Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport 21/6/2015, 21 giugno 2015
IL CAMPIONE SPORCO INCANTA NEW YORK
Lo Yankees Stadium è tutto in piedi, non uno stadio qualunque. Alex Rodriguez ha fatto il giro delle basi, dopo aver sparato «fuoricampo» la sua battuta valida numero 3000. Ha rotto gli indugi al primo turno in pedana, il colpo per cui quasi cinquantamila persone avevano pagato il biglietto venerdì sera. Il tabellone ha fatto lampeggiare quel numero magico, che lo piazza al 29° posto di una lista di giocatori mitici. Nessuno arrivava a quota 3000 dal 2011, quando c’era riuscito il suo ex compagno di squadra, Derek Jeter. Ora quella pallina è in mano a Zack Hample, un fan di 37 anni che non ha nessuna intenzione di restituirla e ha scritto un libro sull’arte di come arpionarle in tribuna: un successo perché a casa ne ha più di 8000.
Poche settimane fa Rodriguez aveva toccato altre pietre miliari di questo sport secolare: più di 2000 punti battuti a casa (2004), sorpassato un altro degli eroi di mazza e guantone, Willy Mays, a 660 fuoricampo (ora è a 667). Per capire, nella storia del baseball con quelle cifre nelle 3 categorie regali sono appena in 2: lui e Hank Aaron. Ma Alex Rodriguez è un campione con la faccia sporca, non un angelo. Negli Usa accanto al suo nome ci sarà per sempre un piccolo asterisco, in verità, una macchia gigantesca: A-Rod si è dopato. E non ha solo barato, in barba a regolamenti fin troppo permissivi, ha ingannato i tifosi con ciò che in America è considerato il peggiore dei crimini: la menzogna.
Quando nel 2007 emersero i primi sospetti su di lui per aver fallito 5 anni prima un test antidoping, andò a difendersi ai microfoni della giornalista Katie Couric e negò ripetutamente di aver fatto uso di anabolizzanti. Nel 2009, però, un articolo di Sports Illustrated portò prove certe e fu allora che per la prima volta venne costretto ad ammettere parte delle sue colpe. Disse: «Fra il 2001 e il 2003 (gli anni in cui ancora non c’erano sanzioni disciplinari, ndr ) ho fatto uso di steroidi perché la pressione era insopportabile. Ma da quando gioco con gli Yankees sono pulito». Stava raccontando l’ennesima bugia. A-Rod non aveva mai smesso di aiutarsi con fiale e siringhe. Era cliente abituale di una clinica a Miami, la Biogenesis of America, che invece di prodotti anti-invecchiamento gli iniettava roba proibita. Nel 2013, venne finalmente punito, una squalifica esemplare: sospeso per 211 partite più eventuali playoff, di cui ne ha scontate 162, l’intera stagione del 2014.
Questo era il campionato del suo ritorno. Gli avevano consigliato di non farlo. Ma è dura rinunciare agli ultimi anni di un contratto da 275 milioni di dollari, che all’epoca della firma, nel 2007, era fra i top in assoluto. Quando si presenta in ritiro senza farsi annunciare, gli Yankees sono in chiaro imbarazzo. Non sanno come gestire quel rientro ingombrante. Quando il 7 maggio sorpassa Mays con il fuoricampo n° 661, lo schermo s’illumina con la cifra storica, che si spegne prima che Alex abbia terminato il giro delle basi. Un affronto. Chiede umilmente il permesso al suo allenatore, Joe Girardi, di uscire dalla panchina per il rituale che si fa in queste occasioni: togliersi il cappellino per rispondere all’applauso del pubblico. E’ l’attimo in cui capisce di aver ricucito con i tifosi. Perché la gente dimentica in fretta e agisce d’istinto. Sui social sono quasi tutti d’accordo: l’importante è che Rodriguez produca e faccia vincere la squadra, tutto il resto è il passato. E Rodriguez produce, il suo unico modo per riscattarsi: inventa prodezze, stavolta autentiche. Statistiche migliori rispetto all’ultimo campionato (2013) prima della squalifica. Lui stesso se ne stupisce: «Un anno fa non avrei mai pensato che giorni così sarebbero tornati». Con gli occhi lucidi, venerdì sera gli è uscita una frase bellissima: «Tremila è un numero magico. Ma sono felice di poter condividere questa gioia con le mie due figlie laggiù in tribuna». Perché era a loro che aveva schioccato una serie di baci durante il giro delle basi. Ora anche la famiglia Steinbrenner, proprietaria degli Yankees, ha rotto gli indugi e twittato: «Congratulazioni Alex per le 3000 valide». Ma l’asterisco non verrà mai cancellato: difficile che lo lasceranno entrare nella Hall of Fame. I dubbi restano e il New York Post non gli fa sconti. In prima pagina scrive: «Mr. 3000». Ma in mezzo agli zeri stampa tre siringhe.