche numero sapevo che, specie qui in Sud America, poi mi sarebbe arrivato addosso qualcosa… Ma i miei erano altri tempi, oggi dovrebbero proteggere di più quei pochi che provano ancora a far divertire la gente».
La Colombia ha un attacco bestiale ma fatica a far gol: uno in 3 partite, segnato da un difensore.
«Incredibile. Faccio fatica a spiegarmelo. I giocatori per far gol ci sono… La valutazione è più generale: in Sud America non si gioca per lo spettacolo, le squadre sono tutte molto chiuse dietro, si fa fatica a passare. Spero che le prestazioni della Colombia migliorino, io ci credo, ma se vogliamo passare con l’Argentina il livello deve salire».
Cosa le piace della Colombia?
«Il fatto di avere due giocatori che possono rompere l’equilibrio in ogni momento, Cuadrado e James. Il primo riceve tante critiche perché perde diversi palloni e lo trovo ingiusto: li perde perché prova sempre a far qualcosa, a saltare un uomo. Nel calcio chi non rischia non vince».
Un paragone tra la sua generazione e l’attuale?
«Ci sono grandi similitudini nella forza della difesa, del centrocampo, dei laterali, del 10: James o Cuadrado sono sullo stesso piano di Valderrama. Ma in attacco no: io non vedo un 9 rapido e goleador come l’avevamo noi. Penso a Iguaran, ad Asprilla, al Tren Valencia. Oggi non c’è».
Con buona pace di Falcao. Che Copa sta vedendo?
«Poco calcio, come sempre in questi tornei. E senza grandi sorprese. Alla fine qui si vince sempre per voglia, caparbietà, grinta, e anche quest’anno è così. E poi in Sud America il fattore campo è sempre decisivo, per questo vedo il Cile favorito».
Che portiere le piace?
«Io sono sempre stato un grande fan di Casillas: al mondo non c’è nessuno n.1 che ha vinto come lui. Tra i nomi nuovi mi piace il tedesco, Neuer. Ha un modo di giocare moderno, spettacolare».
E lei cosa fa?
«Da quasi 4 anni sono in Arabia Saudita, alleno i portieri dell’Al Nasr, e sono felice».