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 2015  giugno 20 Sabato calendario

BELLO SI STAMPI


[Benedikt Taschen]

Dici libro d’arte e pensi a Taschen. Ma la casa editrice tedesca è molto di più. È le donne bellissime in calze a rete e tacchi a spillo di Helmut Newton. Il travestitismo di David Bowie. Le monografie su Zaha Hadid e Richard Meyer. L’edizione limitata di Taxi Driver di David Shapiro. Il bondage di Nobuyoshi Araki. E poi le pin up degli Anni Cinquanta, i tatuaggi, gli incidenti stradali. Tutte cose che hanno fatto di Taschen un editore molto ricco. «Call me Benedikt, please», esordisce facendo strada nello shop progettato con Marc Newson (il designer dietro l’Apple watch) aperto da qualche mese a Milano, in via Meravigli. In tempi di crisi le librerie chiudono per fare posto alle panetterie. Gli editori piccoli vengono inglobati dai grossi. A lui questo non succede. Di certo conosce qualche trucco. «No, nessun segreto. Era un’operazione che avevo in mente da tempo con Marlene, mia figlia che vive qui. Milano poi è il cuore industriale dell’Italia, ja...». “Benedikt” non guarda mai dritto negli occhi, ha un’espressione seria e parla un inglese gutturale. Chiude spesso le frasi con ja. Prima di lui il libro d’arte era un oggetto di status per un pubblico ricercato e dai gusti rarefatti. Con il suo eccezionale intuito e un insaziabile entusiasmo Taschen lo ha reinventato per una clientela globale. I suoi libri hanno cover sexy, titoli immediati, sono disponibili ovunque e in tutte le lingue. Oggetti sensuali, irresistibili, per voyeur, da mangiare con gli occhi. Soprattutto alla portata di tutte le tasche. «Il nostro scopo è ispirare e divertire i lettori, non importa se giovani o vecchi, se pagano 10 euro o migliaia. Ho sempre avuto un approccio molto democratico. C’è gente che compra Taschen da quando aveva 15 anni ed è cresciuta con noi». Democratico fino a un certo punto: dal ’99 ha varato edizioni limitate e titaniche, i Sumo, come Helmut Newton, 50x70 cm, 420 foto, più di 35 kg, 12.500 euro, venduto con leggio di Philippe Starck: il libro più grande e costoso del 900. Una decisione decisamente controcorrente in tempi di ebook. «Alla fine del secolo scorso volevo celebrare il libro di carta: è stato un successo. Ora andiamo avanti senza problemi di budget». Ecco GOAT, Greatest Of All Time, su Muhammad Ali, in collaborazione con Jeff Koons, prezzo dai 4 ai 10mila euro. E Annie Leibovitz, 4000 euro. Ma Taschen smentisce che dietro i Sumo ci sia un’astuzia di marketing: riposizionarsi sul mercato del lusso. «Non so neanche che cosa significhi questa parola. Certo, quando fai qualcosa di speciale lo vuoi comunicare, come un bambino che trova qualcosa di bello e vuole mostrarlo agli amici».
Nato a Colonia nel ’61, figlio di medici, Benedikt è un bimbo solitario con passione e fiuto per gli affari. A 7 anni colleziona fumetti, a 12 li vende per posta, a 15 è finanziariamente autonomo. A 18 apre la prima libreria, a 21 diventa editore. A 23 compra 40mila cataloghi di Magritte (avanzi di magazzino in inglese) e li rivende al doppio. Eureka! L’arte è molto più redditizia dei fumetti. Fa il libro su Annie Leibovitz, che sta diventando famosa, poi Dalì, Picasso... Dal 1988 vende in 20 lingue. Nel 1993 lancia con la seconda moglie, Angelika, una serie sugli interiors: sono bestseller. Seguono l’architettura, i viaggi, il design, la moda e il sesso. Già, il sesso. Per i puristi dell’arte è una scivolata. «Amo molto il tema. Il sesso è una delle forze che guidano la natura umana». Nel 2008 arriva The Big Penis Book e poi The Big Butt Book... Foto molto esplicite. «Il soggetto lo è. Non vedo come potrei fare diversamente. Per sfortuna quei libri rappresentano una parte molto piccola dei nostri guadagni, dico per sfortuna perché sono molto aperto su questo argomento. Purtroppo Internet è un rivale molto forte». I suoi volumi hanno contribuito a liberare i costumi? «All’inaugurazione dello shop un tipo mi ha ringraziato per aver fatto negli 80 Tom of Finland (illustratore cult della comunità gay, ndr). È stato molto importante per la sua vita perché i soggetti si divertono e sono fieri di quello che fanno. Sono stato davvero felice di sentirlo».

