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 2015  giugno 22 Lunedì calendario

LA DISFIDA SULLE CAUSE PERSE QUELLA DIFFICILE CONVIVENZA TRA AVVOCATURA E PALAZZO CHIGI

Roma
A via dei Portoghesi, prestigiosa sede romana dell’Avvocatura dello Stato, nel triangolo tra palazzo Chigi, la Camera e il Senato, sono in molti a giurare che Renzi abbia pronunciato un brutta frase contro la categoria che suona così: «Tutti possono scegliersi il proprio avvocato, anche i mafiosi, anche Totò Riina, meno che il premier...». Battuta rivelatrice, sostiene chi giura sull’autenticità, dell’attuale clima ostile tra palazzo Chigi e l’Avvocatura dello Stato, tra il cliente più importante e quello che dovrebbe essere l’avvocato di fiducia. Un fatto è documentabile: dalla nascita del governo Renzi, la luna di miele tra Avvocatura e palazzo Chigi è un ricordo. Il feeling tra un sottosegretario alla Presidenza come Gianni Letta e un avvocato generale come Ignazio Francesco Caramazza, che ha portato quest’ultimo, nell’autunno 2014, a essere il candidato di Forza Italia alla Corte costituzionale, è impensabile. Proprio per via della “guerra” tra il governo e l’Avvocatura. «Guadagnano un sacco di soldi e ci difendono male», dicono a palazzo Chigi. «Ci scaricano le cause all’ultimo minuto, non ci danno le carte e poi se la prendono pure con noi. Ci tagliano gli onorari e l’età pensionabile, mettono un tetto massimo agli stipendi (240mila euro, ndr.)» dice l’altra campana. Ricorsi a raffica contro il governo. Polemiche e malumori. Nella lunga vita dell’Avvocatura dello Stato – sulla carta 370 toghe tra avvocati e procuratori, in servizio effettivo 300, una sede centrale a Roma con un terzo dell’organico, 25 sedi dislocate nelle città dove c’è una Corte di appello, nel portafoglio clienti istituzioni come il Quirinale, i ministeri, gli enti pubblici, le Regioni - questo è il momento più grigio. L’ex avvocato generale Luigi Mazzella, per 9 anni alla Consulta indicato da Berlusconi di cui è stato ministro della Funzione pubblica, fotografa così la situazione: «L’Avvocatura dello Stato è un membro della famiglia ripudiato dal suo principale datore di lavoro». Il primo esempio citato è quello di Giustina Noviello, l’avvocato che ha rappresentato il Mef davanti alla Consulta nel caso pensioni. Accusata dal governo di non aver presentato le possibili conseguenze economiche, magari per un pregiudizio politico visti i suoi tweet anti-Renzi, al punto da chiedere per lei una misura disciplinare. Difesa con convinzione da chi la definisce come «uno dei migliori e più scrupolosi avvocati, cui il Mef non ha dato il materiale necessario». «Guadagnano un sacco, sono una casta, si credono intoccabili, ci fanno perdere le cause» è il mantra del governo. Tant’è che, già l’anno scorso, Renzi non solo ha tagliato per decreto il tetto dell’età pensionabile, portato a 70 anni come per tutti i magistrati, ma ha pure soppresso gli onorari e la possibilità di accettare arbitrati. Immediata la replica: non solo uno sciopero di tre giorni per via degli onorari, ma pure ricorsi in ben 5 città per l’anno di pensionamento, e poi per gli onorari. Un paradosso, gli avvocati dello Stato contro lo Stato. Proprio sugli onorari lo scontro è epocale. Dice Mazzella: «Renzi ha sbagliato, perché servivano come stimolo per vincere le cause. Giusto togliere la piaga degli arbitrati, ma cancellare gli onorari è un errore». Come introito sopprimere l’onorario è una botta pesante: 90 milioni di euro tra 2012 e 2013, circa 130 mila euro a testa. L’ex avvocato generale Ignazio Francesco Caramazza spiega così il meccanismo: «L’avvocato che vince una causa porta a casa le spese di giudizio cui la controparte è stata condannata da ripartire tra tutti, per una metà in parti uguali, per l’altra in proporzione allo stipendio, compreso il personale amministrativo ». Un ricordo ormai. Come quello dei ricchi arbitrati e anche del tetto dello stipendio, inesorabilmente bloccato a 240mila euro. Punita nel portafoglio, per questo l’Avvocatura perde le cause? O, all’opposto, è colpa di ministeri ed enti che scaricano sull’Avvocatura le cause senza curarsene? Dice Caramazza, avvocato dello Stato per ben 48 anni, protagonista delle battaglie davanti alla Consulta sul segreto di Stato in difesa di palazzo Chigi e del Quirinale sulle intercettazioni di Napolitano nel processo Stato-mafia, e ancora del Colle nel conflitto sulla concessione della grazia tra l’ex Guardasigilli Castelli e l’allora presidente Ciampi: «Dalle amministrazioni che funzionano bene l’avvocato dello Stato riceve un rapporto sui fatti. Chi può contare su buoni uffici legislativi invia anche una griglia giuridica». Caramazza cita, come buon “cliente”, il ministero della Giustizia. Ma assai spesso non funziona così. Racconta un avvocato dello Stato che chiede l’anonimato: «Altro che accusarci di non essere bravi e preparati. Qui abbiamo a che fare con ministeri che ci avvertono della causa all’ultimo momento, che non ci mandano alcuna documentazione. Spesso andiamo allo sbaraglio e vederci accusati di non essere professionali è davvero insopportabile». Al punto che c’è perfino chi si pente di aver fatto il concorso per avvocato dello Stato. Dopo il caso pensioni la “casta” di via dei Portoghesi si è indebolita. Né può difenderla l’attuale avvocato generale, Massimo Massella Ducci Teri, scelto da Renzi dopo ben 4 mesi di vacatio e soprattutto dopo il tam tam che in realtà avrebbe preferito un esterno.
Affari&Finanza – la Repubblica 22/6/2015