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 2015  giugno 21 Domenica calendario

LE TURBOLENZE IN BORSA E GLI SPREAD AI MASSIMI SONO LE ARMI DECISIVE DELLA BATTAGLIA FINALE

Per la Grecia, siamo alla stretta finale. Domani, vertice straordinario; giovedì altro vertice per permetterle di rimborsare un prestito del Fondo Monetario il 30 giugno. Se salta anche questa scadenza, non si va oltre il 20 luglio, quando scadono 3,5 miliardi di crediti della Bce che, in caso di mancato rimborso, non potrebbe più mantenere in vita le banche greche, innescando l’uscita della Grecia dall’euro.
I mercati non sembrano scossi dall’incertezza: le borse europee hanno perso più delle altre, ma dopo un primo trimestre di rialzi record; gli spread dei titoli di stato nell’Eurozona sono rimasti praticamente invariati; e l’euro si è addirittura rafforzato. La calma è frutto della convinzione che questa settimana, o comunque prima del 20 luglio, verrà trovato un accordo, perché un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe la peggiore alternativa per tutti. Se non fosse per ragioni politiche, l’accordo ci sarebbe già. Come sintetizzato dal capo economista del Fmi: i creditori prendono atto che la Grecia ha già fatto un grande sforzo per aggiustare i conti pubblici e riducono l’avanzo primario richiesto dal 3% all’1% per quest’anno, dal 4,5% al 3,5% quello a medio termine, oltre a concedere un anno in più per raggiungerlo. Inoltre accettano di allungare le scadenze e ridurre gli interessi del debito greco verso Stati e istituzioni internazionali. In cambio chiedono almeno la riduzione della spesa pensionistica. Il 75% della spesa pubblica va in stipendi e pensioni. Il rimanente 25% è stato ridotto all’osso, ma il sistema pensionistico rimane tra i più costosi in Europa (16% del Pil) e tra i meno sostenibili (solo il 38% è finanziato da contributi sociali). Lo scontro è tutto qui: per la Grecia ogni riduzione della spesa sociale è fuori discussione, e offre in cambio solo aumenti di imposte. Ma per i creditori ogni obiettivo è irrealizzabile se non si tocca la spesa; e aumentare solo le imposte significa ammazzare la crescita, rendendo il debito ancora meno sostenibile.
Per Tsipras, un taglio delle pensioni sarebbe un suicidio politico. A parti invertite, lo stesso vale per la Merkel: accettare un piano di salvataggio senza tagli a una spesa pubblica insostenibile, sarebbe politicamente inaccettabile a casa sua, e le impedirebbe di pretendere il rispetto dei vincoli di bilancio in Eurolandia.
Ma per superare queste barriere politiche non servono argomentazioni tecniche. Ecco perché penso che entrambe le parti in causa puntino sul mercato per costringere l’altro all’accordo ai propri termini. Tsipras avrebbe tutto da guadagnare se la crisi greca provocasse una caduta dei mercati: due settimane di crolli delle Borse e lo spread italiano a 250 punti, all’inizio di una ripresa attesa da cinque anni, sarebbero un’ottima giustificazione per concedere un accordo favorevole alla Grecia.
Tsipras ci conta: non si spiegherebbe altrimenti l’inconcludenza nella trattativa e la retorica usata. Non sarei sorpreso, dunque, se facesse saltare i vertici di settimana prossima e il pagamento al Fmi del 30, innescando un possibile shock per i mercati. Guadagnerebbe potere negoziale: per un accordo c’è tempo fino al 20 luglio. Anche i creditori però possono avere il mercato dalla loro parte se, in mancanza di un accordo lunedì, la corsa agli sportelli e la fuga dei capitali in Grecia diventassero un fiume in piena. Di fronte al panico dei depositanti, non c’è governo che tenga.
I creditori hanno anche l’arma risolutiva della Bce, che tiene in vita le banche greche con 100 miliardi di finanziamenti a fronte di 140 miliardi di depositi dei residenti; e ammette che il 50% dei loro patrimoni sia costituito da DTA, ovvero minori tasse (che il Governo potrebbe non avere i soldi per concederle) sugli utili futuri (incerti). Se la Bce stacca la spina, il sistema bancario crolla, e la Grecia è costretta a uscire dall’euro. L’euro però non sarebbe più irreversibile: un costo enorme non solo per la Grecia, ma per l’Eurozona intera. Un’arma atomica, dunque: deterrente sì, usarla mai.
Qualunque sia lo scenario per la prossime settimane, una cosa è certa: gli investitori in media stanno sottostimando la volatilità dei mercati a cui andiamo incontro, proprio perché questa è diventata strumentale al raggiungimento di un accordo. Sarò felice di essermi sbagliato.
Alessandro Penati, la Repubblica 21/6/2015