Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 23/6/2015, 23 giugno 2015
CRIMINI DI GUERRA, MA SENZA GIUDIZI
Le cifre della guerra di Gaza dell’estate scorsa sono queste. Palestinesi uccisi 1.462, un terzo dei quali minorenni. Israeliani civili 6 e 1.600 feriti. L’aviazione e l’artiglieria israeliane hanno colpito interi quartieri residenziali; Hamas ha lanciato su Israele 4.800 razzi e 1.700 colpi di mortaio. Entrambi sparando indiscriminatamente. Se queste cifre diffuse dalle Nazioni Unite sono accurate, era difficile che la commissione indipendente costituita dalla Commissione per i diritti umani dell’Onu non stabilisse che Israele e il partito islamico palestinese hanno commesso dei crimini di guerra. L’enorme differenza fra le vittime civili degli uni e degli altri è in un certo senso irrilevante: se Hamas avesse avuto la stessa tecnologia e la medesima potenza di fuoco dello stato d’Israele, non avrebbe esitato a usarla sui civili della parte nemica.
Gli israeliani si sentono vittime di un antico pregiudizio delle Nazioni Unite la cui commissione – secondo loro – non tiene conto che è stato Hamas a provocare il conflitto. Ignorano che nessun paese, soprattutto se democratico, è legittimato alla violenza indiscriminata nemmeno se è attaccato. Hamas invece tace perché nel suo delirio islamico-nazionalista, crede sia legittimo sacrificare centinaia di palestinesi civili nella sua guerra contro il sionismo.
È difficile se non impossibile che il risultato della commissione porterà alla sbarra della Corte criminale internazionale dell’Aia i vertici politici e i comandi militari delle due parti. È già accaduto che entrambi venissero sospettati di crimini di guerra e che la cosa finisse lì. Ed è più impossibile che difficile pensare si possa arrivare alla soluzione del problema che a scadenze obbligate porta gli israeliani a combattere a Gaza: cioè un processo diplomatico che prima o poi porti alla soluzione della questione palestinese e alla pace. Secondo i vertici militari e i servizi di sicurezza la classifica delle minacce a Israele prevede Iran/Hezbollah libanesi al primo posto, seguiti dalla jihad globale al confine siriano e a quello egiziano, nel Sinai. I palestinesi sono nelle parti basse della classifica: non costituiscono un pericolo reale e imminente. Pur nel suo militarismo, Hamas non ha speranza di diventare più pericoloso. Si attendono la prossima guerra di Gaza e la conseguente nuova commissione.
Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 23/6/2015