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 2015  giugno 22 Lunedì calendario

JEB BUSH, IL CLIMA E PAPA FRANCESCO

Per quanto irrituale nella sua durezza, non stupisce l’attacco del cattolico Jeb Bush a Papa Francesco su clima e ambiente (“Non faccio elaborare la mia politica economica dai miei vescovi, dai miei cardinali, o dal mio papa”). Il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali statunitensi (ma deve ancora passare per le primarie) non fa altro che raccogliere e rilanciare uno dei temi più cari alla destra repubblicana, già oggetto di una violenta guerra in corso tra il suo partito e le politiche ambientali e climatiche dell’amministrazione Obama, con conseguenze critiche sul piano globale. A fine anno si terrà a Parigi la conferenza mondiale sul clima, dove Obama cercherà di portare una posizione forte – già preannunciata al recente G7 – per lasciare un’impronta nella storia. Nel frattempo, il presidente ha dato il via libera a una serie di interventi sull’ambiente e sul clima che hanno scatenato la controffensiva repubblicana. Soprattutto, Obama ha evitato di ricorrere a leggi per evitare lo scontro diretto con un Congresso ostile, ricorrendo con sempre maggiore frequenza all’Agenzia per la Protezione Ambientale (Epa, Environmental Protection Agency), che ha poteri molti vasti di regolazione con cui può aggirare il vaglio di parlamentari e senatori. I repubblicani la considerano un’enclave potenzialmente sovversiva in mano a pericolosi agenti dell’ambientalismo radicale – tanto che molti esponenti conservatori vorrebbero abolirla. Intanto l’attivismo dell’EPA è impressionante. L’Agenzia sta colpendo al cuore l’industria americana del carbone (di cui gli Usa sono i più grandi produttori e consumatori al mondo) con una regolazione che limita fortemente le emissioni – soprattutto di mercurio – delle centrali alimentate dalla più sporca delle fonti fossili. Allo stesso tempo, la stessa Agenzia per la protezione ambientale ha da poco proposto dure normative sia contro le emissioni di inquinanti potenzialmente cancerogeni delle raffinerie, sia per la limitazione di emissioni di ozono in atmosfera, anche questa destinata a colpire raffinerie e impianti per la produzione elettrica. Adesso i tanti nemici dell’Epa temono che essa si stia preparando a colpire il fracking – cioè la tecnica di estrazione che ha reso possibile la rivoluzione americana del petrolio e del gas – proprio nel momento in cui i prezzi bassi del greggio complicano la vita a molti petrolieri, tradizionalmente repubblicani. Altro capitolo della disfida su ambiente e clima è quello sul grande oleodotto (Keystone XL) che dovrebbe essere costruito tra Canada e Stati Uniti per aumentare la capacità di importazione americana di greggio canadese. Da anni se ne discute, e nel frattempo i costi previsti sono più che raddoppiati; ma la base ambientalista che ha sostenuto Obama non ne vuole sapere. A marzo i repubblicani al Congresso avevano votato una legge per autorizzare l’oleodotto, ma il Presidente ha posto il veto alla legge, sostenendo che la competenza a decidere è solo dell’amministrazione in carica poiché l’oleodotto ha carattere transnazionale. Così l’oleodotto della discordia è tornato in un limbo. Nel resto del mondo, la guerra su clima e ambiente tra Obama e i suoi avversari è forse meno visibile di quella sulla politica estera, che ormai ha toccato punte di parossismo. Nondimeno, è una guerra altrettanto feroce, alimentata non solo da motivi ideologici ma anche da enormi interessi economici. Sia su ambiente e clima, sia su politica estera, i congressmen repubblicani si stanno perfino spingendo a delegittimare Obama sul piano internazionale. Lo avevano già fatto dopo l’accordo tra Cina e Stati Uniti sugli impegni comuni per il cambiamento climatico, quando avevano fatto sapere ai cinesi che quegli accordi non sarebbero mai stati approvati dal Congresso. Hanno ripetuto il copione con l’Iran, cui quasi 50 congressemen hanno rivolto un monito a non considerare duraturi eventuali accordi sul nucleare siglati dall’amministrazione in carica. Segnali destabilizzanti di una guerra senza quartiere che adesso trova come ulteriore obiettivo Papa Francesco e la sua enciclica che abbraccia clima e ambiente. Difficile ipotizzare compromessi. Gran parte dei repubblicani nega o ridimensiona fortemente il problema del collegamento tra attività umana e cambiamento climatico, vuole limitare al massimo i sussidi alle rinnovabili e spingere il più possibile lo sviluppo delle risorse di cui l’America è ricca, cioè carbone, petrolio e gas. L’enciclica di Papa Francesco avrà sicuramente l’effetto di destare la coscienza di molti. Ma sarà soprattutto l’esito della battaglia tra repubblicani e democratici fino alle elezioni del 2016, e l’esito di queste ultime, a determinare il modo in cui ambiente e clima saranno affrontati a livello mondiale nel decennio che abbiamo di fronte.
Leonardo_Maugeri@hks.harvard.edu
Leonardo Maugeri, Affari&Finanza – la Repubblica 22/6/2015