varie 24/6/2015, 24 giugno 2015
ARTICOLI SU PULVIRENTI DAI GIORNALI DI MERCOLEDI’ 24 GIUGNO
FRANCESCO CARUSO, LA GAZZETTA DELLO SPORT –
Nino Pulvirenti, come toccare il cielo con tutte e due le mani e precipitare al suolo senza paracadute. Una metafora che può essere usata per il presidente del Catania, finito nell’occhio del ciclone calcistico e mediatico ed ex patron della Wind Jet, compagnia aerea low cost, che è stata la sua prima, cocente delusione imprenditoriale. Il 53enne catanese è il classico self made man , partito con pochi quattrini in tasca e molte idee da sviluppare. Non sappiamo ancora come andrà a finire questa vicenda – «Sono estraneo ai fatti, saprò dimostrare che non c’entro nulla», ha detto ieri Pulvirenti – ma non c’è dubbio che l’unico presidente della storia del Catania ad aver tenuto la squadra per otto anni filati in Serie A, rischia di essere ricordato a vita per il più clamoroso degli autogol. L’inchiesta che lo ha condotto ai domiciliari, prende infatti le mosse da una sua denuncia per le minacce di alcuni tifosi che da mesi lo contestavano insieme all’amministratore delegato Pablo Cosentino.
La parabola dell’imprenditore catanese, diploma di ragioneria in tasca, comincia da Belpasso, paesino sulle pendici dell’Etna, dove prende in mano un piccolo supermercato trasformandolo nel primo hard discount siciliano. Mossa lungimirante come quella di aprire tanti altri punti vendita nei posti più polverosi e sperduti dell’Isola, mai presi di mira dalla grande distribuzione. Nasce così il marchio Fortè, che gli consente di gettare le basi di un impero economico. Poco dopo avvia a Gela una fabbrica di prodotti chimici e detersivi. Parla di rado all’epoca e si concede con parsimonia ai riflettori. Gli affari e il lavoro lo assorbono ma non abbastanza da distoglierlo dal vecchio pallino del calcio. Tifoso del Catania da sempre mira al bersaglio grosso, ma comincia dall’Interregionale, come presidente del Belpasso, fino al 1998.
In quell’estate rileva l’Acireale, in C1, ma con una gestione appesantita da debiti pregressi retrocede in C2. Da quella panchina transita ad inizio carriera Walter Mazzarri, nel 2001. Dopo 4 stagioni la città dei cento campanili torna in C1. Nel 2000 il primo tentativo di acquistare il Catania, alla fine però la spunterà Gaucci. E nel 2003, dalle ceneri di Air Sicilia, nasce Wind Jet, compagnia con basi a Palermo, Catania e Rimini, con una flotta di 13 Airbus che nel 2011 supera i 500 dipendenti e che chiuderà i battenti nell’agosto 2012 dopo essere stata vicina alla fusione con Alitalia, naufragata a colpi di carte bollate. Eppure la stella di Pulvirenti continua a risplendere, anzi le stelle, esattamente 5 come quelle dei suoi due alberghi a Taormina, il Mazzarò Sea Palace e l’Atlantis Bay, dove hanno alloggiato anche Lotito e Galliani. Nel 2006 quando la rivista Capital lo elegge imprenditore siciliano dell’anno. Siamo nella stagione d’oro del calcio etneo: il Catania, acquistato nel 2004 da Gaucci che gliel’aveva soffiato 4 anni prima, torna in A dopo 22 anni, con Marino in panchina, lo stesso che avrebbe dovuto firmare oggi il ritorno a Catania.
La diversificazione degli investimenti è il fulcro della sua filosofia imprenditoriale, dopo il centinaio di punti vendita Fortè in tutto il meridione, prende forma la catena di ristoranti Sorsy e Morsy che taglia la Sicilia da Catania a Palermo. E il Catania? A gonfie vele, sulla panchina rossazzurra si affermano Montella, Simeone, Mihajlovic, ma il clou lo raggiunge Maran con un ottavo posto in classifica e il record di punti. È il 2013 e il sindaco di Catania consegna a Pulvirenti le chiavi della città per meriti sportivi. Quelle chiavi aprono però le porte dell’inferno: la retrocessione in B e l’arresto.
