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 2015  giugno 21 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - SALVINI A PONTIDA


PONTIDA - Era pieno, il pratone di Pontida. Immigrazione e disoccupazione, i due temi più ’caldi’ fra quelli citati. Diversi ’vaffa’ verso i clandestini scanditi dalla gente. Che non ha risparmiato neanche Matteo Renzi e il presidente della Camera, Laura Boldrini.

Matteo Salvini ha riunito i suoi nel tradizionale raduno della Lega Nord il giorno dopo lo scontro con il vecchio leader Umberto Bossi. Una ruspa sul pratone dove il Carroccio da 15 anni celebra la sua riunione più importante. Quest’anno, in omaggio alla nuova linea nazionale voluta da Salvini, erano presenti a Pontida anche molte delegazioni di leghisti del Sud. "Ho portato il partito dal 4 al 14 per cento - ha detto il segretario - qualche voto l’ho preso". Con lui, la figlioletta Mirta, indossava la maglietta ’Ruspe in movimento’, la t-shirt realizzata dai Giovani padani dopo che il segretario federale della Lega Nord evocò la ruspa contro i campi rom. Si poteva comprare nei gazebo allestiti sul ’sacro prato’.
E, a proposito della ruspa, Salvini ha detto: "La ruspa fa giustizia di tanti errori. La ruspa la uso per Renzi non per qualcun altro. La ruspa la usiamo per far ripartire il lavoro. Prima mandiamo a casa Renzi e poi sgombriamo i campi rom". "L’anno scorso eravamo qui per ricostruire e ripartire. Quest’anno siamo ripartiti e siamo qui per vincere. Non mi interessano alleanze partitiche ma parlare a quel 50 per cento di italiani che non votano e non ci credono più". E quando gli hanno chiesto se per andare al governo sia necessario abbassare i toni, ha replicato: "Non dirò più vaffanculo".
Cornamuse ad annunciarlo, Salvini è arrivato sul palco circondato da bambini, a simboleggiare il futuro. C’erano bandiere, e il discorso è stato ricco di citazioni. A partire da San Francesco. Il suo è stato un inno "alla normalità". In un Paese normale, ha detto Salvini all’inizio di ogni frase. Prima di spiegare il programma che la sua Lega rappresenta.
L’Europa. "Noi cambieremo questo Paese, partendo dalla cose possibili e cambiando anche l’Europa che è un Unione sovietica criminale, che vuole ammazzare le diversità. Ma noi la cambieremo. Andando contro corrente se serve".
Unioni civili. "Il matrimonio si fa tra uomo e donna e i bimbi vengono adottati dalla mamma e dal papà, da questo non si scappa. E se dalle parti del partito democratico dicono che è un concetto medioveale, allora viva il medioevo. Invidio gli inglesi che non hanno Renzi ma Cameron, invidio i russi che hanno Putin, io invidio le persone normali".
La storia e il Papa. "Stringete la mano a chi avete a destra e sinistra e magari non conoscete, perché qui oggi si fa la storia". E ancora. "Scambiatevi i numeri di telefono. Dobbiamo andare via di qua, da questo prato, con un patto di sangue. Voi militanti della Lega. Finché non vinceremo, andremo avanti fino alla morte". Per poi proseguire urlando sopra la musica epica che usciva dagli altoparlanti: "Mi fa piacere che papa Francesco a Torino abbia trovato il tempo per incontrare i rom e sono sicuro che avrà incontrato anche i torinesi esodati". "Non mi permetto di attaccare il Papa, io sono l’ultimo dei buoni cristiani, ma rispetto chiama rispetto".
I punti della normalità. "Via la legge Fornero che è infame. Via gli studi di settore, il primo ladro in Italia è lo Stato. Via l’Imu su capannoni, su prima casa e negozi sfitti, non siamo a Cuba".
Scuola, polizia e servizio civile. "Asili nido gratuiti, per aiutare mamma e papà". Il programma di Salvini è volato sui temi più sentiti. "Penso agli infermieri che devono scappare all’estero. Sono i migliori al mondo e devono lavorare in Italia, e questo vale per i commercianti, i vigili del fuoco, per le forze dell’ordine. In un Paese normale polizia e carabinieri potranno tornare a fare polizia e carabinieri. Senza timore di essere denunciati dal primo spacciatore di turno, perché noi stiamo con le guardie non con i delinquenti. In un Paese normale non chiami buona scuola una porcheria immonda. In un Paese normale viene reintrodotto un anno di servizio civile obbligatorio, per insegnare il rispetto. Bruciare le macchine non è rivoluzione è un atto da poveri disgraziati. In un Paese normale ci si occupa dei disabili veri. Trovando i truffatori e i medici corrotti".