Oggi Taschen pubblica 100 titoli nuovi e 100 riedizioni all’anno, impiega circa 200 persone nel mondo, ha uffici da Berlino a Los Angeles a Hong Kong e 11 negozi tra Europa e Usa. Non le hanno mai proposto di vendere la casa editrice? «Sì, ma mi diverto e poi sin da piccolo ho bisogno di essere indipendente: fare ciò che mi piace senza chiedere niente a nessuno. Spesso prendiamo decisioni difficili da spiegare in termini commerciali perché il nostro business si basa su relazioni personali con artisti, autori e fotografi. Rimanere indipendenti è essenziale». Certo, ci sono stati anche passi falsi. La scelta di pubblicare Leni Riefensthal, la regista preferita di Hitler, celebrandola come “personaggio di culto femminista” ha suscitato una feroce controversia, ma la controversia si è rivelata assai redditizia. Invece Car Crashes & Other Sad Stories, 195 foto di incidenti stradali di un fotografo sconosciuto, va male. Ma per Taschen gli insuccessi non costituiscono un cruccio. «Rimpiango i libri fatti male. Ma se sono belli e non vendono... pazienza. Car Crashes era bello, anche se non lo ha comprato nessuno». I titoli con prezzo di copertina sotto i 30 euro fanno il 50% delle vendite, ma sul turnover annuale Benedikt non scuce una cifra. «Siamo una società privata e non pubblichiamo bilanci. I numeri non sono importanti. Siamo un pesce grosso in uno stagno piccolo... Apple vende più Iphone in 5 minuti che noi libri in un anno». Nel suo catalogo finora manca il cibo. Ma ci ha già pensato. «Creeremo presto una sezione food and drink. Appena ho il team giusto parto. Per ora investo in ristoranti». Infatti è diventato partner in posti top a LA: Animal, Petit Trois, Trois Mec e Son of The Gun.
Oggi l’editore col tocco di re Mida vive soprattutto a Los Angeles. È un uomo che sa divertirsi. I suoi party leggendari alla Chemosphere, l’ufo ottagonale di John Lautner sulle colline di LA, attirano una folla bizzarra, da Jeff Koons a Dita Von Teese, da David LaChapelle a Matt Groening e Diane Keaton. Cinque figli, gli ultimi due avuti dalla terza moglie Lauren, consulente di Miami Art Basel: «Siamo insieme felicemente da 12 anni e posso assicurare che non ci saranno altre mogli», sottolinea. È anche un vorace collezionista di opere d’arte. «Ho iniziato nell’85, a Colonia. In quegli anni ogni artista importante esponeva lì: Jeff Koons, Mike Kelley, Robert Gober, Cindy Sherman, Martin Kippenberger, Albert Oelhen... la casa editrice andava bene e spendevo così quello che guadagnavo. Non c’era competizione, i lavori più importanti costavano 20-30mila dollari». Viste le cifre raggiunte, solo un pezzo di Koons basterebbe a mantenere la sua dinastia tra gli allori. «È sempre stato il più costoso. Nel ’91 ho pagato 200mila dollari, una cifra enorme già allora, un Made in Heaven. Un autoritratto gigante con Cicciolina, nudi entrambi». Facevano sesso? «Non in quel momento. Forse un istante dopo», sorride. Ah certo, “quel” quadro: abbiamo letto che lo teneva appeso in ufficio. Come faceva a non farsi distrarre dai conti? «Stava esattamente alle mie spalle», ribatte impassibile. «Quindi a distrarsi erano i miei visitatori».