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 2015  giugno 17 Mercoledì calendario

Per Michael Fuchs, vicepresidente della Cdu al Bundestag, la Grecia «è già fuori dall’euro». Non solo perché «rifiuta il negoziato», ma semplicemente per una questione di tempi

Per Michael Fuchs, vicepresidente della Cdu al Bundestag, la Grecia «è già fuori dall’euro». Non solo perché «rifiuta il negoziato», ma semplicemente per una questione di tempi. E in ogni caso, perché il parlamentare di lungo corso e grande appassionato dell’Italia voti l’eventuale nuova intesa, dovrebbe rispettare almeno le condizioni di fondo di quella vecchia - «ed è improbabile». Infine, il politico cristianodemocratico spiega in quest’intervista perché la Germania non può votare intese sulla Grecia senza il Fmi. Fuchs, che previsioni fa? Le trattative sembrano a un punto morto. «Vogliamo che i greci restino nell’euro ma vogliamo anche che ci restino con successo. Ma ciò che vogliamo soprattutto, in questo momento, è che il Fmi resti al tavolo. Altrimenti la Germania non può più dare soldi alla Grecia». Perché? «Perché il Bundestag si è dato nel 2010 la regola che può approvare soltanto piani di emergenza se il Fmi vi partecipa. E il Fmi, dal canto suo, ha scritto nelle proprie regole che deve guardare alla sostenibilità del debito. L’obiettivo è che quello greco torni sotto il 120% entro il 2022, ora siamo oltre il 175%. È un obiettivo arduo. Inoltre dovrebbero risparmiare altri 2,5 miliardi, invece continuano ad assumere nel pubblico, come di recente i 2.500 riassorbiti della radiotelevisione pubblica Ert». Se accettassero l’obiettivo di un avanzo primario dell’1%, lei voterebbe il pacchetto? «Resta il problema dell’Iva, delle pensioni. Il nodo è: come realizzano gli impegni? I soli annunci non bastano! Per me va bene se trovano altrove i soldi, ma il problema è che rifiutano qualsiasi negoziato». Sembra che abbiano proposto tagli alle spese militari e altri risparmi. «Per me la bussola è la sostenibilità del debito, come per il Fmi». Allora accetterebbe una ristrutturazione del debito? «No. I debiti devono essere rimborsati. Ma potrebbero ricavare facilmente dei soldi. Le faccio un esempio: le privatizzazioni. Fraport voleva comprare 14 piccoli aeroporti greci. A due condizioni: diventare i legittimi proprietari e, in mancanza di un catasto, vedere approvata una legge per ottenere una garanzia sui terreni. Il governo Samaras aveva già detto di sì. Introiti previsti: 1,2 miliardi di euro. Questo governo non vuole». Ma insomma cosa voterebbe e cosa no, se ci fosse un accordo dell’ultimo minuto? «Dubito che riusciremo a votare qualcosa. Io credo che la Grecia sia già fuori. Se anche dovessero raggiungere un’intesa venerdì all’Eurogruppo, dovrebbe essere approvato dal Bundestag. Bisognerebbe mandare il nuovo piano a tutti i parlamentari e il pacchetto passerebbe il vaglio della riunione del partito, poi del voto in Commissione, infine in Aula. Ci vorrebbero tre o quattro giorni. E solo dopo il via libera del Bundestag, alla fine della prossima settimana, i 7,2 miliardi potrebbero essere sbloccati. E quello tedesco è solo uno di otto parlamenti che dovrà votarlo». La Grecia non è un Paese semplice. I neonazisti sono in parlamento e il Paese è uscito appena 40 anni fa da una dittatura militare. Non ci pensate mai? «Sì, ma infatti non tagliano sulle spese militari, hanno bisogno dell’appoggio dei militari. D’altra parte, possiamo consentire che per questo gli venga concesso tutto? Come vuole che i governi dei Paesi baltici spieghino alle loro popolazioni che le loro pensioni e i loro salari minimi e i loro stili di vita sono più bassi di quelli greci, ma che devono finanziare quelli greci? Nell’eurozona ci sono otto Paesi con salari minimi più bassi della Grecia». Voterà l’eventuale accordo? «Se rispetterà le condizioni del vecchio accordo, lo sottoscriverò. Ma lo ritengo molto improbabile».