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 2015  giugno 20 Sabato calendario

I DOLORI DI WESTMINSTER

Potrebbe essere il tetto a crollare per primo, oppure le fondamenta a cedere, o magari il circuito elettrico antidiluviano a generare un incendio. Per non palare delle quantità di amianto presente nella struttura, di quanto sia vecchio e poco funzionale l’impianto idraulico e di quelle 3mila finestre che non si chiudono bene. Insomma, o si interviene subito o il palazzo di Westminster, sede del parlamento britannico, non sarà lì a fare bella mostra di sé sulla riva del Tamigi ancora per molto tempo. Di quanto il palazzone neogotico di epoca vittoriana sia messo male si parla da tempo, tanto che negli ultimi 5 anni sono stati già fatti molti lavori intensivi che però, secondo il direttore del programma di restauro e rinnovo del Palazzo di Westminster Richard Ware, "sono stati poco più che un rattoppo".
LO STUDIO
«Intervenire subito», secondo un rapporto decisamente allarmistico presentato nei giorni scorsi dai consulenti della Deloitte Real Estate, vuol dire non agire prima del 2020, anche perché per un palazzo che occupa lo stesso spazio di 17 campi di calcio ci vogliono anni e anni di pianificazione preliminare. E entro la metà dell’anno prossimo una commissione parlamentare apposita dovrà prendere decisioni importanti, e non facili. Procedere ad una ristrutturazione così radicale mantenendo le normali attività parlamentari avrebbe costi astronomici, pari a 5,7 miliardi di sterline, che però tra un extra e l’altro arriverebbero più probabilmente a 7,1 miliardi, ossia quasi 10 miliardi di euro. E soprattutto il restauro durerebbe in eterno: 32 anni secondo le stime più caute, per alcuni addirittura 40, ossia un paio di generazioni di muratori e 8 legislature che si svolgerebbero tra disagi continui. L’alternativa più economica, secondo i consulenti, costerebbe invece 4 miliardi di sterline, ossia poco più di 5,5 miliardi di euro, e il cantiere andrebbe avanti per 6 anni. Ma bisognerebbe spostare tutto, deputati e uffici, camera dei Lord e camera dei Comuni, carte e personale, e soprattutto occorrerebbe individuare una sede adeguata, seppur prov visoria. Lo stesso avverrebbe nel caso fosse scelta una delle soluzioni intermedie, secondo cui i deputati dovrebbero trasferirsi a turno in un’altra sede in modo da garantire da una parte la continuità della tradizione e dall’altra permettere la chiusura di alcune parti a rotazione.
risale a Winston Churchill
IL VALORE
Ma dove lo trovano un posto all’altezza di Westminster, «la madre di tutti i parlamenti», un edificio il cui valore simbolico è enorme? Il palazzo è di metà ottocento ed è sorto al posto della struttura originaria, costruito tra il 1097 e il 1099 e bruciata in un incendio. Solo la famosa cattedrale è ancora quella del Medioevo, tanto che alcuni, considerando l’edificio comunque nuovo, suggeriscono di sostituirlo con una bella copia come fatto a Bruges (soluzione comunque più economica) e di non pensarci più. L’ultimo a porsi il problema fu Winston Churchill dopo la seconda guerra mondiale. Fece fare un restauro approfondito, l’ultimo a cui il palazzo è stato sottoposto e dopo 65 anni le condizioni sono talmente pessime che se non si trattasse di uno dei simboli di Londra e di un sito Unesco, gli esperti ammettono che verrebbe abbattuto per ricostruire qualcosa di più moderno e funzionale. Anche perché convincere l’opinione pubblica di una spesa come quella ipotizzata nel rapporto di Deloitte costato a sua volta 2 imponenti milioni di sterline è molto difficile in anni di austerità e tagli. Sebbene il palazzo di Westminster sia molto amato, alcuni, come il professor Matthew Flick dell’università di Sheffield, si sono chiesti se non sia il caso di discutere pubblicamente della questione per decidere se prosciugare o meno le casse dello stato a scapito di fondi da destinare ad obiettivi più immediati e utili. Un problema di cui il primo ministro David Cameron è consapevole, tanto che ha esortato i deputati alla sobrietà nella decisione che prenderanno, dichiarando che «occorre essere efficienti in termini di costi», tanto più che ogni anno questi aumentano di circa 60 milioni di sterline per via dell’inflazione. I deputati per ora si sono mostrati tutt’altro che entusiasti davanti alla prospettiva di un trasloco, ma c’è da credere che dovranno adattarsi, anche se pure tra gli elettori qualcuno è in dubbio. Oltre al doloroso esborso di soldi pubblici, l’idea è che Westminster non sia vecchio solo nella forma, ma anche nel concetto troppo opaco di potere che rappresenta. Con i suoi corridoi, le sue statue e i suoi marmi, i suoi cunicoli e i suoi anfratti, è il contrario della politica come «casa di vetro» che molti vorrebbero.