L’ambiente. "No ad ogni nuova colata di cemento, ma anche no agli ambientalisti idioti di città, che non toccano gli alberelli ma poi lasciano esondare i fiumi".
I musicisti. "Ringrazio quelli che non sono ipocriti, che sanno che non è necessario essere compagni per fare bene, come Jovanotti, come Celentano. Volete che abbia tempo da perdere per Fedez? Ghela fù no". Gratidudine: "Voglio ringraziare quegli intellettuali e quei giornalisti che ci stanno seguendo ed aiutando con un contributo di idee e magari di critiche costruttive, anche se non sono leghisti e magari non voteranno mai la Lega, penso ai Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Fini, Vittorio Feltri e altri".
Pontida, la lista di Salvini: buoni Celentano e Jovanotti, cattivo Fedez
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"Io, Salvini". "Sono una persona normale. Io da solo non vado da nessuna parte. Se sbaglio mi correggerete, perché io ho tanti difetti. Non ho paura di confrontarmi con chi è migliore di me. L’avversario di Renzi non sono io, ma lui stesso. La sua boria, la sua incapacità di scegliere le persone giuste ma di preferire le mediocri".
Salvini cita Wojtyla: "Se sbaglio mi correggerete"
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La Lega. "Noi non cambiamo, la Lega è una comunità di uomini e donne, ricchi, poveri, pensionati, giovani, professionisti e agricoltori. E’ un’anima, un’idea con la quale sono cresciuto e morirò. Speriamo il più tardi possibile. Perché ora non esistono più destra e sinistra ma produttori e parassiti, e noi stiamo coi produttori".
Lega, gente di Pontida: ecco i volti del raduno
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Questa volta però, a Pontida, la novità era l’attacco diretto del Senatur alla linea politica del giovane segretario. "Se la Lega diventa nazionale - ha detto Umberto Bossi -, Salvini resterà solo". Perché "La Lega non ha bisogno di allearsi". Un’eventuale alleanza è possibile solo con chi "è ragionevole" e "con chi capisce che il Nord non può essere schiavo dello Stato italiano, che non è mai uscito dallo Stato fascista", ha affermato il senatur.
Contro la visione di una Lega italiana, nazionale, anche Roberto Calderoli. "Mi taglio una mano piuttosto che firmare uno statuto centralista o nazionale" ha detto il responsabile organizzativo della Lega Nord, parlando del nuovo statuto del Carroccio approvato ieri. "Il simbolo resta il nostro", ha assicurato, "la Lega ha sempre una finalità, l’indipendenza della Padania". Poi un commento sulla ruspa, "la usiamo" ha detto Calderoli, "non per fare muri ma un ponte, a senso unico, per farli tornare a casa. Se anche la Boldrini ne vuole approfittare un cammello ad accoglierli sulla riva lo troveranno sempre".
Salvini rottama Bossi: a Pontida la vera star è la ruspa
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Oltre la mano di Calderoli, sul palco di Pontida anche il corpo del governatore lombardo Roberto Maroni: "A Roma qualcuno pensa di chiudere i campi nomadi e di metterli nelle case popolari. Caro Alfano, cari governanti, sappiate che se pensate una cosa del genere noi non lo permetteremo" e per farlo "dovrete passare sul mio corpo".
Il tema dell’immigrazione. Oggi a Pontida tutto è ruotato intorno ai barconi. Al governo che ci chiede di accogliere immigrati "noi diciamo che il Veneto ha già dato, sa che ha una popolazione dell’11 per cento di immigrati sul territorio" ha detto Luca Zaia, intervenendo dal palco del raduno. "Caro governo, ti diciamo che noi veneti conosciamo la solidarietà e l’immigrazione: ci sono più veneti in giro per il mondo che in Veneto ma non siamo andati a riempire le galere in giro per il mondo", ha proseguito il governatore veneto. "A un bimbo che scappa dalla morte, guerra e dalla fame non diciamo di no, ma un sì senza se e senza", ha affermato Zaia, ma il governo non ci può chiedere di accogliere immigrati di cui "due su tre non c’entrano niente con i profughi".

PAGNONCELLI STAMATTIA SUL CORRIERE
Ai risultati delle recenti elezioni regionali e comunali è stato attribuito un significato «nazionale», nonostante abbiano coinvolto meno della metà del corpo elettorale. È una tendenza comprensibile ma che porta spesso ad analisi inappropriate, anche in considerazione dell’elevato tasso di astensione che si è verificato e che difficilmente potrebbe confermarsi in occasione di elezioni legislative.
