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 2015  giugno 21 Domenica calendario

SUD COREA, IL PAESE DELL’INFANTILISMO

Qui in Corea del Sud le chiamano “tribù canguro”. Un termine tutto sommato indulgente per descrivere quei nuclei familiari dove i figli, per lo più trentenni, dipendono ancora finanziariamente dai propri genitori anziani. In Italia a quella stessa categoria di figli abbiamo affibbiato lo stigma di bamboccioni facendo ricadere su di loro tutta la responsabilità di una vita priva di autonomia. Stando alle ultime statistiche quasi la metà dei coreani ultra-sessantenni convivono con i propri figli, i quali o non riescono a trovare un lavoro o un lavoro ce l’hanno ma i costi del vivere in proprio sono per loro troppo onerosi.
Non è un caso che i giovani coreani anche quando raggiungono una propria indipendenza sono costretti a vivere in angusti monolocali di 15 metri quadri (quando va bene) che però possono costare anche metà di uno stipendio. Apparentemente la Corea è un paese economicamente in salute: continua a crescere con un tasso che sfiora il 3% annuo, numeri stratosferici se paragonati a quelli della nostra penisola dove fino a gennaio di quest’anno si è visto addirittura il segno meno per tre anni consecutivi.
Ma a dispetto di un’economia che cresce la spesa dei consumatori coreani è debole anche perché i salari negli ultimi dieci anni sono cresciuti meno dell’1%. È per questo che le famiglie coreane si sono sempre più indebitate, tanto che lo scorso anno il debito ha raggiunto l’80% del PIL (più delle famiglie americane, che è tutto dire).
LA PIANIFICAZIONE
I bassi salari sono una delle cause che vede l’ascesa della cosiddetta generazione Sampo. Ovvero quei giovani che scelgono di rinunciare a tre cose che fino a una generazione fa erano assolutamente centrali nella vita di un coreano: le relazioni sentimentali, il matrimonio e i figli. Non è un caso che qui come in Giappone il problema delle nascite sia diventato ormai un vero e proprio allarme sociale.
Negli anni ’60 il governo sudcoreano preoccupato da un tasso di crescita della popolazione insostenibile (tra il ’55 e il ’65 la popolazione aumentò addirittura di un terzo) scelse la strada della pianificazione familiare, attraverso un aumento dell’assistenza sanitaria ma anche del controllo delle nascite.
Il concetto da inculcare nei cittadini che uscivano da una guerra devastante (la guerra di Corea si concluse nel 1953 ma lasciò nei decenni successivi pesanti strascichi sulla popolazione) era quello di “famiglia piccola uguale famiglia prospera”.
Ancora vent’anni fa le scelte politiche erano indirizzate non solo a incoraggiare le donne a non partorire più di un unico figlio ma perfino a sottoporsi alla sterilizzazione. Oggi è tutto cambiato.
Anzi esiste il problema opposto. Il dibattito pubblico è infatti concentrato su come risolvere al più presto il problema della denatalità. Se prima potevi entrare in un centro di salute e avere pillole e preservativi gratis oggi il governo incentiva la diffusione dell’inseminazione artificiale, un cambio di rotta a centottanta gradi.
IL WELFARE
In poche parole la popolazione coreana sta invecchiando troppo in fretta. E in questi casi le politiche si riducono a un mero calcolo economico: meno bambini oggi equivale ad avere un numero di contribuenti futuri non in grado di sostenere il peso del welfare generale.
Ma già oggi l’occupazione giovanile ha raggiunto i minimi livelli dall’inizio del secolo, tanto che sono migliaia gli studenti parcheggiati nelle università in attesa di un impiego futuro. La ricerca di un lavoro è sempre più difficile anche perché la competizione è sempre più dura: nonostante la bassa occupazione non ci sono mai stati così tanti giovani coreani laureati. Addirittura due terzi dei coreani tra i 24 e i 34 anni possono vantare il più alto titolo di studio, è la percentuale più alta dei paesi OCSE che ha invece una
media del 40%.
CONFUCIO
L’ossessione coreana per lo studio e la preparazione dei concorsi ha radici storiche. Tutto cominciò nel VII secolo d.c. con la dinastia cinese Tang che introdusse innovazioni a livello istituzionale che dovevano riflettere i principi e le idee confuciane: chiunque intendesse lavorare per l’amministrazione centrale avrebbe dovuto sottoporsi a una severa selezione in base al merito. La Corea non fece che imitare il modello cinese.
Ma c’è chi ipotizza che si sia rotto qualcosa di non più sanabile con questa nuova generazione Sampo che di sposarsi o di avere dei figli non ne vuole proprio sapere. Se infatti i cocci di un vaso con un po’ di pazienza li rimetti insieme, uno spirito tradito come lo risollevi?
IL MIRAGGIO
Per anni ai giovani coreani era stato promesso che sarebbe bastato quel pezzo di carta e tutti i loro desideri, come per magia, si sarebbero realizzati. Ci hanno creduto.
Oggi i giovani coreani sotto i trent’anni cercano lavori qualificati che non esistono e la competizione per quei pochi posti a disposizione diventa feroce, e per i più ha un esito infausto.