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MARIO GEREVINI, CORRIERE DELLA SERA –
Il genere umano a cui appartiene Antonino Pulvirenti, 53 anni, è quello dei pacati (o moderati) che sbracano di fronte a una partita (o al calcio). Li vediamo inveire davanti alla tv o agitarsi in curva salvo poi recuperare l’aplomb e infilarsi giacca e cravatta fuori dallo stadio. L’imprenditore di Catania è il dottor Jekyll che crea in Sicilia un piccolo impero economico tenendolo lontano dagli artigli della mafia ma è anche il mister Hyde che, secondo la procura, complotta per comprare le partite. È il dottor Jekyll che tiene un basso profilo istituzionale, riceve emozionato le chiavi della città per meriti sportivi ma poco prima nelle vesti di mister Hyde attaccava scompostamente il presidente della Juve, Andrea Agnelli, rimediando deferimento e multa. È l’imprenditore che ha creato dal nulla una rete di 87 supermercati ben gestiti ma porta la sua firma anche il crac della Wind Jet. Hard discount alimentare, voli low cost e tanta voglia di calcio. Tra alti e bassi è la storia di questo ragioniere di Belpasso, paesone sulle pendici dell’Etna.
Figlio di piccoli imprenditori agricoli intuisce che l’hard discount ha un futuro e parte con il primo supermercato. Ha poco più di 30 anni. Ne ha 37 quando nel 1999 rileva l’Acireale in C1 che rivenderà a Vittorio Cecchi Gori. Ma punta in alto, vuole il Catania. Ci prova nel 2000 ma Luciano Gaucci, l’ex numero uno del Perugia, glielo soffia. Quattro anni dopo manda a casa Gaucci con 15 milioni e diventa presidente. Il Catania vola in serie A e tra il 2006 e il 2014 riuscirà a rimanere nell’elite del calcio. Pulvirenti si circonda di pochi fidatissimi manager, alcuni anche compaesani. Nessuno lo ferma quando compie il passo più lungo della gamba: Wind Jet. L’intuizione di portare i voli low cost in Sicilia è lungimirante ma occorrono spalle larghe, investimenti e capitali, fuori dalla sua portata, per affrontare eventuali momenti di crisi. Che puntuali arrivano, dirompenti. Il ragioniere di Belpasso ci prova a salvare il salvabile, perfino ad appioppare la compagnia ad Alitalia. Il buco diventa una voragine da 247 milioni. Wind Jet finirà nel 2013 in concordato preventivo, garantendo ai creditori solo il 5% dei loro soldi.
È una mazzata anche per le altre società controllate dalla holding Finaria di Pulvirenti, tutte, chi più chi meno, creditrici. Dai due alberghi di lusso di Taormina alla Meridi spa che con gli 87 supermercati, i quasi 90 milioni di patrimonio netto e i 96 di fatturato (su 108 del gruppo nel 2013, ultimo bilancio disponibile) è il vero motore. La holding, però, tra il 2011 e il 2013 perde 55 milioni. È la maledizione di Wind Jet. Anche il Calcio Catania dopo sette anni di bilanci in utile segna il primo rosso nell’ultima stagione di A. Poi la B, il rischio C e le manovre sporche per evitarlo.
