Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 19/6/2015, 19 giugno 2015
GUARDANDO I POTENTI DELLA TERRA NELLA FOTO FINALE DEL G7 MI CHIEDO COME MAI UN MLD DI PERSONE (LE PIÙ EVOLUTE AL MONDO) ABBIA POTUTO ELEGGERLI
A ogni riunione annuale dei grandi del mondo l’aspetto più divertente è osservare la fotografia finale. Quest’anno, la scenografia toccava al padrone di casa, la Germania: in primo piano, un tipico prato alpino, erba alta, fiori di campo bianchi e gialli, al centro i nove personaggi, sulla destra si intravede una torre castellana, sullo sfondo le Alpi bavaresi, con la neve a macchia di leopardo.
La signora Merkel, col solito pantalone nero e giacca blu elettrico (royal blue o power blue ?), ha, a destra Obama, Harper, Abe, Tusk, a sinistra Hollande, Cameron, Renzi, Juncker. L’obiettivo li coglie sorridenti, con la manina alzata a fare ciao, tutti con la destra, salvo Renzi e Juncker con la sinistra, Merkel è immobile.
Ogni anno la confronto con quella, in bianco e nero, di Yalta (febbraio 1945), erano solo tre (Churchill, Roosevelt, Stalin), intabarrati in improbabili cappotti-palandrane, ma, almeno a me, trasferivano leadership. I nove di Garmisch li immagini come otto insegnanti di scuola media inferiore, accompagnatori di studenti in gita scolastica, e la Preside, garante delle famiglie. Osservo gli otto maschi, e il solo pensare che li abbiamo eletti noi, il miliardo di cittadini più evoluti e ricchi del pianeta, lo trovo imbarazzante, per noi e per la democrazia.
Pare che costoro si siano accordati per abbandonare tutti i combustibili fossili entro la fine del secolo (sic!). A me è parsa una notizia bomba, invece no, tutti i media hanno glissato, così la Borsa. Mi auguro che almeno l’ultima nata della mia famiglia, Ada Rosa, riesca a vedere questo evento. Premetto che tutti i temi legati all’ambiente, al cambiamento climatico, alla guerra all’anidride carbonica sono, per me, culturalmente ostici, e sono terrorizzato di ripetere anch’io le banalità del politicamente corretto o scorretto che ascolto. Piuttosto che parlare come quelli delle due chiese contrapposte, preferisco tacere, e continuare a leggere analisi, possibilmente non talebane.
Per esempio, mi stuzzica il parallelo che fa lo scrittore Franzen fra cambiamento climatico e capitalismo. Li ritiene entrambi distruttivi, inesorabili, indifferenti alla resistenza individuale, orientati a una monocultura globale, illusi che «solo la tecnologia possa risolvere il problema dei gas serra». Mi pare una narrazione semplificata, di certo raccontare come conservare l’ambiente è molto più complesso, purtroppo più noioso. A Franzen risponderei con le parole dello psicologo (e Nobel dell’economia), esperto di errori cognitivi, Daniel Kahneman: «La consapevolezza non avrà mai la meglio sulla riluttanza di ciascuno di noi ad abbassare il suo tenore di vita». Credo che sia questo, nel bene e nel male, il vero punto chiave per noi occidentali. Da parte mia aggiungo (copyright): siamo prigionieri dei nostri diritti, anzi, ne pretendiamo sempre di nuovi, pur sapendo che così diventeremo ergastolani.
Quando mi capiterà di dover parlare di cambiamento climatico partirò da queste verità e userò i ragionamenti del filosofo Dale Jamieson (Reason in a dark time). Nei 23 anni trascorsi dal mitico Summit della Terra di Rio (’92) le emissioni di anidride carbonica, anziché diminuire drasticamente, come da impegni, sono aumentate, e nel 2009, a Copenaghen, Obama si è rifiutato di adottare obiettivi vincolanti sulle stesse. Semplificando, i Progressisti delle varie parrocchie sostengono da sempre che la democrazia è succube degli interessi delle classi agiate. Non è vero, mi secca ammetterlo ma è proprio la democrazia il colpevole. Sono infatti i cittadini di tutte le classi sociali delle democrazie più ricche e inquinanti (i votanti) a pretendere di aumentare il proprio tenore di vita, quindi a beneficiare (pensano loro) del commercio globalizzato, della benzina a buon mercato, degli «hamburger a prezzo zero più e costo infinito meno». Al contempo, voler scaricare le conseguenze dei nostri disastri ambientali sui paesi poveri, sulle future generazioni, sulle altre specie (i non votanti).
D’altra parte l’evoluzione del nostro cervello è basata sul presente, mica sul futuro remoto, ricerca obiettivi immediatamente percepibili, non certo sviluppi lenti e probabilistici. Un tempo, le guerre resettavano brutalmente il buono e il cattivo, ora non sono più praticabili, il diritto alla pace da anni l’abbiamo messo in berta. Sono molto curioso di scoprire quale evento seppellirà per sempre la grande illusione dell’Illuminismo. Che sia il «cambiamento climatico»? Da lassù, a fine secolo lo chiederò a una novantenne Ada Rosa.
Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 19/6/2015