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 2015  giugno 20 Sabato calendario

MOMENTI EPICI PER SANTORO E LA FINE DEL SUO TALK SHOW POLITICO

Firenze, 18 giugno 2015, data tombale per il talk show politico. «Les Dieux s’en vont, D’Annunzio reste», scriveva Marinetti. Resta chi? Resta da capire chi siano gli dei e cosa faccia Michele Santoro: se ne va, smette, cerca di tornare in Rai?
Nel suo editoriale di apertura (letto fissando il gobbo), Santoro ha rivendicato molte cose: di aver inventato il genere, di aver dato voce alla piazza, di essere stato imitato: «In tanti ci hanno imitati ma non si può imitare l’anima di un programma. Noi siamo Libero Grassi. Siamo noi Buscetta, siamo noi Spatuzza, siamo noi Patrizia D’Addario…».
È evidente che Santoro sta vivendo un momento di crisi: la sua tv ha sempre bisogno di un nemico contro cui accanirsi (e Berlusconi gli ha assicurato anni e anni di prosperità), ma ora Renzi è un bersaglio mobile. Fingendo un addio, Santoro ha provato a riposizionarsi: la serata di «Rosso di sera» è stata, prima di tutto, un’esibizione di forza contro Renzi, sospesa tra le indignate lagnanze e il cabaret, tra le starlet di «Bella ciao» e l’eterno scontento della piazza (La7, giovedì, 21.10).
La tv è affollata di talk politici e, paradossalmente, la lezione santoriana ha fatto adepti più a destra che a sinistra, a cominciare in maniera smaccata da Gianluigi Paragone per finire a Paolo Del Debbio. Avrebbe dovuto dire: «Noi siamo Paragone, noi siamo Giordano, noi siamo…». C’è un legge fatale che fa sempre prevalere un male nuovo su bene vecchio.
Momenti epici: Monica Guerritore canta «Quelle come me», poesia di Alda Merini, Sabrina Ferilli legge un testo contro i politici corrotti («Quando Michele mi ha chiesto di portare qualcosa di rosso, io ho portato me»), Alba Parietti parla del papà partigiano («Mi chiamo Alba perché Alba è stata la prima città liberata dal nazifascismo»). Oh, ma queste tricoteuses del rosso di sera, a parte qualche peccatuccio di gioventù, avessero mai sposato un contadino, un operaio, un cassintegrato!