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MAURIZIO CROSETTI, LA REPUBBLICA –
C’è una foto in cui Antonino Pulvirenti galleggia molto, del resto fino a ieri mattina era questa la sua specialità. Taormina, 13 luglio 2013, hotel Atlantis Bay (è suo). Galleggia, Pulvirenti, facendo il morto in piscina, e sull’acqua di smeraldo ondeggiano insieme a lui come sugheri felici anche Claudio Lotito e Adriano Galliani. Quel giorno si cementò l’alleanza che qualche mese prima, a gennaio, già aveva portato lo scaltro Antonino sulla poltrona di consigliere della Federcalcio. Gli amici e compagni di nuotate e mojiti, cioè Galliani e Lotito, lo avevano caldamente sponsorizzato. Non a tutti piacque l’arrivo di Pulvirenti nel palazzo del potere. Memorabile la lite con Andrea Agnelli, che si sentì definire dallo scaltro Antonino «una zitella isterica in crisi d’astinenza». Il presidente della Juve aveva semplicemente detto: «Pulvirenti? Non lo si vede in Lega da dieci anni».
Nella cordata che da un po’ si è impossessata di Federcalcio e Lega, lo scaltro Antonino non si poteva definire una gomena, ma neppure il più fragile dei fili. Era, questo sì, un buon alleato, un sodale fedele. Nel corso di quella celeberrima estate al mare, con tanto di escursioni sull’Etna e all’Isola Bella, molto venne lodato Pulvirenti da Claudio Lotito (YouTube è una miniera d’oro). Attorno al tavolo del ristorante “Da Nino”, a Letojanni, non mancava il vicepresidente del Catania, Pablo Cosentino, pure lui agli arresti con Pulvirenti, chi l’avrebbe detto quel giorno.
Lo scaltro Antonino ha sempre galleggiato molto, sebbene non gli siano mancate onde di tempesta. Come nell’agosto 2012, quando la sua compagnia aerea Wind Jet finì letteralmente il carburante e lasciò a terra per giorni, e poi per sempre, trecentomila sconsolati vacanzieri di ritorno dall’Isola Bedda. Fallimento, bancarotta, un’altra bella storia italiana. Nel 2006 la rivista Capital lo designò “imprenditore dell’anno”, quando si dice vedere lontano.
Nella terra di Sicilia in cui molti imprenditori arrivano da fuori e fanno affari, come ad esempio il friulano Maurizio Zamparini, lo scaltro ragioniere Antonino (è il suo titolo di studio) invece nacque. Proprio a Catania, nel 1962, classe di ferro. E pezzo dopo pezzo ha costruito più di un impero. Holding finanziarie, la sventurata compagnia aerea low cost, la catena di discount Forté, un’altra di fast food, un paio di alberghi a Taormina (il Mazarò Sea Palace e l’Atlantis Bay), un resort golfistico sull’Etna, un’ottantina di supermercati e persino un’industria chimica a Gela: 1500 dipendenti.
Eppure aveva cominciato con un piccolo market affiliato alla Standa. Ad ogni affare concluso, raccontò un giorno, un regalo da Antonino ad Antonino: un orologio di pregio, oppure una nuova Bmw. Ma perché il mondo si accorga davvero di te, serve un pallone. Così Pulvirenti scalò dapprima la presidenza del Belpasso (Interregionale), il suo paese, poi quella dell’Acireale (serie C1) e infine, dopo un tentativo fallito nel 2000 per colpa di Luciano Gaucci (un altro che galleggiò molto, prima di inabissarsi), quella del Catania. Lavorando, bisogna dirlo, con grande efficacia e garantendo alla squadra dell’elefantino una permanenza record in serie A, dal 2006 al 2014, trasformandola in succursale di talenti argentini. Uno di questi, Gonzalo Bergessio, nel 2012 ebbe la pessima idea di segnare un gol regolarissimo alla Juventus, annullato da Gervasoni per un fuorigioco fantasma. Nel corso di un’indimenticabile conferenza stampa, Pulvirenti disse: «Oggi è morto il calcio».
