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 2015  giugno 21 Domenica calendario

Ho letto nel libro «Storia del “Corriere della Sera”» di Glauco Licata che Tommaso Gallarati Scotti è stato collaboratore del quotidiano dopo la Liberazione

Ho letto nel libro «Storia del “Corriere della Sera”» di Glauco Licata che Tommaso Gallarati Scotti è stato collaboratore del quotidiano dopo la Liberazione. Poiché è stato per molti anni anche ambasciatore, le chiedo se lei ha avuto modo di conoscerlo. Franca Prati Milano Cara Signora, L o conobbi nel 1949 a Londra, dove era ambasciatore da due anni. Ma confesso che avevo allora una idea alquanto vaga della sua vita precedente. Non sapevo, ad esempio, che agli inizi del Novecento, sotto l’influenza di padre Semeria (il sacerdote che fu accanto al generale Cadorna, nel Comando supremo, durante la Grande guerra), era stato attratto da una sorta di riformismo religioso, il modernismo, che aveva «contagiato», tra gli altri, lo scrittore Antonio Fogazzaro, autore di Piccolo modo antico e del Santo. Gallarati Scotti ne era divenuto amico e aveva fondato con alcuni compagni lombardi la rivista «Rinnovamento». Ma il modernismo, agli occhi di Pio X, era una mala pianta, da estirpare con la massima severità, e Gallarati Scotti, con i suoi amici, fu minacciato di scomunica. Si piegò, ma rese omaggio a Fogazzaro con una biografia che fu messa all’indice e che l’autore dovette successivamente correggere. Obbediva disciplinatamente alla Chiesa quando era indispensabile, ma credo che non abbia mai rinunciato alle sue convinzioni giovanili. Alla vigilia della Grande guerra fu interventista e, più tardi, volontario. All’arrivo del fascismo, manifestò pubblicamente il suo dissenso e fu schedato come «oppositore», se non addirittura «sovversivo». In realtà fu sempre cattolico, liberale e monarchico: tre categorie che non sempre, nel corso della sua esistenza, furono facilmente conciliabili. La sua vita politica cominciò quando dovette riparare in Svizzera dopo l’8 settembre; e ci è nota ora grazie a una edizione aggiornata del suo diario, apparsa a cura di Alfredo Canavero presso l’editore FrancoAngeli (Memorie riservate di un ambasciatore. Il diario di Tommaso Gallarati Scotti 1943-1951). In Svizzera prese contatto con altri antifascisti e soprattutto con Maria José, moglie di Umberto di Savoia, che Vittorio Emanuele III non amava e aveva allontanato dalla corte. Gallarati Scotti sperava che la principessa, più indipendente del marito, avrebbe avuto un ruolo nella riabilitazione della famiglia reale agli occhi degli italiani. Le cose andarono diversamente, ma l’esule, nel frattempo, aveva attratto l’attenzione di coloro che a Roma, dopo la liberazione della città, cercavano di ricostituire la rete della diplomazia italiana. Molti ambasciatori avevano servito il regime e non erano, almeno per il momento, presentabili; molti Paesi esitavano ad accogliere un rappresentante italiano. Occorrevano persone che avessero un passato antifascista e qualche affinità con il Paese in cui sarebbero stati mandati. Gallarati Scotti aveva antenati spagnoli ed era «Grande di Spagna». A Madrid, capitale di un Paese neutrale, sarebbe diventato il tramite dell’Italia con altri Paesi rappresentati in Spagna. Gli spagnoli lo accolsero a braccia aperte e Franco gli riservò un trattamento che rischiò di essere, in qualche circostanza, persino imbarazzante. Tutto andò per il meglio fino a quando l’Assemblea dell’Onu, nel dicembre 1946, raccomandò agli Stati membri (con 34 voti a favore, 6 contrari e 13 astenuti) di ritirare i loro capi missione dalla Spagna. L’Italia non era membro dell’Onu e non era tenuta a rispettare la risoluzione, ma Canavero ricorda che Pietro Nenni, allora ministro degli Esteri, chiamò Gallarati Scotti a Roma per conferire, «intendendosi ch’ella dovrà lasciare effettivamente codesta sede». Canavero ricorda altresi che il boicottaggio diplomatico della Spagna ebbe l’effetto di ferire l’orgoglio nazionale spagnolo e di giovare, paradossalmente, all’immagine di Franco nel Paese. Nella carriera diplomatica di Gallarati Scotti vi fu un’altra tappa, molto più importante: l’ambasciata a Londra dove arrivò alla fine di ottobre del 1947 e rimase fino al novembre 1951. Furono anni dominati soprattutto dal problema delle colonie italiane e da quello della sorte di Trieste. Ma il tempo dedicato al diario diventa sempre più breve e la storia diplomatica di quei negoziati è ottimamente ricostruita da Canavero nella sua introduzione. Dopo il ritorno in patria, la vita pubblica di Gallarati Scotti fu soprattutto milanese: la presidenza del Banco Ambrosiano e dell’Ente Fiera di Milano, la collaborazione con il Corriere della Sera. Una udienza con Giovanni XXIII e il conferimento di una decorazione pontificia dimostrarono che al di là del Tevere il suo modernismo non era più considerato un peccato.