Leonard Berberi, Corriere della Sera 20/6/2015, 20 giugno 2015
AMORE IN 500 MODI
L’ amica, eterosessuale, fa un gran uso di Tinder. In metropolitana. A lavoro. Durante le vacanze.
Cerca addirittura di convincere la sua «comitiva» a scaricare questa app per rimorchiare. E il momento migliore, suggerisce, inizia al calar del sole, quando i profili «spuntano come funghi» e sono molto vicini. Così è tutto un far scivolare il pollice a destra (piace) o a sinistra (non piace) sulle foto. Tutto un «Ciao, ti va di incontrarci?».
Mentre quello che si vede del tizio formato pixel è lui con un animale, lui con un bimbo (il figlio? Il nipote? Un minore rapito?), lui con un amico — e non capisci chi sia la persona che sta scrivendo, quello a destra o quello a sinistra —, lui che usa lo specchio della palestra per farsi il selfie in modalità triplo salto carpiato con doppio avvitamento. Un altro amico, gay, usa Grindr proprio come fa con Facebook. Ogni cinque minuti. Ma quando è in pubblico si mette sempre nella stessa posa che noi — compagni cinici — abbiamo battezzato «modalità Grindr», dal nome dell’applicazione per gli omosessuali: spalle al muro perché nessuno osservi dal retro, sguardo che saltella tra il telefonino e l’ambiente intorno per evitare che ignoti sbircino, un continuo agitar di dita sullo schermo. Il tutto con un volto che sembra quello di uno impegnato a risolvere chissà quale crisi internazionale. E invece no, è lì, a leggersi i messaggi — ai quali, precisa, non risponde mai — di «Riservato», anni 27, 430 metri più in là, che di riservato non ha nulla visto che come profilo ha un volto. «Non mi fido di questo qui: il viso non è il suo», dice. E intanto avvia Hornet, uguale a Grindr, ma che — spiega — «ha il vantaggio di farti vedere, in ogni angolo del mondo, quanti sono i gay che hanno scaricato l’applicazione». Basta inserire la località. Funziona? Sembra di sì. In Siria, per esempio, se ne trovano solo a Damasco. Deserto totale in Corea del Nord. Dove il più «vicino» è dalle parti di Seul. In Corea del Sud.
Tinder, Grindr, OkCupid, Hornet, Pure, Scruff, Match.com, At first sight, Grouper, Lulu, CheckHimOut, Bumble, Hinge, Tastebuds, Coffee Meets Bagel, Loveflutter, Hitch, How about we, Down, Plenty of fish, Happn. Di app per rimorchiare ce ne sono ormai più di 500: sfruttano il Gps del telefonino e indicano quante persone ci sono nei paraggi con cui si può prendere — tanto per iniziare — un caffè o una birra. Poi, chissà. Diciamo che, di solito, il passaggio suc- cessivo non è la lettura della «Divina Commedia». O una riflessione sul pensiero di Kant e Nietzsche. Se ieri era una realtà di nicchia, oggi è un dato di fatto. Soprattutto nelle grandi città. Le app per incontrarsi sono sugli smartphone di molti. Magari usate poco o consultate solo per curiosità.
Però ci sono. Il sintomo di una lenta e silenziosa rivoluzione sessuale che non scende per strada, non inventa (e urla) slogan e ha un ciclo di vita che di solito non supera la notte. E se fino a pochi mesi fa la scelta era semplice, oggi è diventato tutto più complicato. Così a volte si finisce per installare programmini incomprensibili, inutili o, addirittura, con personaggi poco raccomandabili. Per questo, forse, è venuto il momento di seguire alcune regole. Eccolo, un (primo) decalogo per il «rimorchio digitale». 1) Leggerezza. Queste app accentuano il cinismo. Esasperano la selezione estetica. Se dall’altra parte non rispondono non prendetevela. La vita (vera) è ancora fuori dallo smartphone. 2) Non date l’indirizzo di casa. Restate sul vago, ma senza esagerare: il Gps può essere un «nemico». 3) Trasformatevi in 007. Incrociate le informazioni della persona con Instagram e Twitter, Fa- cebook e LinkedIn. Scandagliate Google Imma- gini. Dove, inserendo la foto di lei — o di lui — potete controllare se esiste davvero. Se si chiama così. Se ha una doppia vita. 4) Trovate le incongruenze: se il profilo dice di essere nella vostra stessa città, ma l’app lo colloca a cento chilometri o è rotto il Gps o è una bugia. Di solito è vera la seconda. 5) Telefonatevi prima. Il tono di voce, dall’altra parte, rivela molto. 6) Datevi appuntamento all’aperto e in un luogo affollato. Non si sa mai. 7) Muovetevi per conto vostro: in auto, in taxi, in autobus. Non fatevi accompagnare dal profilo. 8) Dite a una persona di cui vi fidate dove state andando. Meglio non essere proprio «soli».
9) Seguite il vostro istinto. È il più grande alleato. Non sbaglia mai. O quasi. 10) Non usate le app per «incastrare» i vostri amici. Magari per scoprire se tradisce la fidanzata (o il fidanzato). O, peggio, per scoprire se è gay e non lo vuole dire a nessuno. Se poi proprio intendete farlo dovete sopportare le conseguenze.
Indietro non si torna.