Insieme agli amici più stretti, oltre a Galliani e Lotito, sono da ricordare Preziosi e Cellino. In questa compagnia Pulvirenti fu l’ultimo ad arrivare, lui che non ebbe mai troppa dimestichezza con i palazzi del potere. Quando entrò per la prima volta nella sede milanese della Lega di A, al civico 4 di via Rosellini, scambiò la sala stampa per la sala riunioni. «Presidente, guardi che dovrebbe salire al quarto piano», gli dissero i giornalisti. Ma ha imparato presto e bene la toponomastica, e in quel palazzi si era installato in modo robusto, grazie all’aiuto di quelli a cui non ha mai fatto mancare il proprio. Perché è così che funziona: per governare, i voti un po’ si contano e un po’ si pesano e sono essenziali soprattutto i grandi elettori, i mediatori, i tessitori, i portatori d’acqua. Meglio di piscina, finché si resta a galla.
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FABIO ALBANESE, LA STAMPA –
Quando, in jeans e polo scura, Antonino Pulvirenti all’alba di ieri esce dalla questura e viene infilato in un’auto della polizia, la bufera è già arrivata. Lui, il presidente del Catania calcio e degli storici otto anni consecutivi in serie A, accusato di aver truccato le partite finali dell’ultimo campionato di serie B per salvare la squadra dal baratro della Lega Pro, non pensava di finire in questa storia.
Le minacce
Si considerava parte lesa per quell’inchiesta che a Natale aveva fatto avviare alla Dda di Catania dopo le minacce degli ultras e che poi, invece, ha preso tutt’altra piega: «Sono estraneo alle accuse e certo di potere dimostrare la totale estraneità ai fatti», ha fatto dire al suo avvocato, Giovanni Grasso, che aggiunge «Abbiamo la massima fiducia nella magistratura catanese, il presidente è certo di poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti. Il presidente prenderà decisioni immediate sul suo ruolo nella Società Calcio Catania spa per potersi difendere con la massima serenità e salvaguardare gli interessi della società sportiva». Ma il giocattolo Catania calcio, con quel gioiello di centro sportivo sorto a Torre del Grifo, alle pendici dell’Etna, è ora a rischio, e non soltanto per la scontata retrocessione a tavolino.
Eppure era proprio il Catania calcio il bene più prezioso del «presidente», e non tanto per il giro d’affari quanto per la passione sportiva e per i successi che la squadra era riuscita a raggiungere già poco dopo l’acquisizione della società dalla famiglia Gaucci, nel 2004. Una promozione in A quasi immediata, campionati tra alti e bassi ma vetrina per tanti giocatori, e anche allenatori, e plusvalenze importanti per la società.
Ma Pulvirenti, 53 anni, i soldi li aveva fatti prima di comprare il Catania. All’epoca possedeva supermercati, la catena Fortè, alberghi di lusso a Taormina, un’azienda per la produzione di detersivi, una società di ristorazione, fino all’avventura di Wind Jet, una piccola compagnia aerea low cost divenuta in pochi anni un colosso con rotte in tutta Europa e miseramente crollata nell’agosto del 2012 quando, oppressa dai debiti, l’Enac le revocò la licenza, lasciando a terra decine di migliaia di passeggeri nei giorni di Ferragosto e senza lavoro un migliaio tra piloti, hostess e steward. Per Pulvirenti, che fino a quel giorno era stato una sorta di Re Mida dell’imprenditoria siciliana, uno smacco e un campanello d’allarme. Non l’unico.
Gli inizi
Il calcio lo ha visto protagonista negli ultimi vent’anni. Prima il Belpasso, poi nel 1999 l’Acireale dove inaugura una lunga collaborazione con un’altro degli indagati, Pietro Lo Monaco, e che nel 2004 sta giocando i play off per la B, poi sfumata, proprio nei giorni in cui a Pulvirenti si presenta l’occasione della vita: acquistare in serie B il Catania calcio, con l’ambizioso programma di portarlo in A entro tre anni. Ci riuscirà in due. Ma, due anni dopo la liquidazione della Wind Jet, arriva la retrocessione. Ai tifosi, Pulvirenti aveva promesso che il purgatorio sarebbe durato solo un anno; invece ha dovuto forzare la mano oltre ogni limite per tenerlo rocambolescamente in B.