Umberto Bottazzini, Domenicale – Il Sole 24 Ore 21/6/2015, 21 giugno 2015
IL BUON MAESTRO DEI NUMERI
Ha compiuto da poco quarant’anni Guido Castelnuovo quando firma l’ultimo lavoro scritto con Federigo Enriques. Quella lunga nota raccoglie i risultati di una collaborazione che, in poco più di un decennio, ha gettato le basi della moderna teoria delle superfici algebriche e ha imposto i geometri italiani sulla scena matematica internazionale. È il novembre 1892 quando un ventenne Enriques, fresco di laurea alla Normale di Pisa, con una borsa di perfezionamento a Roma si presenta a Castelnuovo che, a soli ventisei anni, ricopre la cattedra di geometria analitica e proiettiva nell’università della capitale. È nato infatti a Venezia nel 1865 in una famiglia della borghesia intellettuale animata da ideali risorgimentali – la nonna materna ha partecipato nel 1849 alla difesa di Venezia, il padre Enrico è autore di novelle e romanzi di successo, che denunciano l’affarismo della nuova e spregiudicata classe dirigente. Dopo la laurea in matematica a Padova, dal 1887 il giovane Guido trascorre quattro anni come assistente a Torino, dove stringe duratura amicizia con Corrado Segre, il professore che gli insegna «la devozione alla scienza e alla scuola». Ma è l’incontro con Enriques a rivelarsi decisivo per entrambi. Castelnuovo si rende conto ben presto che il giovane che ha di fronte è un “mediocre lettore”, e per metterlo al corrente dei risultati più recenti funziona meglio il metodo socratico della conversazione nel corso di «interminabili passeggiate per le vie di Roma». «Non è esagerato affermare che in quelle conversazioni fu costruita la teoria delle superfici algebriche secondo l’indirizzo italiano», ricorderà Castelnuovo. Nel 1896 il loro sodalizio scientifico si salda con i vincoli familiari del matrimonio di Guido con Elbina, sorella di Federigo.
Dieci anni dopo, quando di fatto si conclude la loro collaborazione scientifica, per entrambi inizia una nuova stagione. Mentre Enriques coniuga la ricerca geometrica con un crescente impegno sul terreno della filosofia, Castelnuovo è invece attratto da questioni di carattere didattico. «Ci domandiamo talvolta se il tempo che dedichiamo alle questioni d’insegnamento non sarebbe meglio impiegato nella ricerca scientifica. Ebbene, rispondiamo che è un dovere sociale che ci obbliga a trattare questi problemi» dirà nel 1914 a Parigi, rappresentando l’Italia alla riunione della Commissione internazionale dell’insegnamento matematico. È lo stesso “dovere sociale” che qualche anno prima ha convinto Vito Volterra a creare la Società Italiana per il progresso delle Scienze per soddisfare i «nuovi bisogni dell’umana società». Alla vita di quella Società Castelnuovo partecipa attivamente, e con Volterra egli condivide anche la responsabilità dell’organizzazione del Congresso Internazionale dei Matematici a Roma, che nel 1908 sancisce il prestigio internazionale della comunità matematica italiana. Da parte sua, Castelnuovo redige poi i programmi ministeriali per il liceo moderno, istituito nel 1911 e attuato in via sperimentale, e presiede la Mathesis, la società degli insegnanti di matematica. Nei corsi di Geometria superiore all’università non esita a trattare la teoria della probabilità, «una scienza che va costituendosi» e nel dopoguerra ne fa oggetto del volume Calcolo delle probabilità (1919) per «promuoverne le applicazioni alle scienze fisiche, biologiche e sociali». Coglie la grande portata della rivoluzione einsteiniana, che si impegna a diffondere nel nostro paese con articoli e un gioiello di divulgazione scientifica come Spazio e tempo secondo le vedute di Einstein (1923), e nella Facoltà romana si batte per l’istituzione della prima cattedra di fisica teorica, su cui viene chiamato ad insegnare Enrico Fermi.
Nello stesso anno viene promulgata la riforma Gentile, e Castelnuovo – vicepresidente dell’Accademia dei Lincei presieduta da Volterra – a nome di una Commissione lincea ne redige una ampia relazione critica, che denuncia in particolare «la prevalenza dell’insegnamento filosofico sugli insegnamenti scientifici» nella scuola media. Castelnuovo non è solo un’autorità riconosciuta in geometria, è un intellettuale impegnato nella formazione di una moderna cultura scientifica, la cui opposizione al fascismo diventa pubblica nel 1925 con la firma del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Croce. Negli anni del fascismo, il sabato sera, casa Castelnuovo diventa il ritrovo abituale dei matematici e fisici romani, un cenacolo di discussioni animate da Enriques e Fermi, Pontecorvo, Levi-Civita, talvolta Volterra e Ettore Majorana. La situazione precipita nel settembre 1938: negli stessi giorni in cui appare a stampa il suo volume Le origini del calcolo infinitesimale nell’era moderna vengono promulgati i primi «Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista». Gli ebrei vengono espulsi dalle scuole, dalle università, e dagli istituti di cultura, Castelnuovo, Enriques e gli altri soci ebrei vengono dichiarati decaduti dall’Accademia dei Lincei, di cui viene decretata la fusione con la mussoliniana Accademia d’Italia.
Durante la guerra Castelnuovo riesce a istituire dei “Corsi integrativi di cultura matematica”, una sorta di “università clandestina” per gli studenti ebrei romani che funziona regolarmente fino alla caduta del regime.
Per descriverne le vicende, e chiedere l’ammissione degli studenti alla facoltà di Ingegneria, nel settembre 1943 Castelnuovo scrive una lettera indirizzata al ministro dell’istruzione del governo Badoglio. Ma dopo l’8 settembre quella lettera, racconterà la figlia Emma, «rimase in un cassetto dello scrittoio di mio padre. E si salvò, assieme a tutti i documenti dell’università clandestina, benché, avvertiti da un coraggioso Commissario di Polizia, di una razzia degli ebrei romani programmata per il 16 ottobre da parte delle SS tedesche, avessimo lasciato il nostro appartamento da un giorno all’altro, il 15 ottobre». Miracolosamente sfuggito alla retata nazista, nei lunghi mesi dell’occupazione Castelnuovo (come Enriques, del resto) vive a Roma sotto falso nome. Dopo la liberazione nel giugno 1944 fa pervenire la sua lettera-documento sull’università clandestina a Guido De Ruggiero, esponente del Partito d’Azione e ministro della Pubblica Istruzione del governo Bonomi, per conto del quale Castelnuovo redige un “Progetto di riforma dell’insegnamento secondario” che prevede l’istituzione di una scuola media unica (sarà istituita solo gli anni Sessanta!). Ancora da De Ruggiero viene nominato Commissario straordinario del Cnr per predisporre una relazione sullo stato dell’Ente di ricerca. E infine, membro di un «comitato di anziani lincei», Castelnuovo si fa carico della rinascita dell’Accademia dei Lincei, che viene eletto a presiedere nel dicembre 1946. Nominato nel 1949 Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, nell’aula del senato fa sentire la sua voce in difesa della ricerca scientifica, di cui sottolinea il valore culturale anche nel suo ultimo intervento pubblico pochi mesi prima della morte (29 aprile 1952), il discorso inaugurale da Presidente del comitato esecutivo della Société Européenne de Culture.
Umberto Bottazzini, Domenicale – Il Sole 24 Ore 21/6/2015