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 2015  giugno 22 Lunedì calendario

Dire che la Lega Nord è diventato un partito monotematico è un’esagerazione ma sicuramente il tema dell’immigrazione ha un ruolo centrale nella propaganda politica

Dire che la Lega Nord è diventato un partito monotematico è un’esagerazione ma sicuramente il tema dell’immigrazione ha un ruolo centrale nella propaganda politica. Le T-shirt con la ruspa – simbolo della demolizione dei campi rom – erano le più ricercate ieri a Pontida e lo stesso Salvini l’ha indossata per il suo comizio finale. L’immigrazione è un tema sentito sia dall’elettorato tradizionale del Carroccio sia dai transfughi di Forza Italia e si presta a colpire il governo di Matteo Renzi accusato dai leghisti di «ospitare i clandestini negli hotel a cinque stelle» oppure di pagar loro «la casa, le sigarette e la ricarica telefonica». Ma siccome l’ambizione dichiarata di Salvini è quella di superare il perimetro del partito identitario e di arrivare a comporre una maggioranza politica del 51% bisogna andare «oltre la ruspa» e in tempi non biblici. Per questo motivo la parola «programma» è diventata centrale in questi ultimi giorni e segnala un tentativo del gruppo dirigente leghista di articolare una proposta attraente per l’elettorato moderato di centrodestra. Perché con una propaganda monotematica si può anche conquistare un grande Comune ma non Palazzo Chigi. Tra il dire e il fare c’è di mezzo un’elaborazione compiuta che dal palco di Pontida ancora non si è vista. Prendiamo la politica estera. Salvini ha usato lo stesso aggettivo («criminale») per definire sia l’Unione Europea sia la Nato schiacciandosi così sulla posizione di Vladimir Putin. Ma una cosa è criticare l’embargo economico che penalizza le piccole e medie imprese del Nord, altro è indicare un orizzonte strategico in cui l’Italia si troverebbe ad essere un alleato di Mosca. È vero che Salvini ha temperato quest’impressione elencando una sorta di Pantheon degli uomini di governo che lui stima (oltre Putin anche l’inglese Cameron e l’ungherese Orban) ma quest’asse preferenziale da solo non è certo sufficiente a identificare una politica estera e delle alleanze credibile. Quanti ai destini dell’euro il leader del Carroccio ieri ha ribadito la sua critica feroce alla moneta unica ma non ne ha tratto, almeno dal palco di Pontida, tutte le conseguenze chiedendo l’uscita dell’Italia. Il tema sarà sicuramente materia per la commissione incaricata di redigere il programma che sarà coordinata dal giurista ex finiano Giuseppe Valditara. Gli economisti più vicini a Salvini ovvero Alberto Bagnai e Claudio Borghi sono impegnatissimi – anche su Twitter – a sostenere la separazione dall’euro e il tema era stato al centro di un botta e risposta televisivo tra lo stesso leader e Luigi Abete, che lo aveva incalzato sostenendo l’impraticabilità di un’Italexit. La domanda che si pone è molto semplice: posto che la Lega sia schieratissima per uscire dall’euro le componenti più moderate di un’ipotetica coalizione di centrodestra saranno disposte a sottoscrivere una posizione così radicale? Un’istanza che si presta, invece, a fare da ponte con il centrodestra perché privilegia l’abbattimento della pressione fiscale è quella della flat tax. Elaborata dal responsabile economico di «Noi con Salvini», Armando Siri, l’idea è diventata dal 12 giugno una proposta di legge depositata a Montecitorio con primo firmatario il capogruppo Massimiliano Fedriga. Si ipotizza un’unica aliquota al 15% e una modulazione delle deduzioni per rispettare il dettato costituzionale della progressività dell’imposta. Il costo della sua introduzione è stimato dagli stessi firmatari in 40 miliardi annui che verrebbero coperti in parte da entrate una tantum e in parte strutturali. Le voci sulle quali Siri e Fedriga fanno conto partono dalla tassazione di attività sommerse, dal recupero di crediti incagliati e da un maggior gettito dovuto all’incremento dei consumi. È chiaro che la flat tax è di per sé una parola d’ordine accattivante e sicuramente piace all’elettorato berlusconiano ma le coperture, per come sono state finora ipotizzate, saranno oggetto di una fuoco di fila a Roma come a Bruxelles. Ed è singolare che ieri Umberto Bossi intervenendo a Pontida abbia criticato la proposta grillina del reddito di cittadinanza ricorrendo proprio all’argomento delle coperture fantomatiche («dove li trovano i 17 miliardi necessari?»).