Alessandro Longo, Il Sole 24 Ore 21/6/2015, 21 giugno 2015
IL FUTURO È IL MOBILE SEARCH
Questo è, senza dubbio, «un momento molto interessante per il mobile search. L’impegno è al massimo, da parte di big e startup, per migliorare l’esperienza utente e al tempo stesso trovare la via maestra per portare a maturità il business pubblicitario», come dice Jeremy Kressmann, analista di eMarketer. Tutto questo fermento può apparire complicato da discernere, ma si spiega con facilità se si parte dal mercato: «Google è ancora l’attore dominante sulla pubblicità search, ma la sua quota è in calo, man mano che aumenta il peso dei dispositivi smartphone sul mercato internet», aggiunge Kressmann. Per la prima volta in dieci anni, si fa strada l’idea che il gigante non è imbattibile, nemmeno nella sua roccaforte: il search. Già, perché a calare- per colpa degli smartphone e in particolare di Facebook- non è solo la quota di Google sul mercato della pubblicità online. Ma anche la sua quota nel sotto-mercato del mobile search. Dal 68,9% del 2013 al 66,5% del 2015, con una previsione al 2017 pari al 63,2%, secondo eMarketer (mercato Usa). La torta crescerà di molto: dai 4,9 miliardi di dollari del 2013 agli 8,7 del 2014, per salire ai 12,8, 17,8 e 21,7 miliardi nei tre anni successivi.
A guadagnare quote sarà Yelp, un motore verticale su ristoranti e varie attività commerciali. Ma soprattutto crescerà la categoria “altri” (dal 22,4 al 25,4% tra il 2013 e il 2017). Quando un mercato si frammenta, invece di concentrarsi, è segno che c’è grande confusione sotto il cielo. Un caos creativo, che spinge gli attori a trovare soluzioni per conquistare questa nuova prateria. Non bisogna sottovalutare questo aspetto: il mobile search non è un mercato indipendente, ma è correlato a quello pubblicitario del search, dove Google è campione. Tradotto, «Google deve correre adesso, per mettere al riparo la propria dominanza sul mobile search perché ne va in generale della proprio core business sul search in generale», dice Kressmann.
Ora i suoi sforzi sono concentrati sul migliorare l’esperienza di ricerca mobile, rendendola quanto più possibile lineare ed efficace. Significa rispondere all’esigenza dell’utente mobile di avere subito informazioni utili e utilizzabili per azioni pratiche, che sono conseguenza di quella ricerca. Se cerchi un ristorante, ti mostra subito quelli vicini, su una mappa, con il punteggio e l’indicazione se sono aperti o chiusi in quel momento; un clic, per vedere il numero di telefono e chiamare. Google ha intrapreso su desktop search la stessa direzione, che però su mobile è più marcata. Sempre su mobile porta avanti, in primo luogo, la tendenza a integrare diversi servizi all’interno dello stesso motore: come la ricerca dei tweet, da fine maggio. Specifica dei dispositivi mobili è la tecnologia di app indexing (o deep linking), che da fine maggio si applica anche a iOs (prima solo ad Android). La ricerca pesca contenuti e funzioni dalle app installate sul dispositivo. «Lo scopo, con queste integrazioni di verticalità, è migliorare l’efficacia della ricerca per tenere quanto più possibile l’utente legato all’esperienza Google», dice Kressmann. «Nella stessa direzione va il servizio appena svelato da Google, Now on Tap, evoluzione di Google Now», aggiunge. Clicchi sul tasto home e il motore ti dà informazioni correlate al contesto: per esempio la trama di un film citata all’interno di una e-mail appena aperta. E senza che l’utente debba lasciare l’app originaria (l’email, nell’esempio). Lo spirito è sempre quello di dare una esperienza integrata, fluida, superando la tipica frammentazione del mondo mobile.
Ma Google non è solo. A puntare sempre più sul deep linking che anche Bing. Idem Apple, che all’ultima conferenza per gli sviluppatori, a giugno, ha annunciato in iOS 9 il supporto alla ricerca di contenuti all’interno di app. Gli sviluppatori dovranno usare le Api dei diversi attori per rendere le proprie app “linkabili” sui motori di Google, Bing, Apple.
Sul fronte pubblicitario, l’altra battaglia- negli Stati Uniti- è la local search: gli annunci degli esercenti che sono prossimi all’utente. Qui hanno cominciato da poco a sfidarsi, direttamente, Google e Facebook.
Ma di fondo resta una grande incertezza: «non è stata ancora trovata la soluzione pubblicitaria per sfruttare al meglio il canale mobile search. Le novità tecnologiche, come il deep linking, Google Now e la voice search, migliorano la ricerca ma non è chiaro l’impatto diretto che potranno avere sui ricavi pubblicitari», dice Kressmann. Ora il mercato è diviso a metà, per quote di mercato dei formati, tra link pubblicitari e display. Le aziende sembrano al momento più orientate ad aumentare l’efficacia di questi formati che a trovarne nuovi. La prossima sfida è migliorare il targeting: riuscendo a ricondurre a uno stesso profilo (da dare in pasto agli sponsor) tutto quello che l’utente fa su dispositivi diversi (desktop e mobile). Questo è un obiettivo importante in generale per tutta la pubblicità mobile, ma in particolare per quella search. Qui infatti la spesa pubblicitaria si basa sulle parole chiave digitate nella ricerca, le quali dicono però poco sull’utente. Forse il punto di arrivo è proprio questo, per le varie tecnologie in via di sviluppo: fondere meglio l’utente con l’esperienza di ricerca. A vantaggio di tutti.
Alessandro Longo, Il Sole 24 Ore 21/6/2015