Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 21 Domenica calendario

PARTE IL RISIKO DELLE COMMISSIONI COSÌ IL PREMIER AVRÀ PIÙ POTERI

Raccontano che ad un seminario del Pd qualche mese fa, Matteo Renzi si sia rivolto con una delle sue battute a Francesco Boccia, «a te va bene perché salta Capezzone!». Risate degli astanti per questa sorta di «stai sereno» rivolto all’ex lettiano. Quello delle presidenze è un risiko complicato, si intreccia con il riassetto delle caselle di governo, con le pretese degli altri tre partiti alleati, Scelta Civica, Area Popolare e i Popolari per l’Italia e con quelle delle correnti del Pd. E però ora va risolto entro una data precisa: mercoledì 1 luglio. Ma quando alle ore tredici le commissioni della Camera saranno riunite per il rinnovo delle cariche dopo due anni di mandato, il puzzle dovrà essere sistemato, anche alla voce «rimpasto». Per Renzi sarà questo il primo passo per ripartire con la fase due avendo stretto i bulloni, mentre la macchina del partito ha bisogno di un check più profondo, dal centro alla periferia, che richiederà più tempo per essere realizzato, non prima di aver deciso bene quale modello perseguire.
La data è il primo luglio, così è scritto nel calendario votato dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, mentre al Senato il nodo sarà sciolto più in là, per motivi di opportunità politica, visto l’ingorgo di votazioni delicate che consigliano di non toccare proprio ora gli equilibri.
Era il 2013, un’era geologica fa politicamente ed ora il giro di boa delle presidenze porterà alla sostituzione di alcuni posti di prima fila in capo a Forza Italia: Francesco Paolo Sisto dovrebbe lasciare la presidenza della commissione Affari Costituzionali, sulla quale nel Pd si gioca un derby tra Emanuele Fiano (in predicato pure per la candidatura a sindaco di Milano nel 2016) e Matteo Richetti, volto noto del renzismo. Mentre l’Ncd ha il nome di Dorina Bianchi che in quel caso lascerebbe il posto di ministro degli Affari regionali a Quagliariello o un altro alfaniano.
Per la Difesa ora in capo a Elio Vito ci sono vari nomi Pd, tra cui il mattarelliano Francesco Paolo Garofani, Gianpiero Scanu e Rosa Calipari. Per la Finanze di Capezzone il derby è tra il veltroniano Marco Causi e la renziana Silvia Fregolent. E poi c’è la Cultura, che fu di Galan, coinvolto nello scandalo Mose ma che per ragioni regolamentari ancora non è stato sostituito. Partita a due tra la vicepresidente Flavia Nardelli Piccoli, figlia di Flaminio e renziana della prima ora e la veltroniana Maria Coscia.
E se queste sono le commissioni di (quasi) sicuro avvicendamento, altre sono in bilico per le beghe interne al Pd, sempre scosso da movimenti carsici. Malgrado sia dato per stabile, la poltrona di Boccia è la più ambita, una carica di grande potere visto che la Bilancio è quella che formula i pareri sulle coperture finanziarie di qualunque testo di legge. E neanche a dirlo, sintonizzandosi sulle frequenze dei piani alti, non mancano gli aspiranti a quel posto: uno è Antonio Misiani, ex tesoriere dell’era Bersani e oggi finito nei «giovani turchi», i lealisti di Orfini.
E non mancano gli aspiranti per la poltrona di presidente della vecchia commissione Industria, oggi Attività produttive, di Guglielmo Epifani: reo di far parte dell’ala bersaniana e dura della minoranza, potrebbe esser sostituito da un altro veltroniano, Andrea Martella. Mentre la carica di vicecapogruppo vicario, ora che Rosato è stato promosso, andrà a Matteo Mauri: capofila della nuova corrente «Sinistra e Cambiamento», i non renziani che hanno votato l’Italicum e che quindi sono in ascesa. Ne fa parte anche Cesare Damiano, che potrebbe passare dalla presidenza della commissione Lavoro alla carica di vice ministro allo Sviluppo Economico al posto di Claudio De Vincenti, nominato sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Ed Enzo Amendola, viceministro degli esteri in pectore al posto di Lapo Pistelli.
Carlo Bertini, La Stampa 21/6/2015