Il sondaggio odierno intende fotografare gli orientamenti di voto degli elettori nel caso di elezioni politiche con la nuova legge elettorale, l’Italicum. Ancora una volta è opportuno sottolineare che si tratta di una fotografia istantanea che misura lo stato di salute dei partiti e non la previsione di quanto potrà avvenire quando si terranno le elezioni, nel 2018 o prima.
Alla luce delle intenzioni di voto abbiamo testato le preferenze degli elettori al secondo turno che prevede il ballottaggio tra le prime due forze in campo se nessuna, come accadrebbe oggi, supera quota 40% dei consensi. Al momento si tratta di Partito democratico e Movimento 5 Stelle e il primo si affermerebbe di misura: 51,2% a 48,8%. È interessante osservare il comportamento degli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio. Oltre la metà dei leghisti (55%) voterebbe per il movimento di Grillo, il 37% sarebbe propenso ad astenersi e l’8% sceglierebbe il Pd. Diverso il comportamento degli elettori di Forza Italia, il 60% dei quali si asterrebbe, uno su quattro voterebbe per il M5S e il 15% per il Pd. Sembrano davvero lontani i tempi in cui, grazie anche al patto del Nazareno, i berlusconiani risultavano attratti da Renzi. L’elettorato di sinistra si divide quasi a metà: 50% per il Pd e 45% per il M5S; Area popolare per il 70% voterebbe per il Pd mentre Fratelli d’Italia si dividerebbe tra il M5S (50%) e l’astensione (42%). Da ultimo, gli indecise e astensionisti al primo turno si riducono e propenderebbero in misura leggermente superiore per il movimento di Grillo (23%) rispetto al Pd (20%).
Rispetto all’attuale composizione della Camera dei deputati il Pd grazie al premio di maggioranza aumenterebbe i propri seggi, come pure il M5S, la Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario si ridurrebbe il numero di deputati di Forza Italia, di Area popolare e della lista di sinistra (raffrontata a Sel).
Ma cosa potrebbe succedere se al ballottaggio il Pd incontrasse la Lega o il centrodestra unito in una sola lista? Si tratta di due simulazioni del tutto ipotetiche, dato che al momento la distanza della Lega dal M5S è ragguardevole e il progetto di un’alleanza di tutte le formazioni di destra e centrodestra stenta a decollare.
Nel primo caso il Pd si affermerebbe in misura molto netta sulla Lega: 61,5% contro 38,5%. I grillini opterebbero, nell’ordine, per l’astensione (42%), Lega (33%) e Pd (25%); gli elettori di Forza Italia voterebbero prevalentemente, ma non in modo compatto, per la Lega (60%), come pure gli elettori di Fratelli d’Italia (68%), mentre quelli di sinistra e di Area popolare — i primi prevedibilmente, i secondi un po’ meno — propenderebbero in misura massiccia per il Pd (rispettivamente 95% e 75%).
Nel secondo caso il centrodestra risulterebbe vincente sul Pd 53,5% a 46,5%, in virtù di un voto molto coeso (tra l’85 e il 95%) degli elettori di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario i sostenitori di Area popolare voterebbero più per il Pd (60%) che per il centrodestra unito (35%). Anche in questo caso la maggioranza dei grillini (55%) si asterrebbe mentre gli altri privilegerebbero sia pure di poco il Pd (25%) sul centrodestra (20%).
Riassumendo: al ballottaggio il Pd si affermerebbe di misura sul M5S, in modo largo sulla Lega Nord e perderebbe contro il centrodestra unito in un’unica lista.
Le ipotesi sul possibile ballottaggio dipendono dalle ultime intenzioni di voto. Iniziamo dalla partecipazione: la quota di astensionisti ed indecisi si attesta al 35,5% e lascia presagire una crescita dell’astensione rispetto alle Politiche del 2013 (è stata pari al 27,5%, considerando anche le schede bianche e nulle), ma più contenuta rispetto alle Europee del 2014 (44,4%).
Quanto ai partiti, rispetto ai mesi scorsi lo scenario che emerge non presenta novità nella graduatoria ma fa registrare cambiamenti di rilievo nei rapporti di forza. Il Pd si conferma il primo partito con il 31,5% ma risulta in significativa flessione rispetto alle elezioni europee. Si è fortemente ridotto il divario con il Movimento 5 Stelle (ora di 4%) che si mantiene al secondo posto ed è in notevole crescita con il 27,5% dei consensi, soprattutto — ma non solo — dopo le inchieste giudiziarie degli ultimi mesi, dalle grandi opere, a Ischia e, soprattutto, Mafia Capitale.
A seguire la Lega Nord (14,7%) che allarga il divario rispetto a Forza Italia (12,4%). Infine, tra i partiti al di sopra della soglia del 3%, si registrano un’ipotetica lista nella quale potrebbero confluire le formazioni a sinistra del Pd (4,4%), Area popolare (4,3%) e Fratelli d’Italia (4,2%).
