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 2015  giugno 20 Sabato calendario

CARA DI MINEO, CHIESTO IL COMMISSARIAMENTO

[2 articoli] –
Roma
Arriva il commissariamento per il Cara di Mineo. Il centro di accoglienza per i richiedenti asilo più grande d’Europa – 4mila posti, 3mila in media sempre occupati – sarà sottoposto alla misura della straordinaria e temporanea gestione: ieri l’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), guidata da Raffaele Cantone, ha pubblicato sul suo sito l’istanza che, secondo legge, Cantone deve trasmettere al prefetto. Toccherà al titolare della prefettura di Catania, Maria Guia Federico, valutare la domanda dell’Anac per disporre – se ne condividerà le argomentazioni – il commissariamento dell’appalto per la gestione del Cara.
L’epilogo tuttavia è scontato e la nomina dei tre commissari potrebbe arrivare tra pochi giorni. Cantone ha trasmesso la stessa istanza, per conoscenza, anche al gabinetto del ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Il titolare del Viminale segue da vicino la vicenda che coinvolge anche il sottosegretario Enzo Castiglione, indagato, e Luca Odevaine, consulente del Cara, che partecipava al tavolo di coordinamento delle politiche di accoglienza al ministero dell’Interno.
L’appalto da 100 milioni per la gestione del centro è finito nel mirino della procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, e in particolare di quella di Catania, condotta da Giovanni Salvi. Il commissariamento proposto da Cantone, tra l’altro, garantisce la prosecuzione della gestione del centro di accoglienza: sarebbe stato impensabile bloccare le attività in questo momento con una pressione migratoria ad alta intensità. C’è da notare, poi, il legame tra l’atto commissariale su Mineo e un provvedimento in arrivo a Roma contro la coop La Cascina. Proprio due giorni fa il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, durante l’audizione alla commissione parlamentare d’indagine sull’accoglienza immigrati ha detto: «Siamo in contatto con l’autorità anticorruzione per la situazione della cooperativa La Cascina (coinvolta nella seconda ordinanza di Mafia capitale, ndr) e stiamo valutando il commissariamento e l’interdittiva antimafia».
È molto probabile che nelle prossime ore, forse già lunedì, la società La Cascina sia colpita dall’interdittiva antimafia della prefettura di Roma, a seguito degli accertamenti giudiziari del secondo capitolo di Mafia capitale. Non si deve trascurare perciò il fatto che La Cascina fa anche parte dell’ati (associazione temporanea d’impresa) che ha vinto l’appalto per la gestione del Cara di Mineo. Nella richiesta di commissariamento si legge come «gli elementi probatori attestanti che l’appalto in questione è stato acquisito in modo illecito possono ricavarsi integralmente dall’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip presso il Tribunale di Roma, dott.ssa Flavia Costantini, in data 29 maggio 2015».
In particolare, sottolinea l’Anac, «i contenuti degli accordi corruttivi sono dimostrati in maniera incontrovertibile da una pluralità di intercettazioni ambientali, che hanno consentito, da un lato, di registrare incontri diretti tra Odevaine e gli esponenti del gruppo La Cascina, nel corso dei quali sono stati concordati i dettagli dell’accordo corruttivo, la consegna di somme di denaro in esecuzione degli accordi, l’alterazione della gara in corso per favorirne l’aggiudicazione al raggruppamento al quale partecipavano imprese del gruppo La Cascina». Nel documento Anac, inoltre, si rileva che «ad ulteriore conferma della manipolazione della gara, assume particolare rilievo anche la circostanza in cui Odevaine fornisce a Parabita (manager de La Cascina, ndr) le credenziali di accesso all’indirizzo di posta elettronica utilizzato per l’incarico di Mineo, consentendo così al suo interlocutore di avere cognizione piena, diretta e in anteprima dei documenti di gara, tra cui il capitolato d’appalto, oggetto di corrispondenza tra Ferrera (direttore generale del consorzio Calatino, ndr) e lo stesso Odevaine, unitamente ad ogni altra questione di dettaglio in merito alla redazione del bando». La richiesta di commissariamento è stata trasmessa dall’Anac anche al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone.
Marco Ludovico, Il Sole 24 Ore 20/6/2015

