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 2015  giugno 21 Domenica calendario

L’AVANZATA DEI PICCOLI GOOGLE

Le consuetudini partoriscono spesso nuovi vocaboli. Parole che nella realtà delle accademie linguistiche non esistono, e che forse non esisteranno mai. Ma c’è anche questo fra i risvolti della rivoluzione digitale degli ultimi anni. Così, cercare informazioni in Rete è già diventato “googlare”, in perfetto slang duepuntozero. Un vezzo etimologico che, a pensarci bene, la dice lunga sulle abitudini del cittadino connesso. E che consacra una leadership troppo evidente per metterla in discussione. Quando dici motore di ricerca, dici Google.
Il colosso di Mountain View, insieme ad Apple e a Facebook, compone il super-tridente californiano. Fatturati da capogiro e miliardi di utenti. Da San Francisco in giù, fino a San José, lungo la costa occidentale degli Stati Uniti d’America, si snoda la Silicon Valley, la valle del silicio, dove il reddito pro-capite è fra i più alti al mondo. Neanche cento chilometri. Edilizia residenziale che si alterna a ville senza prezzo e colline di un verde intenso. Qui i colossi del web hanno già conquistato il mondo.
Bruxelles e 6.288 chilometri più a est, sede del Parlamento Europeo. L’altra parte del mondo. È qui che i giganti americani trovano, da anni, gli scogli più affilati. Ostacoli fatti di sentenze e sanzioni a molti zeri. Chiedere pure a Microsoft che dal 2004 al 2014 è stata multata quattro volte dai giudici europei per un totale di 2,24 miliardi di euro. Le cronache di questi giorni, invece, portano dritte in casa Google. La società di Page e Brin è al centro di un contortissimo procedimento giudiziario che, nelle prossime settimane, potrebbe culminare in una multa da oltre sei miliardi di dollari. Dall’altra parte del tavolo l’Autorità europea garante della concorrenza. A Big G viene contestato un abuso di posizione dominante in fatto di ricerca online. Bruxelles vuole capire come arginare il potere di piattaforme globali che di fatto gestiscono molte informazioni relative ai cittadini europei. E non è propriamente un fatto di privacy, ma di concorrenza. Il commissario europeo Margrethe Vestager è stato molto chiaro: «Obiettivo della Commissione è applicare le norme per garantire che le imprese operanti in Europa non privino i consumatori europei della più ampia scelta possibile o non limitino l’innovazione. Nel caso di Google, sono preoccupata che l’impresa abbia accordato un vantaggio sleale al proprio servizio di acquisti comparativi in violazione delle norme antitrust europee». Frasi che sono arrivate il 15 aprile scorso, dopo un’indagine durata cinque anni. Un’infinità. Ora, però, potremmo essere alla vigilia di una sentenza che entrerà senza alcun dubbio nella storia di internet, se saranno confermate le previsioni. E di certo si tornerà a parlare del sentimento di invidia che l’Europa nutrirebbe nei confronti della Silicon Valley, alimentato da una concorrenza tecnologica inconsistente. Faranno ancora rumore le parole di Obama, secondo cui gli europei reagiscono con tasse e sentenze alla capacità di innovazione dei giganti americani. E Google si difenderà cercando di far crollare l’impianto accusatorio. Su cosa punterà Big G? Difficile prevederlo. Le posizioni ufficiali dicono poco. Ma per Page e soci sarà di primaria importanza portare la discussione sul campo della diversificazione dei motori di ricerca. Già, perché la vera chiave è l’evoluzione che negli ultimi cinque anni ha trasformato il search engine, rendendolo un settore ben più complesso.
Oggi esistono motori di ricerca orizzontali e verticali, e poi esistono le app. I primi sono quelli classici, e qui Google non ha rivali, con numeri molto vicini al 90% e briciole per i concorrenti, da Yahoo a Bing. Poi, però, ci sono app e motori verticali che stanno facendo passi da gigante. E sono di notevole interesse le parole di uno dei boss di Google, Eric Schmidt, che ha individuato in Amazon il competitor numero uno.
Molte ricerche oramai bypassano i motori tradizionali e si fanno direttamente sui siti specializzati. Un hotel lo cerchi su Booking, un rasoio su Amazon, un ristorante su Tripadvisor. Nuovi colossi del web che, nella maggior parte dei casi, dispongono anche di app molto scaricate, che quindi consentono di accedere ai loro servizi senza neanche passare dal browser. I competitor di Google, insomma, non sono più soltanto i motori tradizionali, e nell’impianto difensivo che stanno studiando a Mountain View verrà data grande importanza all’avvento dei motori specifici e della app economy. Settori che, se considerati effettivi concorrenti di Big G, di fatto dimezzano le percentuali dominanti descritte sopra.
Oggi il campo delle ricerche è molto più frammentato rispetto a qualche anno fa, e va analizzato per settori. Dallo shopping online ai viaggi, dalle notizie ai social network. In Francia le ricerche relative ai prodotti da acquistare sono dominate da Amazon e eBay, mentre Google Shopping è al nono posto. In Germania, analizzando il mercato dei viaggi online, il motore di Page si colloca al sedicesimo posto, molto dietro a colossi specializzati come Booking, Trivago, Expedia e Tripadvisor. Dati che Google porterà sul tavolo e difenderà con le unghie.
L’impressione, dunque, è che la decisione dell’Antitrust europeo scatenerà una serie di polemiche, a prescindere da quello che sarà il verdetto. E la complessità del settore non aiuterà a trovare una linea unica e condivisibile. Google ha senza dubbio il dominio del search engine orizzontale. Se il discorso, invece, si allarga alle ricerche specifiche, dai prodotti ai ristoranti e ai viaggi, questo dominio non sembra più così palese. In ballo c’è una multa da 6 miliardi di dollari e i rapporti diplomatici con gli Usa. Mica robetta.
Biagio Simonetta, Il Sole 24 Ore 21/6/2015