L’infinita transizione che caratterizza la politica italiana non sembra affatto destinata a terminare. Indubbiamente l’Italicum può accelerare processi di cambiamento e la riconfigurazione delle proposte politiche, in termini di liste e programmi. Ma non è un processo facile. Ne è un esempio la situazione del centrodestra: se da un lato il clima sociale sembra più favorevole a quest’area politica, dall’altro appare difficile individuare un progetto in grado in grado di aggregare le diverse anime che la compongono. E la storia recente del nostro Paese ci insegna che unire formazioni politiche talora consente di vincere ma non sempre di governare.

SALVINI CONTRO BOSSI
MILANO Da una parte, solo e «ridimensionato», Umberto Bossi. Dall’altra, tutto il resto della Lega, che approva all’unanimità il nuovo statuto. Matteo Salvini cesella il nuovo corso così: «Abbiamo il dovere di guardare al mondo e non soltanto al Monviso. Anche se il Monviso resta nella testa e nel cuore».
Il giorno prima di Pontida — titolo, «Siamo qui per vincere» — la Lega va a congresso a Milano. Sede, il centro dell’Unione commercianti, luogo classico degli eventi della classe dirigente milanese, non scontato però per il partito che fu delle camicie verdi. Ma la transizione è compiuta, il Carroccio di governo ai leghisti sembra a un passo. E il bottino di voti alle ultime elezioni convince assai più che non certi richiami di Bossi («La Lega non può essere nazionale»).
Il nuovo corso trionfa. Salvini liquida il premier come già archiviato: «Penso sia superata la fase dell’essere l’anti-Renzi. Il primo nemico di Renzi è Renzi, con il suo ego, i suoi tweet, il suo servilismo, la sua boria». Insomma: «Per me sarebbe sminuente, svilente essere l’anti-Renzi». Perché «l’anno scorso commentavamo il 6% alle Europee quest’anno abbiamo commentato il 16% alle regionali: se tanto mi dà tanto, l’anno prossimo commenteremo il 26%» alle politiche. Dove , «andiamo al ballottaggio e vinciamo». Nessun complesso, peraltro, da partito territoriale: «Se a Roma si torna al voto, noi ci presenteremo con un nostro candidato e prenderemo una barca di voti». Grazie al movimento fratello «Noi con Salvini».
A Milano c’è da cambiare lo statuto, trasformare le «Nazioni» padane in associazioni con propria personalità giuridica. Ma il cambio offre l’occasione anche per dare una limatina ai poteri di Umberto Bossi. Che resta sì presidente «a vita», ma perde il ruolo di giudice d’ultima istanza a cui ricorrere contro le espulsioni: soltanto i «soci fondatori (circa una quarantina) potranno invocare il suo parere monocratico. Il fondatore ammette di sentirsi «ridimensionato. Che mi mettete a fare il presidente privo di poteri?». La spiegazione la butta lì: «Forse avranno paura». Ma scoppia a ridere mentre lo dice.
Il punto, però, è assai più politico: «Non so che progetto è quello di Salvini, l’andare a prendere i voti al Centro e al Sud». Secondo Bossi, «quelli i voti non glieli danno. Quelli vogliono i soldi, mica vogliono cambiare il Paese. Hanno sempre compartecipato con Roma ai banchetti con i soldi rubati al nord. È difficile che cambino adesso». Il fondatore dice di essere venuto al congresso «per vedere che tipo di partito esce». E lo dice chiaro: «Salvini per adesso non mi piace. Si deve ancora esprimere, ma se fa un partito nazionale rimane da solo». A Pontida è già arrivata una gran ruspa e il «Sacro prato» è stato tosato con un gran Sole delle Alpi. Come dire, l’oggi e lo ieri della Lega. Ma a Bossi la ruspa non piace: «Non è un buon simbolo. I buoni simboli sono quelli che agganciano al passato». E la Lega, quella del XII secolo, «nacque perché combatté e sconfisse il Barbarossa, e adesso il Barbarossa si chiama Italia». Eppure, a fine congresso, il nuovo Statuto viene approvato all’unanimità.
Matteo Salvini all’inizio è secco. A Bossi non piace la nuova Lega? «Mi dispiace» risponde tagliando corto. Poi, aggiunge di «aver imparato tutto da chi mi ha preceduto». Ma il veleno è nella coda: «La Lega è quella di prima. L’unica differenza, è che oggi prende più voti. E i voti in politica sono importanti». C’è tempo per una battuta anche sulla ruspa che non piace a Bossi «È un simbolo di lavoro, sudore ed equità sociale. A tutti i bambini piace le ruspa. E continua a piacergli anche quando crescono».