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UN «AFFARE» DA 50 MILIONI L’ANNO PROGRAMMATO A TAVOLINO E PILOTATO –
CATANIA
Doveva servire a far risparmiare soldi allo Stato ed è diventato il simbolo dello spreco e della corruzione. Un affare che per alcuni vale 50 milioni l’anno per altri 30 programmato a tavolino e pilotato per essere aggiudicato da un gruppo selezionato di soggetti. Forse frutto di un accordo che potrebbe aver impedito lo sbarco in grande stile delle cooperative romane che fanno capo direttamente a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.
È la storia della gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, in provincia di Catania. La storia di quello che doveva diventare un modello di accoglienza, nel Villaggio degli Aranci che Pizzarotti aveva costruito per i militari Usa di stanza a Sigonella, è raccontata nelle pagine dell’inchiesta su Mafia capitale per le connessioni che questo affare ha con la cupola degli affari e della mafia del “mondo di mezzo” scoperta nella Capitale. Non c’è, almeno per il momento, mafia a Mineo ma c’è altro. Almeno secondo i magistrati. Due le procure che indagano (quella di Catania e quella di Caltagirone) sugli appalti che sarebbero stati pilotati.
In principio fu Luca Odevaine, rappresentante al Tavolo di Coordinamento sull’immigrazione istituito presso il ministero degli Interni nominato dall’attuale sottosegretario e allora presidente dell’Unione province italiane Giuseppe Castiglione (che è indagato): viene incaricato dal prefetto Franco Gabrielli, allora Capo della protezione civile, di trovare una soluzione a quel grande spreco che era diventato il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo in provincia di Catania. «Non ho responsabilità, Mineo me lo sono trovato così - ha spiegato Gabrielli, che nel 2011 era commisssario all’emergenza Nordafrica, alla Commissione antimafia -. Odevaine lo nominò Castiglione» e la gara portò dei risparmi. Sarà, ma dalle carte dell’inchiesta emerge la figura di Odevaine quale “facilitatore” e in tale ruolo pagato da imprese che fanno parte dell’Ati che si è poi aggiudicata l’appalto per la gestione del centro di Mineo. Come siano andate le cose è lo stesso Odevaine a raccontarlo: intercettato dai carabinieri il suo racconto è finito agli atti dell’indagine. Il progetto è quello di individuare un soggetto pubblico che faccia da attuatore e poi di creare un gruppo forte che possa gestire il Cara. Sarà l’inchiesta a stabilire se e quale ruolo abbia avuto nell’affidamento l’attuale sottosegretario Castiglione (che comunque rivendica la propria estraneità ai fatti), certo è che la Provincia guidata dall’esponente del Nuovo centro destra diventa il primo soggetto attuatore. Nel 2012 il soggetto attuatore cambia: non più la Provincia di Catania ma il neocostituito Consorzio di comuni del calatino con alla presidenza sempre Castiglione che lascia quando viene eletto deputato e al suo posto subentra il sindaco di Mineo. I magistrati ipotizzano che gli affidamenti siano stati pilotati (turbativa d’asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente della pubblica amministrazione sono i reati contestati): quello del 2011, poi quello del 2012 prorogato più volte fino al bando da 97 milioni per l’affitto e la gestione del Centro aggiudicato l’anno scorso con appena l’1% di ribasso. Dal 18 ottobre del 2011, secondo un depliant pubblicato a cura del Consorzio Nuovo Cara di Mineo, a gestire la struttura del Villaggio degli Aranci è un’Ati di cui fanno parte le cooperative Sisifo, Sol. calatino, La Casa della solidarietà, Senis Hospes, La Cascina global service cui dal 2013 si sono aggiunti la Croce rossa e Pizzarotti, proprietaria delle 400 villette da 160 metri quadrati che tra il 2011 e il 2014 hanno ospitato 12mila richiedenti asilo. L’appalto del 2014, con una dote (al netto del ribasso) di 96,9 milioni per tre anni, viene aggiudicato a un’Ati guidata questa volta dal Consorzio di cooperative Casa della solidarietà: in pratica non cambia nulla o quasi rispetto al passato.
Per la procura di Catania il ricorso a numerose proroghe del primo contratto di affidamento, la previsione di una disciplina dei requisiti speciali di partecipazione alla gara del 2014 idonea a consentire l’accesso alla procedura ad evidenza pubblica a un numero ristrettissimo di operatori economici, non sono casuali. E sono frutto di un progetto. Studiato a tavolino.
Nino Amadore, Il Sole 24 Ore 20/6/2015

Marco Ludovico e Nino Amadore, Il Sole 24 Ore 20/6/2015