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 2015  giugno 21 Domenica calendario

LE MANI DI RENZI SULLA CDP PER AVERE UN PUNTO DI PIL IN PIÙ

La verità è che il premier non ha un piano preciso, non sa ancora bene cosa fare con la Cassa Depositi e Prestiti”. È questo lo stato dell’arte che fonti di Palazzo Chigi affidano al Fatto: il ribaltone alla guida dell’ultimo pezzo di economia para-statale ha preso piede col siluramento del presidente Franco Bassanini (al suo posto arriva l’ex banchiere Claudio Costamagna), mentre l’ad Giovanni Gorno Tempini lascerà a breve.
Qualche idea sul tavolo c’è, ma la partita è complessa. L’unica certezza, spiega chi è vicino al dossier, è che Renzi, in un momento di difficoltà del governo, ha optato per lo spartito conosciuto: la rottamazione. Funzionale a un progetto: “Sostenere la crescita del Pil di almeno un punto nel 2015”, consapevole che lo 0,7 messo nel Documento di economia e finanza è già un obiettivo fuori portata.
L’equivoco più grande è sul futuro di Bassanini. Venerdì il premier lo ha “dimissionato” con un comunicato che ha creato non pochi fraintendimenti.
Nel testo si spiegava che l’ormai ex presidente della Cdp approderà a Palazzo Chigi come consigliere “continuando a dare il suo contributo alla realizzazione del Piano Banda Ultralarga”. Bassanini, però, è in conflitto d’interessi perché è presidente di Metroweb, società della galassia Cdp che si occupa di banda larga: un ruolo senza deleghe operative e che spetta all’azionista di minoranza (cioè il Fondo strategico italiano, controllato dalla Cassa). L’incarico scadrà a marzo 216 e una riconferma appare difficile. Tradotto: il premier ha scelto di evitare lo strappo, garantendogli l’onore delle armi e un ruolo indefinito. Sotto traccia si lavora piuttosto alla sua nomina a giudice della Consulta (ma serve l’ok dei due terzi del Parlamento).
Ad accelerare la caduta di Bassanini sono state le mosse di Andrea Guerra, l’ex ad di Luxottica e super-consigliere di Renzi. Gli attriti si sono susseguiti. In primis, il futuro di Telecom. Bassanini ha tentanto di piegare il gruppo telefonico a un’alleanza con Metroweb – prima ancora che ci fosse un piano industriale e con un attivismo che ha indispettito Guerra – spingendosi perfino a mettere in dubbio il valore della rete che Telecom scrive a bilancio, scatenando l’ira del gruppo guidato da Giuseppe Recchi.
Chi è vicino al dossier spiega che al centro di tutto c’è però la ridefinizione del campo d’azione di Cdp: attraverso il ricambio del management si tenta di rendere più stringente il rapporto tra politica industriale del governo e Cassa. Il primo passo è stato l’ingresso nel fondo di “turnaround”, il cosiddetto “salva imprese”, che nei piani del governo dovrebbe servire a investire nelle imprese in temporanea difficoltà, come l’Ilva.
Per statuto, Cdp non poteva intervenire nelle imprese che vanno male e su questo è arrivato l’altro attrito Bassanini-Guerra. Nei mesi scorsi il governo ha provato a spingere Cassa depositi a entrare direttamente nel capitale di Ilva, alla stregua di un fondo di private equity, ricevendo un no secco: sarebbero scattate le sanzioni Ue per aiuto di Stato. Qui è intervenuto il Fondo salva imprese. L’ad Gorno Tempini ha chiesto e ottenuto uno schema che lasciasse più spazio nella governance ai privati, con la Cassa pronta a sborsare fino a mezzo miliardo sotto forma di prestito (e remunerati a un tasso basso). Cifra insufficiente per il governo, che all’orizzonte non ha solo l’Ilva, ma diverse operazioni. I nuovi vertici (per il ruolo di ad è stato precettato Fabio Gallia) sono considerati più disponibili. Gli obiettivi ambiziosi. Valgono un punto di Pil.
Carlo Di Foggia, il Fatto Quotidiano 21/6/2015