Alessia Cruciani, SportWeek 13/6/2015, 13 giugno 2015
NESSUNO È MEGL ’E PELLÉ
[Graziano Pellé]
L’incontro dovrebbe essere a casa sua, ma forse è meglio iniziare a scattare qualche foto allo stadio. Così, appena arrivati alla stazione di Southampton, chiediamo informazioni sulle distanze a un tassista. «The man non è né a casa né allo stadio», risponde sicuro. Poi si rivolge a un collega, la cui radio dell’auto è collegata proprio col campo di allenamento della squadra. «Salite, so io dove potete trovare The man». E così, invece di dare noi l’indirizzo al tassista, è lui che “rapisce” noi e ci porta a Lime Wood, un hotel con tantissime stelle nella splendida campagna inglese, popolato da anziane signore che sembrano tutte lontane parenti della regina Elisabetta. Ed è qui che, un paio d’ore dopo, ci raggiunge The man. È così che qui chiamano Graziano Pellé, 12 reti alla sua prima stagione in Premier e impegnato ieri a Spalato con la Nazionale di Antonio Conte contro la Croazia. «Ho ancora un anno di contratto ma nel calcio non si sa mai», attacca l’attaccante pugliese. «A Southampton sto benissimo ed è un club che sta crescendo. Non smanio per tornare in Italia. Ma se dovesse arrivare una proposta irrinunciabile, non metto veti per principio. Però in Premier il calcio è stupendo. Non mi pesa mai svegliarmi la mattina per fare gli allenamenti. Nonostante sia il lavoro più bello del mondo, è pur sempre un lavoro. Ma qui mi sembra di andare a giocare a calcetto con gli amici d’estate. C’è molta più libertà, lo vivono come sport e basta, quando giochiamo in casa non esiste il ritiro, il calcio è più veloce, la partita più bella».
Dia un voto alla stagione?
«Avevo tanta voglia di mettermi alla prova anche in Premier e sono partito subito fortissimo. Poi ho pagato fisicamente l’assenza della pausa natalizia. Avevo un problema al ginocchio, un’infiammazione alla caviglia, cose piccole ma mancava il tempo per recuperare. Mi faceva male anche in Nazionale, ma il mister ha detto che avrei giocato contro l’Inghilterra e non potevo tirarmi indietro. Per fortuna è stata una bellissima partita. Nel finale di stagione sono ripartito bene. Mi do 7,5. Troppo poco? Ok, 8. Però potevo fare di più: ho preso molti pali e mi hanno annullato tre gol regolari».
Prima dell’Inghilterra ha sfondato in Olanda, nel Feyenoord, sempre con Koeman. Si sente più un emigrato o un cervello in fuga?
«A metà. Se in Italia un allenatore non mi faceva giocare è perché dovevo fare di più. Mi sono reso conto che Koeman mi offriva la possibilità di dimostrare il mio valore. Ero convinto di averne e lo sono tutt’ora. Mi piacciono le persone che hanno autostima, senza esagerare. Il calcio olandese ha sempre sfornato ottimi giocatori. Era la nazione perfetta per me».
C’è voluto un pugliese come lei per fiutare il suo talento?
«Conte mi conosceva già, sono cresciuto nel Lecce. Prandelli non mi aveva chiamato perché chi gioca in Olanda non ha mai grande risalto. Avevo fatto 60 gol in due anni e di tutti i tipi, ma se ne parlava poco. Se però arrivi in Premier e continui a far bene, è un po’ un controsenso non convocarti. Alla fine sono arrivato in Nazionale, uno dei miei sogni».
Negli ultimi anni il centravanti della Nazionale è stato il calciatore più chiacchierato d’Italia. Ora tocca a lei, quasi sconosciuto alla maggior parte dei tifosi italiani e che, oltretutto, fa solo cose normali. I gol.
«È vero, in Italia ho fatto poco ma tantissimo all’estero. Mi viene spontaneo restare al di fuori dai gossip anche se mi piace divertirmi, sono molto socievole».
Cos’hanno in comune i tre allenatori che hanno segnato la sua carriera: Van Gaal, che l’ha scoperta e portata all’AZ Alkmaar, Koeman e Conte?
«Sono diversissimi. Van Gaal e Conte sono maniacali nella cura dei dettagli. Il primo, finito l’allenamento e durante il pranzo con la squadra si avvicinava e, uno per uno, ci diceva che al posto del controllo di petto dovevi passare, oppure ti chiedeva: “Pensi di aver fatto un buon allenamento?”. Te ne diceva tante ma ti proteggeva sempre. Conte è maniacale nei dettagli per preparare la partita, per le sue idee. Di lui e Koeman percepisci che sono stati giocatori ad alto livello. Capiscono che può aiutare anche non dire certe cose. Koeman sa tenere il gruppo ed è molto onesto».
