Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 20 Sabato calendario

Il premier greco va a San Pietroburgo e firma un primo accordo sul gas con Putin. Domanda: lo si può considerare il primo atto concreto del gioco di sponda con la Russia, un’altra mossa su cui Atene fa conto nel duro negoziato con l’Europa e il Fondo monetario? In realtà, se dietro a questa intesa ci fosse un calcolo politico di entrambe le parti — per la dirigenza russa sarebbe un modo per dividere o mettere in difficoltà gli europei nel confronto sull’Ucraina — le somme non tornano

Il premier greco va a San Pietroburgo e firma un primo accordo sul gas con Putin. Domanda: lo si può considerare il primo atto concreto del gioco di sponda con la Russia, un’altra mossa su cui Atene fa conto nel duro negoziato con l’Europa e il Fondo monetario? In realtà, se dietro a questa intesa ci fosse un calcolo politico di entrambe le parti — per la dirigenza russa sarebbe un modo per dividere o mettere in difficoltà gli europei nel confronto sull’Ucraina — le somme non tornano. Lo dicono i fatti. Mosca ha cambiato nome al vecchio progetto di gasdotto «South Stream» ribattezzandolo «Turkish Stream», ma ne ha mantenuta intatta la sostanza (l’aggiramento dell’Ucraina dal Mar Nero) e ha cambiato solo di pochi chilometri la rotta finale. Invece che in Bulgaria il tubo arriverà in Turchia, e poi l’ingresso nell’Ue avverrebbe attraverso la Grecia. Un cavallo di Troia al contrario. Ma gli stessi problemi che hanno affossato il South Stream sono ancora lì. Come le sanzioni, che rendono impossibile l’accesso ai finanziamenti delle banche occidentali ai grandi gruppi come il colosso statale russo Gazprom. E poi ci sono le regole Ue sul mercato e la concorrenza, che impediscono a chi possiede l’infrastruttura di vendere anche il gas trasportato. O lo trasporti o lo vendi, insomma. Nodi irrisolti, e Atene e i russi lo sanno bene visto che si sono premurati di far sapere che i fondi (nell’ordine di due miliardi di dollari) sarebbero forniti dalle banche statali russe e addirittura anticipati ad Atene, che manterrebbe il 50% della proprietà del «tubo». Lo sanno però bene anche a Bruxelles, dove non a caso la Commissione ha fatto sapere che «una cosa è l’annuncio di un gasdotto, un’altra la realizzazione». Certo, se la Grecia uscisse dall’euro e addirittura dall’Ue la questione non si porrebbe più, ma poi bisognerebbe lo stesso trovare un punto d’ingresso verso gli appetitosi mercati di consumo occidentali. Prospettive molto lontane, e, par di capire, intese sbandierate solo per guadagnare posizioni negoziali. Oggi, ad Atene ma anche a Mosca (che sconta il forte calo degli incassi petroliferi), restano i problemi di budget. E la Russia, lo ha confermato il portavoce del Cremlino, per la Grecia non ha aperto il portafoglio. @stefanoagnoli