Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/6/2015, 17 giugno 2015
PERISCOPIO
Pene esemplari - «Omicidio stradale, fino a 27 anni per i pirati» (Corriere della Sera 11.6). A questo punto, gli conviene sparare col mitra. Marco Travaglio. Il Fatto.
Ignazio Marino in testa al corteo del Gay Pride. Come al solito succede tutto alle sue spalle. Spinoza. Il Fatto.
È di Goebbels la massima secondo cui «una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità». Giulio Meotti. il Foglio.
Giovedì 18 giugno, a Firenze, Michele Santoro porterà in piazza una rosa rossa e un impegno: Servizio Pubblico non finisce qui. La vostra, con lui, è una grande storia d’amore e la rosa sarà, per voi, per il pubblico. Lo avete seguito attraverso tante avventure e tante battaglie contro la mafia e contro la corruzione: avete creduto come lui nella necessità di dare finalmente al nostro paese la classe dirigente che merita: lo avete protetto e difeso da qualsiasi attacco. Inarrivabili teste di cazzo che non siete altro. Andrea Marcenaro, scrittore satirico. Il Foglio.
La politica è fatta a scale, Renzi scende e non risale. Jena. La Stampa.
«Cerca ancora di capire dov’è il centro del potere a Roma? Vada dai vigili urbani», mi invita con amara ironia Cesare Geronzi, il quale mi descrive una Roma dai poteri deboli e non vede uomini capaci di affrontare il rinnovamento della città. Stefano Cingolani. Il Foglio.
Mi sono immaginato che cosa penserebbero quei due poveracci (l’anarchico Giuseppe Pinelli e il commissario Luigi Calabresi) e anche le numerose vittime delle nostre stragi, se si trovassero qui oggi. Dopo aver cercato di capire che cosa è successo, dal crollo del muro di Berlino all’avvento di Internet, dagli attacchi alle torri gemelle alla primavera araba, penso che guardando l’Italia, fuggirebbero a gambe levate chiedendosi per quale Paese sono morti. Piero Colaprico (Livia Grossi). Corsera.
La comunità internazionale è responsabile di ciò che accade in Libia in ragione dell’intervento di quattro anni fa e della scarsa attenzione successivamente dedicata al tema. Se la Libia non trova un assetto istituzionale, diventa la calamita per fanatici e terroristi e dunque ci stiamo giocando una partita di portata storica. La vogliamo affrontare con la serietà di un Paese che è una potenza mondiale o inseguendo chi fa tweet sulla scabbia e propone di sparare al primo che passa? Torniamo al buon senso. Matteo Renzi. (Maria Teresa Meli). Corsera.
Sono nato in una famiglia di destra, mio padre votava il Pli di Malagodi, mia madre i monarchici di Stella e Corona. Montanelli e Prezzolini erano i suoi fari, era in corrispondenza con entrambi, andò anche a Lugano a trovare Prezzolini, ormai vecchissimo, come in pellegrinaggio. E a Montanelli chiese, preoccupatissima, «che cosa devo fare con il figlio comunista», che poi sarei io, come lo stesso Indro, molto divertito, mi riferì quando poi ci conoscemmo. Michele Serra, Il Venerdì.
Da giovane volevo solo scappare di casa e diventare famosa. Non avevo frequentato l’Università, vissuto nelle grandi città, assorbito l’atmosfera di una famiglia anche solo vagamente intellettuale. Nella campagna piacentina trascorrevamo il tempo nelle stalle, tra i mucchi di fieno, i trattori, gli animali. Nel percorso che all’alba degli anni 80 mi instradò verso il cinema ho incontrato molte bestie: vestite di tutto punto che, volgarissime, con la scusa di vedere se potevi recitare, «fammi capire se puoi stare veramente in scena», provavano a metterti le mani addosso, qualche persona in gamba, non pochi stronzi. Isabella Ferrari, attrice (Malcom Pagani). Il Fatto.
In questi giorni caldi di fine maggio cammino per Milano e, senza una apparente ragione, improvvisamente attraverso: dall’altra parte della strada ho visto una siepe di gelsomino, e mi piace lasciarmi cadere nella nuvola del suo profumo. Lasciarmene inebriare e assaporarlo, centellinandone i toni di ambra e miele; respirarlo, cercando di memorizzarlo, perché non mi abbandoni. Quel profumo mi ubriaca: mi pare promessa d’estate, o eco misteriosa di festa nuziale. È l’aroma, ho sempre pensato, che percorre il Cantico dei Cantici - colmo com’è, quel libro sacro, di desiderio, e di attesa. Ma poi spesso, pure tra l’asfalto e il cemento di Milano, mi succede, a maggio, di incrociare folate di acacia, per esempio, dolce e densa, e di annusarla golosamente. Dai cancelli dei magri giardini condominiali si sporgono, sfacciate, le rose; e da quelle rosse, o porpora, emana un vapore gentile, discreto, che senti soltanto se avvicini il naso alle corolle spalancate. L’issotopo, anche, più aspro, mi piace; il glicine violetto che gronda a grappoli dai pergolati è struggente; e i fiori del tiglio mi fanno impazzire con il loro fiato colmo di estate, di caldo, di ultimi giorni di scuola. Marina Corradi. Avvenire.
Uccidiamo la luna. Marinetti. Citato in Ugo Pirro, Osteria dei pittori. Sellerio. 1994.
Il mio lavoro con Dante è in un certo senso un atto di resistenza. Voglio che in Russia sia conosciuta l’Europa che amo: l’Europa geniale, dei grandi pensatori e artisti, dei santi e dei filantropi. L’Europa dove la dignità della persona umana è indiscutibile. Nel progetto della «Russia sovrana» di Putin sta al centro lo stato, che acquista valore sacrale. E tutti gli idoli chiedono sacrifici. All’idolo dello stato si offre il sacrificio della vita umana. Nel suo discorso inaugurale del 2012 Putin ha citato il verso del Borodino (il poema di Lermontov dedicato alla guerra con Napoleone nel 1812): «Moriamo insieme per Mosca!». Questo programma ha proposto al popolo: morire insieme. Ma perché? – pensavo io – chi ci attacca?. Olga Sedakova, poetessa russa. (Martino Cervo). Il Foglio.
Lei sgranocchia sarcastica la sua mela infinita e fa finta di non starlo a sentire. Daniela Ranieri, Mille esempi di cani smarriti. Ponte alle Grazie.
Il direttore del circolo cinematografico di Savona, manager di un’azienda siderurgica, aveva assoldato un operaio come proiezionista che in coincidenza con l’inizio, si volatilizzava. Solo molto tempo dopo scoprimmo che fuggiva con l’amante all’Hotel Astoria, a due passi dalla sede del circolo. Noi discutevamo animatamente su Bergman, lui tornava poco dopo le 23: «Stringete, dobbiamo chiudere». Tatti Sanguineti (Nanni Delbecchi e Malcom Pagani), Il Fatto.
Ps: Ah, dimenticavo: qui al bar siamo tutti per Putin. Maurizio Milani, scrittore satirico. il Foglio.
Nella nebbia rivivo il mio passato meglio che alla luce del sole. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/6/2015