In Olanda c’era la Pellé-mania, soprattutto tra le donne. In Inghilterra?
«In Olanda ero in una squadra al top, il Southampton non è il Chelsea e poi qui sono patriottici anche nel gossip, disturbano più gli inglesi. Alle londinesi poi il calciatore interessa poco, preferiscono il businessman. E io sono fidanzato con Viktoria, una modella ungherese».
Da perfetto uomo del Sud, penserà al matrimonio?
«Non posso: ho scoperto di essere claustrofobico! Sono andato vicino alle nozze dopo un fidanzamento di 7 anni. Poi sono stato un anno single in Olanda, ma proprio non aiutava nel lavoro... Impossibile conciliare entrambe le cose! L’anno in cui sono andato al Feyenoord e mi sono fidanzato con Viktoria avevo invece proprio bisogno di concentrarmi sul lavoro».
Aveva appena lasciato l’Italia per la seconda volta.
«Ricordo le parole dure che a Parma mi disse il mio procuratore Romualdo Corvino: “Tu non hai fame”. Aveva ragione. Vengo da una famiglia normale, né ricca né povera, sono il terzo figlio, maschio dopo due femmine, quindi viziatino. Non avevo fame come chi ha dovuto lottare. E poi c’è mio padre: ha creduto e fatto tanto per me, ora penso sempre a lui. Ho avuto proposte per andare a giocare a Dubai, magari coperto di soldi. Ma dovevo ottenere soddisfazioni maggiori, per lui».
In Olanda la chiamavano Italian Stallion ma sui social è soprattutto “Gellè”.
«Ci sta. Comunque ormai non uso più tantissimo gel».
Quindi non monopolizza più lo specchio dello spogliatoio?
«Ogni tanto scherzo coi compagni quando ci specchiamo. Gli dico: “Guarda che sono io quello a destra, non illuderti”».
Ha dichiarato: “Sono più bello di Ronaldo e in un film affiderei la mia parte a George Clooney”.
«Non ho detto proprio così. Ho scritto un libro rispondendo alle domande dei tifosi. Una era: “Chi è più bello tra te e Ronaldo?”. Risposi: “Lui è un bel ragazzo ma, se altezza è mezza bellezza, io sono più alto”. Poi un altro mi scrisse: “Se dovessero fare un film sulla tua storia, a chi affideresti la tua parte?”. E io: “A Clooney, perché mi piace il suo stile vintage e ama l’Italia”».
Ha dedicato alla mamma il gol all’Inghilterra. Ma lei non preferiva che continuasse a fare il ballerino?
«Una delle mie sorelle voleva ballare e le serviva un partner. A me piace farlo sono convinto che il ballo mi sia servito, per tante cose anche a livello calcistico ero già abbastanza alto e mi offrii di accompagnarla. Così arrivavo sporchissimo dagli allenamenti e mi mettevo frac e scarpe lucide col tacco. Mamma era contenta, ci teneva. Compiuti i 15 anni, il Lecce propose di comprarmi. Le dissi: “Ti voglio bene ma preferisco il calcio”. Lei capì».
Balla ancora?
«Appena possibile. Per me la musica è importante, non potrei stare con una ragazza che non sa tenere almeno il ritmo. Non dico che debba saper ballare per forza, ma se c’è una musica latino-americana e lei balla dance non si può fare. Non riuscirei a starci».
Ha detto anche: “Vivo come uno sceicco senza esserlo”.
«Sono fissato con gli aforismi. Sul tavolo del magazziniere del Feyenoord c’erano le firme di Van Bronckhorst, Makaay, Van Persie e tutti i giocatori più importanti. Ci ho scritto I live like a sheik but I’m not. Non mi piace star fermo e non mi pesa muovermi anche solo per 24 ore. Ogni giorno ti deve dare qualcosa. Magari vado a Dubai domani mattina, dove ho comprato un appartamento, e torno quella dopo. In Olanda i miei compagni mi dicevano: “Ma quanto spendi, stai sempre in giro!”. Facevo cose un po’ eccessive».
Un altro: “Il giorno in cui smetterò di lamentarmi, sarò morto”.
«Questo viene da mio nonno. “State attenti alle piante! Non sporcate il muro con la palla!”. Una volta sbottai con mio padre: “Ma quanto si lamenta!”. Lui mi fece notare: “Pensa al giorno in cui smetterà di farlo”. Ma è tipico di noi italiani».
La battuta più carina su Pellé-Pelè?
«Questa è l’ultima. Sono a Dubai con un amico e prenoto un lettino su una spiaggia privata. Arrivo e avvertono il cameriere che ci sono. Questo, poverino, ha preparato tutto in modo fantastico, sicuro di incontrare Pelè. Mi guarda e chiede preoccupato: “Ma dov’è?”. Il mio amico mi indica, ma lui continua a chiedere: “Dov’è Pelè?”. Mi sono dovuto scusare».