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 2015  giugno 17 Mercoledì calendario

IL FIORISTA PIÙ BRAVO È COREANO

Siamo il paese dei fiori, o dovremmo. Al tradizionale concerto di Capodanno a Vienna, che la nostra tv non vuole più trasmettere in diretta, la sala è adorna con rose, garofani e gigli giunti dalle serre di Sanremo. Ma al Meisterschaft der Blümenkünstler, come dire tradotto letteralmente il campionato degli artisti dei fiori, i fioristi, lo scorso week-end a Berlino, gli italiani non erano neanche presenti, tra i 26 partecipanti giunti da ogni parte del mondo, seguiti da cento giornalisti accreditati.
Molti anni fa, a Roma, compravo mazzetti di viole di bosco e di ciclamini da anziane signore sedute su sgabelli in via Condotti.
Sono scomparse, per ragioni anagrafiche. Da bambino, a Palermo, vendevano gelsomini infilati uno a uno nelle spine di un cardo, a formare una palla, la «sponsa» di gelsomino, la spugna profumata che univa mare e terra. Le ho riviste dall’altra parte del Mediterraneo, a Tunisi, prima della rivoluzione. Oggi, probabilmente, sono scomparse anche nell’antica Cartagine.
A Roma ci sono fiorai, come altrove, aperti giorno e notte. Gestiti quasi sempre da immigrati. I mazzi li mettono insieme, più o meno bene. Fanno quello che sanno e che possono. In Germania, per aprire un negozio di fiori, devi avere un diploma professionale, come per fare il parrucchiere o il sarto. I fiori sono cari. Prima delle feste, carissimi. Per avere il tuo mazzo devi essere paziente, che il Künstler, l’artista, lo prepari sfoggiando tutto il suo talento. Alla fine ti consegna una profumata opera d’arte, con saggio accostamento di colori, con fiocchetti e nastrini in tinta.
Il campionato, giunto alla 35esima edizione, si svolge ogni quattro anni come se fosse un’Olimpiade. E dal 1980 non si teneva più in Germania. Con disappunto dei padroni di casa, si è piazzata al primo posto la Corea del Sud, seguita dalla Gran Bretagna; la medaglia di bronzo è andata alla finlandese Pirjo Koppi. Non è un’arte esclusivamente femminile. Il partecipante tedesco era Herr Jürgen Herold, che ha rivelato di aver investito oltre 10 mila euro per poter concorrere: la materia prima costa. Qual è la ricetta per vincere? La rivela la signora Pirjo, che si era acconciata come un incubo floreale, capelli rosa, camicetta rosa, rossetto rosa. Cento per cento organico, cioè fiori. Cento per cento manuale e cento per cento personalità. L’aritmetica non è il forte della campionessa finlandese, ma si capisce che cosa vuol dire.
La Süddeutsche Zeitung lamenta che il settore è in crisi: molti fiorai chiudono, il fatturato cala e la merce deperisce rapidamente. Le serre europee, comprese le nostre, subiscono la concorrenza del Sudafrica e di altri paesi. Il lavoro è duro, perché ci si alza all’alba per eseguire gli ordini in tempo. E non ci sono apprendisti: l’arte dei fiori sta per scomparire. Tempo fa, dal fiorista di Piazza San Cosimato, a Trastevere, ho chiesto un mazzo di rose per mia moglie. Undici. Facciamo una dozzina, ha proposto il fioraio. Davanti alla mia esitazione, scambiata per avarizia, ha aggiunto: omaggio mio. Non era un artista, neppure un professionista. I fiori si regalano in numero dispari. Perché? Secondo la cabala, i dispari sono pieni di energia. I numeri pari sarebbero negativi. Non sono superstizioso ma nostalgico. E mi mancano violette, ciclamini e gelsomini acconciati a palla.
Berlino Roberto Giardina, ItaliaOggi 17/6/2015