Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 21 Domenica calendario

SALMAN II NUOVO RE DEL PETROLIO

«Un giorno, abbastanza presto, in un modo o nell’altro la famiglia al Saud perderà il potere», scriveva un analista della Cia. Era il 2004: non così tanto presto, evidentemente. Difficile da comprendere come la cremlinologia ai tempi del Politburo, lo studio dell’Arabia Saudita e della sua casa reale è sempre stato una garanzia d’infortuni o semplificazioni. Come quando fu garantito che il petrolio sotto i suoi deserti e i suoi mari, avrebbe reso inarrestabile il processo di secolarizzazione saudita.
Invece l’Arabia Saudita, immutabile ma non così immutabile, è sempre lì. Un paese arcaico che ha istituito i ministeri dell’Economia e delle Comunicazioni solo nel 1951 – cioè 19 anni dopo la fondazione dello stato - e ammesso la televisione nel 1975, sollevando una rivolta popolare: ma che ora sta riconvertendo la sua economia, moltiplicando università e costruendo nuove città. Dopo 82 anni di esistenza il paese è ancora governato dalla seconda generazione, i figli maschi del fondatore Abdelaziz ibn Abd al-Rahman ibn Faysal ibn Turki ibn Abdallah ibn Mohamed ibn Saud. Ma d’improvviso un mese fa, Salman, l’ultimo dei re ottuagenari, ha nominato un nuovo principe ereditario e un vice erede, entrambi della terza generazione: il secondo, Mohamed bin Salman, non ha che una trentina d’anni.
Il cambiamento ha spiazzato anche Eugenio D’Auria. Nonostante il suo libro sull’Arabia Saudita sia freschissimo di stampa, non ha potuto descrivere questo mutamento nella successione, improvviso e rivoluzionario. Nonostante la parola – rivoluzione – sia la meno gradita e usata in questo regno fondamentalista. Veli d’Arabia, il libro di D’Auria appena edito dall’Università Bocconi, è il primo saggio degno di questo nome scritto in italiano. Non è per gli esperti ma volutamente divulgativo per un paese, il nostro, curiosamente distratto riguardo a una potenza economica le cui riserve provate del «dono di Allah», il petrolio, sono di circa 260 miliardi di barili. «Ciò che manca - scrive D’Auria - e di questa lacuna si trova traccia nei ripetuti appelli lanciati da tutti gli ambasciatori italiani a conclusione delle visite di delegazioni politiche ed economiche, è la continuità di azione e di presenza che soltanto un sistema paese pienamente efficace e operativo può garantire». Eugenio D’Auria sa di cosa parla: è stato ambasciatore d’Italia a Riyadh per cinque anni, fino al 2010. Nelle funzioni della sua carica ha sperimentato direttamente le limitazioni causate dall’assenza di questo mitico sistema paese.
L’ignoranza e la distrazione non sono imperdonabili solo per le opportunità economiche che offre il primo produttore mondiale di petrolio, un regno che sul Mar Rosso e nel deserto sta costruendo sei nuove città. Nel caos geopolitico del Medio Oriente, mentre gli Stati Uniti ricalibrano i loro impegni – facendo praticamente un passo indietro – l’Arabia Saudita sta diventando la superpotenza della regione. Nel bene perché finalmente sono gli arabi che prendono in mano la grande parte del loro destino; e nel male perché del caos i sauditi portano gravi responsabilità.
Lo stereotipo più gettonato sull’Arabia Saudita è l’imminenza di una rivoluzione democratica che scardinerà il potere antiquato della casa reale formata da 7mila principi. Di tentativi rivoluzionari ce ne sono stati diversi in questa ottantina d’anni, spesso guidati dall’interno della pletorica famiglia regnante. Ci fu un moto di sinistra, nasseriano, guidato dal «principe rosso» Talal, il padre di al-Waleed, oggi uno degli uomini d’affari più influenti e ricchi del mondo. E un principe ultra religioso guidò la rivolta contro l’inaugurazione della prima tv saudita.
Per lo più, tuttavia, le rivolte del regno non sono democratiche ma reazionarie: rivendicano ancora più Islam e più fondamentalismo. Per questo la monarchia resta l’unico vero elemento di stabilità e, se possibile, di riforme. «I ministeri degli Interni e della Difesa hanno da sempre rappresentato due fra i pilastri di maggior rilievo nella struttura del potere saudita», scrive Eugenio D’Auria. Non a caso anche il principe e il vice principe ereditari sono ministro degli Interni e della Difesa. Petrolio e Finanze sono tradizionalmente affidati ai tecnocrati che non fanno parte della famiglia.
Ugo Tramballi, Domenicale – Il Sole 24 Ore 21/6/2015

Eugenio D’Auria, Veli d’Arabia.Il Regno saudita tra stereotipi e realtà , Università Bocconi Editore, Milano, pagg. 283, € 26,00.